E’ una delle avventure più incredibili ed emozionanti della vita, ma come tutte le avventure il suo inizio è contraddistinto dalla paura. Timori che in questi giorni di coronavirus sono per i neo genitori amplificati dal trovarsi soli, separati per esigenze di contenimento della pandemia: la mamma e il bambino ricoverati in ospedale, il papà a casa.
Francesca e Michele un domani, nel raccontare a Nina come è venuta alla luce, non potranno scordare i tanti pianti, di felicità ma non solo, fatti dopo il parto.
Di come Michele è stato informato dalla mamma di Francesca, a sua volta avvisata dal padre che la bimba era nata. “Il numero di cellulare di mio papà era l’unico che mi ricordavo a memoria”.
Della prima volta che papà Michele ha potuto abbracciare la piccola sei ore dopo il parto. “Potevo stare con loro solo un’ora. Ho sprecato 20 minuti a fotografarla perché sapevo che avrei poi utilizzato quegli scatti, come ho fatto, per piangere da solo a casa”. Del primo bagnetto di Nina, lontano dai genitori e ripreso da un’ostetrica. Della solitudine provata da Francesca nei tre giorni di ricovero in ospedale. “Tutto il personale è stato fantastico, ma quei tre giorni sono stati davvero duri”.
Nina è nata alle 9 del 30 marzo scorso con un parto cesareo. “Alla fine il fatto che la piccola fosse podalica è stato positivo, perché solo l’’idea di dover partorire da sola, magari con un travaglio di dieci ore, mi metteva agitazione”.
Nei giorni precedenti al parto il reparto di maternità dell’Ospedale Beauregard ha adottato tutta una serie di misure di contenimento della pandemia. “Inizialmente il papà poteva assistere al parto e poteva anche restare in reparto, poi il primo è stato vietato mentre le visite sono state contingentate ad una sola ora al giorno da concordare con le ostetriche”. Misure che Francesca e Michele ritengono giuste e necessarie. “Anzi sono tranquillizzanti per chi deve partorire”.

Ma per quanto giuste, sembrano a chi le vive in quel momento, soprattutto se nei nove mesi di attesa ha potuto ascoltare i racconti di amiche e conoscenti, ingiuste.
“Le ostetriche e le infermiere sono state gentilissime, ma non avevo voglia di disturbarle ogni cinque minuti per chiederle di prendermi questo o di aiutarmi con quell’altro. Con un’operazione da poco fatta è stato un po’ complicato occuparmi in quei giorni della bambina. Non riuscivo a muovermi, avrei avuto bisogno di qualcuno. Aspettavo con ansia quell’ora di visita concessa a Michele”. Nina che di attaccarsi bene al seno non ne voleva sapere. “Per questo il terzo giorno mi è stato proposto di rimanere in ospedale ancora un altro giorno, ma ho rifiutato, non ce la facevo più”. La stanchezza e le tante lacrime trattenute hanno fatto crollare Francesca una volta rientrata a casa. “Ero felice ma non riuscivo a smettere di piangere, pensando a quei tre giorni in cui ho cercato di tenere tutto sotto controllo. Ancora oggi piango”.
Lacrime che Francesca avrebbe voluto condividere, oltre che con Michele, anche con i suoi genitori. “Per tutti i nonni è la prima nipote. Scalpitano per vederla dal vivo, ma per ora abbiamo fatto solo delle grandi videochiamate. Speriamo che tutto finisca presto, come forse è normale siamo un po’ sclerati e una mano esterna ci farebbe comodo”.