C’è un “fotografia” della dispersione scolastica che non sempre viene conteggiata nelle statistiche ufficiali e che fa parte di un sommerso che, anche se non viene a galla facilmente, preoccupa quanto l’abbandono degli studi tout court.
È la “dispersione scolastica implicita”, finita al centro dell’editoriale odierno del responsabile nazionale delle prove Invalsi Roberto Ricci, e che racconta di quegli studenti che conseguono sì un titolo di scuola secondaria di secondo grado, ma senza aver raggiunto i traguardi minimi di competenze previsti per il loro percorso di studio.
Diplomati, quindi, che però, si legge nell’editoriale “affrontano la vita adulta con competenze di base totalmente insufficienti per agire autonomamente e consapevolmente nella società in cui vivranno”, con “grosse difficoltà ad elaborare le informazioni a loro disposizione per prendere delle decisioni basate su dati di realtà e coerenti con i loro progetti di vita”.
“È importante prendere in considerazione la dispersione scolastica implicita – scrive ancora Ricci – poiché essa si va ad aggiungere a quella esplicita, rendendo quindi il problema ancora più urgente e socialmente rilevante”.
Infatti, stando al responsabile Invalsi, al 14,5% della dispersione scolastica esplicita, calcolato al 2018 e ridottasi nel tempo, si somma quella implicita che porta la dispersione complessiva a superare il 20% a livello nazionale.
Ed il problema valdostano sta proprio nell’addizione, perché se i dati “impliciti” della dispersione sono tutto sommato piuttosto bassi – sia in relazione alle altre regioni del Nord Ovest, sia in confronto ai dati nazionali, tolto quasi tutto il Nord Est – il fatto di avere una tra le più alte percentuali di dispersione esplicita, che supera il 15%, dà il metro del problema.
La Valle si piazza infatti al sesto posto in Italia per abbandono scolastico, cifra che con il dato implicito fa avvicinare il tasso di dispersione non molto al di sotto del 20%.
Una dispersione che arriva da lontano
Ricci, nella sua disamina, intitola anche un capitoletto: “La dispersione scolastica implicita viene da lontano”. E lo spiega con una tabella che individua – il metro è sempre quello che emerge dalle prove Invalsi – gli Allievi in difficoltà al termine della III secondaria di primo grado, ovvero la terza media.
Nella nota, specifica che gli “allievi in difficoltà” sono quelli che hanno raggiunto al massimo il livello 2 in Italiano e Matematica e che non hanno raggiunto il livello A2 in Inglese, in lettura e ascolto.
Qui, a fronte del dato nazionale che parla di un 14,4% di allievi in difficoltà, i numeri “sorridono” un po’ di più alla Valle d’Aosta che si piazza al penultimo posto con il 7,2%.
Dati alla mano, Ricci chiede che l’attenzione resti alta: “I risultati importanti raggiunti nel contrasto alla dispersione esplicita – scrive nelle conclusioni del suo editoriale – hanno permesso di aumentare la quota di studenti che consegue il titolo di studio di scuola superiore. Questa è la premessa necessaria per affrontare il problema successivo, ossia ridurre il numero di giovani che pur conseguendo un titolo di scuola secondaria di secondo grado non riescono a conseguire competenze sufficienti per inserirsi positivamente nelle società”.