“Laici in ginocchio” tra preti e concordati: Viano ad Aosta

Il filosofo in Valle per discutere di laicità e democrazia rileggendo la storia passata e il presente:"Con la breccia di Porta Pia, sono entrati dentro pochi sparuti bersaglieri, e sono uscite fuori frotte di preti, che hanno invaso l’Italia unita".
Carlo Augusto Viano
Società

I laici sono in ginocchio. Molti di loro, almeno. Parola di Viano, filosofo insigne, professore emerito a Torino. Ieri sera Viano è tornato nella città natia Aosta, ospite di un dibattito organizzato dalla Consulta per la laicità delle istituzioni della Valle d’Aosta e dalla presidenza del Consiglio regionale. Come Tullio Monti, ha fatto risalire parte dell’anomalia italiana – la carenza di cultura laica nella classe politica e intellettuale – alla breccia di Porta Pia. La fine del potere temporale dei papi avrebbe spalancato le porte a una reconquista dell’Italia intera, teatro di un esperimento innovativo: diventare il primo campo di applicazione del potere della Chiesa cattolica romana. “Si è fatta la breccia, sono entrati dentro pochi sparuti bersaglieri, e sono uscite fuori frotte di preti, che hanno invaso l’Italia unita” ha sintetizzato con una boutade il filosofo. Concorda Tullio Monti, coordinatore nazionale delle Consulte per la laicità delle istituzioni. “Mentre negli altri paesi dell’Europa occidentale il concetto di laicità è maturato attraverso un lento processo storico – ha ricordato – da noi è stata provocata da un colpo di mano. Siamo stati veramente laici fino al 1929, al concordato tra il Fascismo e la Chiesa cattolica. Il patti lateranensi sono stati poi inseriti nella Costituzione della Repubblica come un corpo estraneo”.

Cosa stabilisce il concordato, lo ha spiegato Viano. “Tutte le fedi religiose, tranne quella cattolica, sono libere di esistere purché rispettino le leggi dello Stato italiano. La religione cattolica romana non è tenuta a questo rispetto, perché in base al concordato Chiesa e Stato sono sovrani: libera Chiesa in libero Stato. Siamo di fronte a una doppia sovranità. Solo che normalmente chi detiene la sovranità si sottopone al giudizio di chi è sottoposto. La Chiesa cattolica non lo ha mai fatto”.

Viano ha affrontato di petto il cuore del problema. “La fede, a quanto si dice, è testimonianza, non imposizione” ha affermato. “Le religioni hanno anche carattere pubblico, e sono assolutamente favorevole a chi predica nelle piazze, tra la gente. Ma chi agisce in nome del bene comune, un giudice ad esempio, non può fare delle scelte basandosi su credenze religiose. Pensiamo a un medico che crede nella resurrezione e si basa su questa fede per operare”. Infine, una spallata a chi accusa i laici, sia i credenti che i non credenti, di relativismo morale. “L’etica non è monopolio di chi possiede la fede. E poi la morale assoluta non funziona. Gli stessi atti compiuti in circostanze diverse sono lodevoli o condannabili. Le circostanze sono spesso determinanti. Un venditore di aspirapolvere che racconta una barzelletta o un diplomatico che fa altrettanto non sono visti nello stesso modo. Non è neppure auspicabile una società con una morale unica, sul modello della caserma o della casta sacerdotale. La diversità e la pluralità sono risorse preziose per la collettività.
 

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