Pirogassificatore: “Via libera al referendum”, rigettata la richiesta di sospensione

E’ arrivata poco dopo le 17 la decisione del tribunale di Aosta chiamato ad esprimersi sulla richiesta di sospensione del referendum che si oppone alla costruzione del pirogassificatore in Valle d’Aosta. Per il giudice il referendum riguarda la salute.
Gli avvocati davanti al tribunale di Aosta
Società

Via libera al referendum. E’ arrivata questo pomeriggio, poco dopo le 17, la decisione del tribunale di Aosta, di rigetto della richiesta di un "provvedimento urgente per sospendere la consultazione del prossimo 18 novembre, nell’attesa di una sentenza nel merito contro la proposta", presentato dai legali dell’Associazione nazionale imprese difesa ambiente (Anida) e di Noy Ambiente e Rea Dalmine Spa (due delle imprese che si sono aggiudicate all’appalto). "Valuteremo se presentare un ulteriore "reclamo" – ha spiegato l’avvocato Montanaro  – ma probabilmente non ci sono i tempi. Se il referendum dovesse passare invece potremo sollevare una questione di legittimità costituzionale".

"Ho sentito dire tante cose in queste ultime settimane – ha dichiarato "a caldo" Fabrizio Roscio, Presidente di Valle Virtuosa – ma finalmente il giudice ha chiarito una volta per tutte un punto fondamentale: il prinicipio ispiratore di questo referendum è la difesa della salute. Il 18 novembre andremo a votare per la nostra salute". 

Le tesi di chi ha chiesto la sospensione…
“L’iniziativa di legge popolare tende a porre nel nulla delle attività (i procedimenti di trattamento a caldo dei rifiuti) perfettamente legittime perché previste dalle norme europee e nazionali arrecando un danno gravissimo alle aziende che a oggi si sono aggiudicate l’appalto.” Cosi scrivono nelle memorie gli avvocati di Anida e di Noy Ambiente che chiedevano al Tribunale di Aosta, giudice Paolo De Paola, di sospendere in via cautelare la procedura di proposta di legge di iniziativa popolare. E’ grave inoltre, secondo gli avvocati Montanaro che "il divieto venga esteso anche ai rifiuti speciali non pericolosi che non sono affidati all’iniziativa privata e a regole di libera concorrenza".

Il referendum, secondo i ricorrenti, fa riferimento all’ambito della tutela ambientale e quindi doveva essere dichiarata inammissibile dalla Commissione referendaria che invece l’ha giudicata ammissibile per gli aspetti legati alla tutela della salute. “Questa affermazione – si legge nelle memorie – si basa un’implicita ma non motivata convinzione che i trattamenti a caldo siano dannosi per la salute”.

…e quelle di chi ha promosso il referendum
Nel ricorso contro la Regione Valle d’Aosta e la Commissione regione per i procedimenti referendari del Consiglio regionale si sono costituiti come parte civile alcuni fra i promotori del referendum tra cui il Presidente di Valle Virtuosa, Fabrizio Roscio.
L’avvocato di parte, Domenico Palmas, ha spiegato come il “procedimento che si cerca di interrompere ha una natura esclusivamente legislativa” e quindi “sindacabili esclusivamente, e sempre a posteriori, dalla sola Corte costituzionale”. Quindi il ricorso “risente di un evidente e clamorosa confusione di piani fra procedimento legislativo e amministrativo”.  Il giudizio della Commissione viene paragonato a quello “dell’intervento della Corte Costituzionale nella pronuncia circa la legittimità dei referendum abrogativi”.

I promotori del referendum lamentano poi un difetto di interesse di Anida e delle due società ricorrenti perché “l’esito della consultazione non è certa. Il divieto di trattamento a caldo dei rifiuti è solo un’ipotesi che diventerà realtà solo se il corpo elettorale approverà la proposta. Ma a oggi – sottolineano gli avvocati – un’ipotesi non può ledere in alcun modo diritti soggettivi o interessi legittimi”. Se la legge dovesse venire approvata, i ricorrenti dovrebbero quindi rivolgersi alla Corte Costituzionale. Infine il legislatore sottrae alla potestà legislativa popolare l’ambito della programmazione regionale in materia di rifiuti e non la materia dei rifiuti tout court. “L’iniziativa referendaria proposta non incide su norme aventi contenuto programmatorio”.

Il giudice Paolo de Paola ha accolto in particolare quest’ultima motivazione riconoscendo come "la proposta di legge non esula dai limiti della legge regionale". Inoltre il giudice ha riconosciuto come la materia del referendum riguarda direttamente la salute, nei confronti della quale le Regioni possono intervenire con vincoli più stretti di quelli statali.

 

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