Non c’è solo il Covid-19 a preoccupare le autorità sanitarie. Un’allerta è stata lanciata per la situazione epidemiologica in evoluzione a livello europeo della malattia peste suina africana, soprattutto per un focolaio segnalato nella regione del Brandeburgo, in Germania, il 10 settembre scorso, quando è stato scoperto un cinghiale selvatico malato ai confini con la Polonia, ma considerando che la malattia è in progressiva diffusione in Europa fino dal 2007.
In quell’anno, infatti, sono stati segnalati i primi casi in Georgia e, da lì, altri focolai via via in Armenia, Azerbaigian e Russia. Il virus nel 2014 è poi approdato nei paesi baltici, e da lì è giunto in Romania, Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca. Nel 2018 è stato il turno del Belgio, e ora il virus è arrivato in Germania.
In Italia, la malattia è presente esclusivamente sul territorio sardo dal 1978, dove è in atto un piano di eradicazione, che sta dando i suoi frutti con un netto miglioramento della situazione epidemiologica, mentre nel resto d’Italia vige un piano di sorveglianza attiva e passiva.
La Peste suina africana (PSA) è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali. Non è trasmissibile agli esseri umani.
“È una malattia con un vasto potenziale di diffusione. – spiega una nota – Un’eventuale epidemia di PSA sul territorio nazionale potrebbe ripercuotersi pesantemente sul patrimonio zootecnico suino con danni ingenti sia per la salute animale che per il comparto produttivo suinicolo e sul commercio internazionale di animali vivi e dei loro prodotti. I sintomi principali negli animali colpiti sono febbre, perdita di appetito, debolezza del treno posteriore con conseguente andatura incerta, difficoltà respiratorie e secrezione oculo-nasale, aborti spontanei, emorragie interne ed emorragie evidenti su orecchie e fianchi”.
Gli animali che superano la malattia possono restare portatori del virus per circa un anno, giocando dunque un ruolo fondamentale per la persistenza del virus nelle aree endemiche e per la sua trasmissione. Il virus è dotato di una buona resistenza in ambiente esterno, può essere trasmesso anche attraverso le feci e può rimanere vitale anche fino a 100 giorni. Gli alimenti realizzati a partire dalle carni di suini affetti da peste suina africana, come i salumi, mantengono il virus vitale per diversi mesi. Gli scarti alimentari e gli avanzi dovrebbero quindi sempre essere smaltiti in modo che non entrino in contatto con i cinghiali selvatici né con altri suini.
“Considerato che è necessario tutelare la salute del consumatore, ma anche quella degli animali e l’economia locale, si invitano i cittadini a non acquistare prodotti alimentari a base di carne di maiale non adeguatamente etichettati, – prosegue la nota – a non portare con sé carni e salumi di suino non certificati, a non abbandonare nell’ambiente avanzi e rifiuti alimentari specialmente se contenenti carni o prodotti suini, a diffidare di sconosciuti dediti alla vendita ambulante e a domicilio abusive di alimenti provenienti da un circuito sconosciuto e soprattutto privi di etichette e di segni di riconoscimento e, nel caso avvistino una carcassa di cinghiale o rifiuti alimentari di prodotti a base di carne suina, di avvisare subito la stazione forestale competente per territorio o i servizi veterinari dell’Azienda Usl”.
Gli allevatori, invece, sono invitati a notificare tempestivamente ai servizi veterinari stessi sintomi riferibili alla PSA e episodi di mortalità anomala nei loro suini.
Nell’ottica di prevenzione della malattia e sensibilizzazione degli attori coinvolti il Ministero della salute ha prodotto del materiale informativo, che è reperibile sul sito del Ministero stesso