Formazione, studio, scambio di dati fondamentali per capire come gestire, e come è stata gestita la pandemia in Valle, ma anche una goccia – forse inaspettata – di speranza per chi è ancora nel periodo peggiore dell’emergenza Coronavirus, con i contagi in salita vertiginosa, un picco che sembra ancora lontano e un sistema sanitario che rischia il collasso.
Francine Massariol di professione fa l’infermiera, nella Rianimazione del “Parini” di Aosta, ed è nata in Brasile, uno dei paesi che in questo momento storico è più colpito dal Covid-19 con – notizie del momento – un numero di vittime salite del 120% in due settimane.
Da Aosta Francine è tornata virtualmente nella sua terra natale, ospite in videoconferenza della 18ª “Semana acadêmica de enfermagem”, la settimana dedicata all’assistenza infermieristica dell’Unesc, l’“Universidade do Extremo Sul Catarinense” di Santa Catarina.
Un “minicorso” per parlare agli studenti, e infermieri di domani, di come l’emergenza sia stata gestita in Italia e, segnatamente, in Valle d’Aosta: “Mi hanno chiesto di parlare un po’ della nostra esperienza – spiega Francine –, di come ci siamo comportati. Gli studenti, le persone collegate erano 144, erano molto interessati a sapere come abbiamo gestito la pandemia, che protocolli abbiamo usato, cosa pensiamo di aver fatto correttamente e cosa avremmo fatto diversamente”.
Un appuntamento da un sapore doppiamente speciale: “È piaciuto tanto anche il fatto che la ‘Settimana dell’infermiere’ del 12 maggio fosse anche la giornata in cui noi, in Rianimazione avevamo chiuso con l’ultimo paziente Covid ricoverato”.
“Venerdì 15 maggio ho tenuto questa conferenza – prosegue Francine –, e mi veniva già da parlare un po’ al passato. Uno studente ha detto che questo fatto gli dava un po’ di tranquillità, dal momento che adesso in Brasile sono in pieno picco, in continua salita dell’emergenza, e non vedono nessuna via di uscita”.
Ed è proprio da questo che Francine parte, affaticata come i colleghi dalla pressione della gestione dell’emergenza in ospedale, e decisa a non parlare della vita da infermiera durante il Covid. Ma soprattutto con la necessità, anche fuori dalla corsia, di essere d’aiuto, concretamente: “Mi aveva già contattata il responsabile dell’emergenza dalla città in cui sono nata, Palmeira das Missões, e avevo già dato loro dei suggerimenti. È stato un bello scambio carino perché mi hanno proprio cercata, hanno saputo che abitavo in Italia. Sono stata contentissima, perché mi è sembrato un modo di aiutare, un piccolissimo gesto, per prepararsi a questa cosa”.
In realtà il “piccolissimo gesto” è fondamentale, come il lavoro che fa Francine e le sue colleghe e colleghi: “Anche per gli studenti devono capire quanto importante sia la nostra formazione, perché a volte nella nostra professione siamo visti un po’ come dei ‘distributori di pastiglie’. Invece la svolgiamo con scienza, conoscenza e formazione. È stato bello dimostrare loro l’importanza di essere preparati, di riuscire a lavorare in una situazione difficile, di imparare ad adattarsi a lavorare in condizioni estreme. Facciamo un lavoro molto tecnico, che dietro deve avere tutta una serie di conoscenze”.
Scienza, preparazione e lavoro. Infatti, come tutti i sanitari Francine storce un po’ il naso quando si parla di loro come di “eroi” o “angeli”. E non ne fa mistero: “Eroi no di certo. Come sempre noi siamo prima di tutto professionisti. Io ho studiato cinque anni in Brasile per laurearmi, e sono dieci anni della mia vita che continuo a studiare. Anche sulla ‘vocazione’, nessuno è un ‘missionario’, questo è il nostro lavoro. Spesso non abbiamo orari, non abbiamo weekend festivi, siamo reperibili, non riusciamo sempre a conciliare il lavoro con le nostre vite. Lo facciamo perché fa parte di ciò che abbiamo scelto”.
Non solo: “Tutto questo lo facevamo anche prima – dice con un sorriso –, anche se certo spero di aver vissuto la prima e ultima pandemia della mia vita lavorativa”.