Tutti aspettano la Svizzera, ma la Svizzera fa la preziosa. Se, in una fase di lento ritorno alla normalità, l’Italia ha riaperto le proprie frontiere, lo stesso non si può dire di altri Stati come, appunto, la confederazione elvetica. All’estero il nostro Paese è ancora visto come un focolaio Covid, e per tale ragione gli svizzeri riapriranno dal 15 giugno i confini alle nazioni limitrofe. I cittadini svizzeri, tuttavia, possono venire da noi ma “il turismo degli acquisti tra i due Paesi resta vietato”. Inoltre, “se necessario, il Dipartimento federale dell’interno (DFI) può, d’intesa con il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) e il Dipartimento federale delle finanze (DFF), ordinare misure sanitarie al confine per determinate categorie di persone provenienti da un Paese a rischio secondo l’ordinanza 2 COVID‑19”. Così scrive il Consiglio federale del Governo svizzero in un comunicato stampa.
Una situazione fortemente penalizzante per il turismo italiano e valdostano e, in particolare, per quelle comunità confinanti come la vallata del Gran San Bernardo. Qui tutti aspettano di capire come si muoverà il paese d’oltralpe: “Abbiamo tutti voglia di riaprire, ma c’è ancora troppa incertezza. Sembra che il governo svizzero faccia di tutto perché i loro cittadini non vengano in Italia”, dice con amarezza Gioia Brunod, delegata Adava del comprensorio Gran San Bernardo. “Quella è una botta, speriamo che le voci che dicono che si riapra il 15 giugno anche per l’Italia siano vere”.
Intanto, il mercato italiano cerca a stento di ripartire. Qualche prenotazione per luglio e agosto si inizia a vedere, ma è ancora troppo poco, soprattutto a fronte delle tante cancellazioni che stanno arrivando: “Il turismo della Via Francigena è praticamente azzerato. Si basa molto su australiani, statunitensi, nordeuropei, che non possono ancora muoversi dalle proprie nazioni. Anche il turismo britannico è un disastro. Dicono che le vacanze in montagna andranno molto tra gli italiani, speriamo bene. Ora è ancora presto per capire, questo weekend, che sarebbe il primo dopo la riapertura delle regioni, le previsioni danno brutto tempo, quindi dal prossimo capiremo qualcosa in più”.
Brunod, che gestisce anche l’Albergo Italia proprio al Colle del Gran San Bernardo, spiega di aver aperto il bar il 2 giugno ma con pochissimo movimento: “Se non puoi andare in Svizzera neanche a guardare i cani, arrivi qui, giri la macchina e torni indietro”.
Sull’effettiva riapertura di alberghi e ristoranti, oltre al turismo svizzero pesano le misure da prendere: “Un primo problema è quello delle distanze, perché le nostre strutture non sono particolarmente ampie. Ci sono anche nuove procedure da imparare, dispositivi da indossare che rallentano e cambiano il nostro modo di lavorare. Per carità, non è un problema, se uno avesse la certezza di lavorare, anche perché bisogna fare un investimento economico non indifferente”.
Il rischio è anche quello di vedere snaturare il lavoro ed i locali, perché “dobbiamo anche togliere soprammobili e suppellettili, impoverendo i nostri ambienti. E non so ancora capire se i clienti avranno voglia di andare in vacanza o a cena fuori con le mascherine, con la sensazione estraniante che ne deriva, o se preferiranno stare a casa. Ma l’uomo è un animale adattabile”.
Nella vallata del Gran San Bernardo per ora quasi tutti sembrano intenzionati ad aprire, ad eccezione di due strutture della Valpelline (di cui una è l’Alpe Rebelle) che però, a detta, di Brunod, “forse ci stanno ripensando”.
“Speriamo di risentirci tra un mese e che tutto vada meglio”, conclude Gioia Brunod. “Bisogna crederci, non possiamo certo fermarci”.