I quasi 20.000 nuovi contagi registrati oggi in Italia e l’aumento sempre più drammatico del numero di ricoveri non hanno impedito all’ondata di malcontento che sta attraversando l’intero Paese di far sentire la propria voce anche nella nostra regione. Nel giro di qualche giorno, il Comitato Liberazione Valle d’Aosta ha infatti organizzato una “Marcia per la liberazione delle zone rosse e per la rivendicazione dei diritti costituzionali” che, partendo alle 14 dal parcheggio della cabinovia di Pila, ha fatto approdare i manifestanti in piazza Deffeyes alle 15. Qui, la manifestazione è proseguita in modo pacifico coinvolgendo un discreto numero di persone, non sempre nel rispetto della distanza di sicurezza e dell’utilizzo di mascherine.
Ha preso subito la parola il presidente del Comitato Luca Vesan, pittore e falegname di Verrayes, uno dei comuni decretati “zona rossa” dall’ordinanza del Presidente della Regione Renzo Testolin. Molte le critiche nei confronti del provvedimento: “La paura che ci sta circondando a tutti i livelli e a tutte le età, partendo dai bambini, non è più accettabile, come è inaccettabile quello che è successo a Verrayes, Chambave e Saint-Denis. Non è stata data nessuna giustificazione né è stato chiarito il numero di positivi o pseudo-positivi, ma sono stati accusati i coscritti, festa che tutti i presenti credo abbiano fatto”.
Un movimento di ideologia non ben definita quello dei manifestanti valdostani, come afferma Vesan: “Siamo un comitato di persone semplici, portate qui oggi dal coraggio dell’amore per la libertà. Non vogliamo essere etichetti come ‘negazionisti’ o ‘complottisti’, ma piuttosto ‘ceraunavoltisti’: noi crediamo nella vita prima del Covid, quando andavamo in discoteca e uscivamo fradici di sudore, quando non esitavamo ad abbracciare un amico che non vedevamo da tempo”. Vesan conclude con un appello a tutti i cittadini, “soprattutto a quelli che sono contro di noi e ci considerano dei pazzi. Duemila anni fa Gesù disse ‘conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi’: ecco, ora è il momento che la verità emerga”.
Le accuse contro la gestione del virus proseguono con toni più polemici quando prende la parola l’avvocato Nino Filippo Moriggia, uno dei fondatori e presidente del ComiCost, il Comitato per le Libertà Costituzionali. L’avvocato suscita subito il plauso dei manifestanti ponendo un interrogativo d’effetto: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, ma qualcuno ha visto il lavoro?”. Sarebbe dunque colpa del governo, a detta di Moriggia, se l’economia italiana oggi è in ginocchio: “I decreti ministeriali sono un tentativo di indurre gli Italiani a usare i loro risparmi, perché gli Italiani sono i più grandi risparmiatori del mondo. Per poter metterci in ginocchio devono riuscire a farci fumare questo risparmio e, nella misura in cui cadremo in questa trappola, faremo il loro gioco. Noi, però, non possiamo dare soldi a un criminale che ci distrugge: ecco perché noi del Comitato stiamo cercando un modo per adempiere alle leggi senza però pagare le tasse, perché dobbiamo impedire che i nostri soldi vadano nelle tasche di questi criminali”.
I toni si accendono di più quando arriva il momento di scagliarsi contro i dispositivi di sicurezza e le precauzioni prese dal governo: “Chi si sottopone a queste pseudo-leggi è vittima di un processo scientifico che si chiama manipolazione mentale. È una grandissima cavolata che la mascherina protegge le nostre vie respiratorie e i termoscanner sono tutti illegali, perché violano la nostra privacy e dovrebbero essere utilizzati solo da un medico”. L’invito è dunque quello di “far studiare la Costituzione perché la conoscenza è libertà e gli Italiani si stanno facendo fregare perché sono ignoranti. Ci sono studi che dicono che il tampone non ha funzione diagnostica: positività non significa malattia, noi tutti siamo positivi e il virus entra a far parte del nostro sistema immunitario, perciò dobbiamo smetterla di farci prendere per il culo da sta gente”.
Tra gli applausi dei partecipanti e i cori “Libertà!” e “Vergogna!” che si alternano, Moriggia conclude elencando gli obiettivi della campagna, primo fra tutti il ricorso al Tar per l’ordinanza di Testolin: “In ogni punto d’Italia c’è un risveglio della coscienza civica, basti pensare a ciò che è successo ieri a Napoli. Noi, però, riusciamo a mantenere una certa dignità e abbiamo la fortuna di avere una quantità di persone che vogliono mantenere il rispetto dei valori a cui sono stati educati. Il nostro percorso è iniziato con il ricorso al Tar, perché vogliamo attaccare personalmente il signor Testolin: quando un Presidente di Regione uscente, che dovrebbe svolgere solo attività di ordinaria amministrazione, si permette di fare una porcata così è in malafede. Chiunque del governo centrale è nostro nemico ed è anche nostra intenzione aprire una causa di risarcimento per il danno da lockdown”.
L’intervento successivo vede come protagonista il giurista e accademico Ugo Mattei, presidente del Comitato Rodotà, ente che organizza diverse iniziative riguardo ai diritti. Proprio su questa tematica si è concentrato Mattei durante il suo discorso: “Il diritto è fatto prima di tutto da principi, ragionevolezza, dialogo e democrazia, valori che devono essere rispettati in ogni circostanza. Il diritto dovrebbe essere nell’interesse di tutti, ma oggi, grazie alla complicità del ceto dirigente, serve un sistema corrotto”.
Da questa consapevolezza nasce l’idea, da parte del Comitato Rodotà, di istituire un Osservatorio permanente sulla Legalità Costituzionale, come spiega Mattei: “Grazie alle nostre osservazioni, abbiamo capito qual è il peccato originale che sta alla base della situazione attuale: l’equivoco sull’idea di stato di emergenza. In Italia infatti possono essere conferiti poteri straordinari solo in casi di emergenza talmente drammatici da rendere impossibile il funzionamento dell’esecutivo. Conte, però, ha dichiarato lo stato di emergenza quando non era il caso e ha nominato esecutori i Presidenti delle Regioni: di qui i deliri di onnipotenza di De Luca e Testolin, dotati di potere sulla popolazione pari a quello che Facebook esercita su di noi”.
“Senza usare polvere da sparo sono state lanciate bombe di parole”, così Vesan ha riassunto il pomeriggio di oggi, cui segue questa sera l’accensione di fuochi sulla Becca d’Aver, “come simbolo di solidarietà e libertà”.
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Grazie per aver tentato di farvi sentire!
Bah…
Oh mamma ci mancava pure questa armata Brancaleone de inchie….