I canonici del Gran San Bernardo nel 2012 daranno l’addio a “Chateau Verdun”

Unica struttura in Italia gestita dalla confraternita, la casa di accoglienza di Chateau Verdun sarà dismessa nel 2012 per la drastica riduzione nel tempo dei confratelli, oggi se ne contano 45. Nel mondo rimarranno sette strutture tra Svizzera e Taiwan.
Chateau Verdun a Saint Oyen, punto di partenza della manifestazione del 18 aprile
Società

Dal 2012 a gestire l’accoglienza nella casa di “Chateau Verdun” nel comune di Saint-Oyen non saranno più i canonici del Gran San Bernardo che, per crisi di vocazioni e fragilità del propri confratelli più anziani, si trovano ad essere sempre meno e a non poter dare risposta ai diversi compiti, in questo caso di tipo gestionale. “Chateau Verdun” è una delle nove sedi sparse tra Italia, Svizzera (dove si trova il maggior numero di sedi) e Taiwan dove i canonici operano.

A dare notizia della dismissione di “Chateau Verdun”, per la quale si sta cercando una nuova gestione, è stato Jean-Marie Lovey, capo dell’istituzione religiosa con sede a Martigny. Alla base della scelta che porterà alla dismissione di due strutture sulle nove sparse nel mondo, è dunque la drastica diminuzione dei confratelli, dimezzati in questi ultimi quarant’anni. Oggi se ne contano in tutto 45, ma ai più anziani in questi anni non è stato dato il “cambio generazionale”, problema che da diverso tempo tocca la Chiesa in generale.

La congregazione nata nel 1050 da San Bernardo di Mentone e da sempre dedita, soprattutto fino ai primi decenni del XX secolo, a compiti legati all’accoglienza, alla guida e al soccorso dei viaggiatori che valicavano il colle, deve fare dunque i conti con poche forze ancora in essere, e certo la decisione di non gestire più la casa di accoglienza di Saint-Oyen non deve essere stato facile. La scelta di abbandonare l’Italia, dove quella di ”Chateau Verdun” è l’unica struttura (quella dell’Ospizio fa infatti capo al territorio svizzero) non deve essere stata semplice e comunque non è nemmeno legata alla vicenda che ha riempito le pagine di cronaca nel 2006, quando la struttura diede asilo a Vika, la bimba bielorussa affidata alla famiglia Giusto. La coppia genovese, non volendo rimpatriare la piccola, la tenne nascosta in questa struttura per circa un mese. Per questa vicenda Francis Darbellay, responsabile del convento, è stato condannato in appello per sottrazione di minore assieme alla famiglia affidataria.
‘Viste le circostanze concrete nelle quali la congregazione si trova – ha spiegato il canonico Lovey – con una riduzione dei suoi membri, un invecchiamento della comunità e la fragilità di alcuni confratelli si è deciso che in due dei nove luoghi in cui siamo presenti non potremo più mantenere una nostra comunità. L’Italia, la Valle d’Aosta, è purtroppo uno di questi’ e sulla vicenda della bimba bielorussa aggiunge, nel rispondere all’Ansa “La decisione di lasciare Chateau Verdun  non ha nulla a che vedere con quei fatti, anzi l’aver accolto la bambina è considerato dalla nostra comunità come un bell’esempio della nostra secolare vocazione evangelica all’accoglienza che è rivolta a tutti, senza distinzioni”.

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