Educare all’affettività i bambini: la scelta pionieristica del Convitto regionale

Dal 2012 il Convitto regionale ha formato quasi 400 alunni di quinta elementare. "Le domande e le conoscenze, anche errate, dei ragazzi sono cambiate con l'avvento dello smartphone" racconta la psicologa Nadia Parrello
La posta del cuore
Società

Nel 2012 di educazione sessuale e all’affettività dei bambini e dei ragazzi praticamente non si parlava. Eppure è quello l’anno in cui il Convitto regionale Federico Chabod di Aosta, da vero pioniere – il rettore era Nello Notari – ha deciso di approfondire questi temi con un breve corso rivolto agli alunni di quinta elementare.

Cinque incontri in tutto, condotti, allora come oggi, dalla psicologa Nadia Parrello. “Abbiamo affrontato i temi che interessano quell’età, un periodo di grande trasformazione del corpo che va incontro, per maschi e femmine, alla pubertà”.

Il riscontro da parte dei giovani partecipanti e delle famiglie è buono e la proposta formativa viene confermata ogni anno “Sono poche le famiglie che hanno deciso di tenere i figli a casa e comunque l’adesione è trasversale a credo religioso e provenienza”. In 13 edizioni il Convitto regionale ha formato 400 bambini circa.

Gli argomenti affrontati sono diversi: dall’anatomia del corpo e degli organi sessuali e riproduttivi, al loro funzionamento, dallo sviluppo alla riproduzione. L’ultimo incontro è dedicato alle emozioni per imparare a riconoscerle prima e a rispettare l’altro poi. “Un incontro su questo non basterebbe, mi rendo conto. Nel poco tempo che ho a disposizione li aiuto a comprendere dove sono focalizzate le emozioni all’interno del corpo e come le vivono”.

Nel passaggio successivo la psicologa Parrello introduce il tema dell’empatia, del mettersi nei panni degli altri per capire come essere d’aiuto e come rispettare i compagni. “Insisto molto ultimamente sul concetto di intimità, delle parti intime del corpo, del perché le teniamo nascoste e di come sia legittimo e importante dire di no” spiega. Come dire che il tema della violenza ha radici profonde e si contrasta già con azioni nel quotidiano. “Non obbligare i bambini a dare un bacio o un abbraccio credo sia alla base del rispetto e dell’autodeterminazione”.   

I contenuti della proposta formativa del Convitto non sono cambiati nel tempo. A cambiare, dal 2012 ad oggi, sono stati, in parte, i ragazzi. “Previsto generalmente alla fine della quinta, in alcuni anni il corso è stato anticipato perché in tanti portavano già domande e argomenti inerenti la sfera della sessualità”.

Una grande differenza si è registrata con il diffondersi dello smartphone. “Già in quarta elementare usano il cellulare e iniziano a porsi delle domande legittime: recuperando in rete delle informazioni online sulla sessualità, spesso non adatte alle loro età e atterrando anche sulla pornografia” sottolinea la Parrello. La violenza sessuale e i casi di femminicidio, sempre più al centro di telegiornali e delle trasmissioni di attualità, sono, negli ultimi anni, al centro degli interrogativi che i ragazzi pongono più spesso agli educatori o depositano nella cassetta della posta del cuore istituita nel corso.

La proposta formativa del Convitto sarà ora estesa ai ragazzi delle medie. “Abbiamo deciso di proporre un corso pensato per i ragazzi della seconda media: la necessità che emerge in modo chiara è il bisogno di questi ragazzi di imparare a capire le loro emozioni in primis e poi a relazionarsi con gli altri” spiega Anna Paoletti, attuale rettrice del Convitto. “Una certa difficoltà nei rapporti per questa fascia di età c’è sempre stata: in passato, però, ragazzi avevano più opportunità di strutturarsi a livello di gruppo, a gestire le loro emozioni tra pari. Adesso è più complicato, le ripercussioni più importanti le vediamo alla fine della scuola media e all’inizio delle superiori dove registriamo una certa fragilità, anche sul fronte dell’accettazione dell’insuccesso come parte di un percorso di crescita e nella capacità di affrontare le difficoltà”.

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