Coronavirus, Lorenzo: “Dopo 20 giorni di ospedale sto meglio. Ho pensato però di morire”

Dipendente comunale e da 42 anni nell’ambiente sportivo, Lorenzo Russo è molto conosciuto ad Aosta. 
La notizia del suo ricovero in ospedale si è presto diffusa. “Purtroppo è girata anche la voce della mia morte e cremazione, qualcuno ha chiamato mia moglie per farle le condoglianze”.
Lorenzo Russo
Società

Dopo venti giorni di ricovero in ospedale, Lorenzo Russo 55 anni di Aosta da alcuni giorni è tornato alla vita. “Ho pensato davvero di morire” racconta.
Dipendente comunale e da 42 anni nell’ambiente sportivo, Lorenzo è molto conosciuto ad Aosta. 
La notizia del suo ricovero in ospedale si è presto diffusa. “Purtroppo è girata anche la voce della mia morte e cremazione, qualcuno ha chiamato mia moglie per farle le condoglianze”. Lorenzo invece il virus è riuscito a sconfiggerlo, anche se ancora manca l’ufficialità della sua guarigione. “Forse ce l’ho fatta perché sono stato sempre uno sportivo. Avevo un certo fisico”.

Tutto inizia intorno alla metà di marzo quando alcuni settori del Comune di Aosta vengono chiusi e altri riorganizzati. Al dipartimento di Lorenzo viene trasferito un altro dipendente. “Abbiamo lavorato insieme tre giorni” ricorda Russo. “Poi il lunedì mi è arrivata una chiamata dal mio dirigente che mi informava che questo collega era stato ricoverato in rianimazione, annunciandomi la quarantena a cui da lì a breve sarei stato sottoposto da ordinanza del sindaco”.

Mercoledì iniziano a comparire a Lorenzo i primi sintomi della malattia. “Tosse, febbre fino a 38.5 e respiro corto”. L’uomo insiste affinché gli venga fatto il tampone, a cui verrà poi sottoposto sabato 21 marzo. Nessun dubbio sull’esito: “positivo al 100%”. Il calvario però è solo all’inizio.

“Ho iniziato a notare del sangue nel catarro e così ho chiamato il 112. Subito mi hanno consigliato di farmi dei suffumigi”. La tosse persiste, così come il sangue nel catarro e le difficoltà respiratorie. “Ho chiamato nuovamente il 112 e finalmente sono riuscito a parlare con un medico che si è preso carico della mia situazione: un quarto d’ora dopo ero in ambulanza diretto in ospedale”.
Al “Parini” Lorenzo viene subito attaccato alla maschera d’ossigeno e sottoposto alla terapia antinfiammatoria. “Mi viene somministrato un farmaco usato per la malaria e uno per l’Aids per cinque giorni e al quinto giorno stavo già meglio. La terapia mi viene quindi interrotta e dopo nove giorni scompare la febbre”. I medici a questo punto decidono per la dimissione dell’aostano. “Il giorno in cui mi hanno annunciato che avrei potuto essere dimesso, ho provato ad alzarmi ma non ci sono riuscito. Non camminano più. Mi sembrava di aver la schiena paralizzata e provavo un dolore lancinante”.
Per altri cinque giorni Lorenzo viene sottoposto ad un ciclo di antifiammatori. “Soffrivo come un cane. Per fortuna un medico si è intestardito e mi ha fatto sei flebo di antibiotico, azzeccando la cura. Dopo 4/5 giorni ho iniziato a star meglio e ho iniziato la fisioterapia per ricominciare a muovermi”.

La dimissione è arrivata dopo 20 giorni di ricovero. “In totale ho perso dieci kg. Sono uscito molto debilitato anche perché i primi giorni avevo fino a dieci scariche di dissenteria al giorno, oltre a sputare sangue e catarro senza sosta”.
Il contatto con la famiglia nel lungo ricovero non è mai mancata. “Avevo con me il cellulare e ci chiamavamo. Soltanto nei primi sette giorni, quando non riuscivo da solo a respirare, sono stati i sanitari a informare mia moglie e mio figlio delle mie condizioni. Ho avuto comunque tanta paura, soprattutto per mia moglie che un anno fa è stata operata per un tumore, per fortuna lei è stata bene, solo mio figlio ha avuto per due giorni un po’ di febbre”.

Il pensiero di Lorenzo ora va per quei medici, infermieri e Oss che si sono prodigati per farlo star bene. “Non posso che ringraziarli per la grande umanità dimostrata. Sono davvero ben organizzati e presenti. Entravano nella mia camera anche dieci volte al giorno, a loro rischio e pericolo. Ti facevano sentire a tuo agio e facevano di tutto per farti sentire meglio, facendo enormi salti mortali. Tollerando i lamenti di alcuni. Il medico era sempre presente in reparto e veniva a visitarmi anche alle 2 del mattino.”.

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