Il lavoro del laboratorio del “Parini”: una corsa contro il tempo per trovare il virus

"Ieri abbiamo analizzato 60 campioni, ne sono rimasti dieci indietro. Ora stiamo provando un nuovo sistema e forse riusciremo ad arrivare a novanta" racconta il responsabile, il direttore della struttura complessa analisi cliniche Massimo Di Benedetto
Equipe che si occupa analisi tamponi
Società

Un lavoro invisibile, che non arriva agli onori delle cronache, ma senza il quale la macchina dell’emergenza regionale Coronavirus non potrebbe procedere a pieni giri. Stiamo parlando dell’equipe del settore di biologia molecolare del laboratorio del Parini di Aosta, che da domenica scorsa ha reso possibile la ricerca, qui in Valle d’Aosta, del virus sui tamponi dei casi sospetti. Rispetto all’invio all’Amedeo Savoia di Torino, i tempi si sono notevolmente accorciati e in poche ore è possibile ora conoscere se un soggetto è o meno positivo al covid-19, sia per offrirgli, in caso di ricovero, le cure più adeguate, ma anche per ricostruire e spezzare più velocemente la catena del contagio.

Da tre giorni i tamponi arrivano qui a ciclo continuo, anche se sono state programmate due sedute al giorno di analisi, una per i campioni che arrivano entro le 9 del mattino e l’altra per quelli arrivati entro le 16.  Due biologhe, più tre tecnici, due part-time e uno a tempo pieno, a cui si aggiungono un infermiere e un segretario per l’accettazione dei tamponi, lavorano senza sosta.

“Domenica abbiamo terminato a mezzanotte, mentre ieri e credo anche oggi finiremo intorno alle 11” racconta il direttore della struttura complessa analisi cliniche Massimo Di Benedetto. Al momento sono circa 60 i tamponi che quotidianamente il laboratorio riesce a refertare. “Ieri abbiamo analizzato 60 campioni, ne sono rimasti dieci indietro. Ora stiamo provando un nuovo sistema e forse riusciremo ad arrivare a novanta”.  L’acquisto di un secondo estrattore è stato sollecitato. “Per ora utilizziamo l’estrattore consigliato dall’Oms, ma ne escono di nuovi sul mercato e bisogna capire se funzionano e sono a norma”.
Anche in laboratorio, così come in reparto si vive bardati con camici, mascherine e visiere. “I rischi ci sono, ma solo in una piccola fase di preparazione del materiale.”

Prima di poter iniziare il lavoro vero e proprio di analisi dei campioni, il personale ha seguito un breve corso. “Il personale ha un’esperienza notevole, lavorando nella ricerca del virus dell’HIV e sulle epatiti”.

Nonostante una struttura adeguata, il laboratorio valdostano è al momento ancora l’unico a dover inviare i tamponi risultati positivi all’Istituto superiore di sanità a Roma. “Le competenze e le norme strutturali ci sono, anche noi possiamo essere esonerati. Al momento, infatti, l’istituto superiore di sanità richiede un invio a campione dei tamponi e tutti quelli dei deceduti”.
Fino a pochi giorni fa i Nas si occupavano di portare a Milano i tamponi valdostani e da qui partivano poi alla volta di Roma. “Ora con la nuova direttiva dell’Istituto superiore di Sanità in teoria i Nas, che ringrazio per il lavoro che stanno svolgendo, dovrebbero portarli direttamente a Roma”.

Negli ultimi giorni sono in tanti a domandarsi se il test non vada esteso anche agli asintomati, e in diversi, anche fra gli operatori sanitari, chiedono di essere fra i primi a essere “tamponati”.

“Per il tampone ci vuole una carica virale adeguata, la persona asintomatica potrebbe risultare anche negativa” ricorda Di Benedetto. “Per il personale sanitario c’è poi una direttiva che dice che questo deve continuare a prestare la propria attività fino a quando non ha una sintomatologia. Se questa dovesse poi comparire, dovrà essere sottoposto al tampone e in caso di negatività riprendere la propria attività”.

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