Si dice che utilizzare troppo sale in cucina faccia male alla salute, ma anche privarsene del tutto può creare dei gravi scompensi. Nel primo caso, il rischio maggiore è quello dell’ipertensione arteriosa, che da sola è causa del 50% di tutte le malattie cardiovascolari (infarto, ictus, scompenso cardiaco), mentre un basso introito di sale può essere correlato con l’ipercolesterolemia e l’iperattivazione del sistema RAS e adrenergico.
Se n’è parlato questa mattina all’Usl, in un incontro dal quale sono emersi alcuni dati interessanti riguardo alla situazione epidemiologica in Valle d’Aosta. “Il dato percentuale è poco più basso di quello nazionale – ha spiegato la Dott.ssa Anna Maria Covarino, dirigente medico presso la SC Igiene degli Alimenti e della Nutrizione, Dipartimento di Prevenzione – con circa 15 mila valdostani interessati (secondo le rilevazioni derivanti dalle esenzioni del ticket, ndr)”.
Un dato che sembra comunque elevato, ma che secondo il direttore generale dell’USL, Stefania Riccardi, indica come “le campagne di sensibilizzazione portate avanti in Valle negli ultimi anni abbiano dato i frutti sperati”. In Italia, invece, gli ipertesi sono circa 15 milioni, ma solo uno su quattro ha la pressione ben curata.
Ma quando si verifica una condizione d’ipertensione? Quando la pressione massima è al di sopra di 140 mmhg oppure la minima supera i 90 mmhg: può essere prevenuta o comunque attenuata con misure igienico dietetiche che comportano una moderata attività fisica e una dieta mediterranea, in cui l’elemento essenziale è il contenimento della quantità di sale assunto.
E quanto sale andrebbe consumato al giorno? Gli italiani ne assumono tra i 9 e gli 11 grammi, quando alcuni recenti studi hanno dimostrato che andrebbe ridotto fino a 3 grammi. E’ quindi importante conoscere gli alimenti che lo contengono, al fine di ottimizzarne l’assunzione senza eccessi, ma anche senza cadere in restrizioni eccessive. Perché esagerare con le buone intenzioni può essere non soltanto inutile, ma anche dannoso.
“Quando si parla di sale – ha spiegato Giulio Doveri, direttore della SC Medicina Interna dell’ospedale “Parini” – non è possibile non considerare lo iodio, un altro oligoelemento essenziale per la vita e per il buon funzionamento della tiroide”.
Tutte le popolazioni che abitano lontano dal mare hanno una carenza di iodio nell’alimentazione. Si è visto che il modo migliore per aumentare l’assunzione di iodio nella popolazione è quello di aggiungerlo al sale.
“Il sale iodato – ha continuato Doveri – è relativamente semplice da preparare, economico e non differisce come gusto dal sale marino. La carenza di iodio durante lo sviluppo fetale può portare a deficit intellettivi di varia gravità. Anche nell’età adulta si possono determinare patologie quali il gozzo e l’ipotiroidismo, con disfunzioni cardiache, renali, ematologiche e neurologiche”.
In questo caso, i dati regionali indicano comunque che si tratta di un fenomeno poco diffuso. “Dai flussi informativi relativi all’ipotiroidismo congenito o acquisito – ha concluso Doveri – risultano 1126 casi in Valle d’Aosta, di cui 969 di sesso femminile e 7 sotto i 15 anni di età”.