Un anno ai confini del mondo, nell’Artico. Stefano Unterthiner sfida a colpi di scatti fotografici una terra estrema per le sue temperature. “Ho vissuto le Svalbard in maniera privilegiata”, in assenza di turisti “ho potuto lavorare in assoluta tranquillità”.
È partito lo scorso agosto per il progetto “Una famiglia nell’Artico” insieme alla moglie Stéphanie e ai figli Rémi e Bahia. La parte comunicativa ha ottenuto successo e ha visto la famiglia Unterthiner in onda sulle reti nazionali RAI. È venuto a mancare, a causa del Covid, l’aspetto più divulgativo legato alla ricerca, che avrebbe dovuto trattare in modo più approfondito il cambiamento climatico.
“Il progetto è stato ridimensionato per quanto è accaduto. Ciò che ha impattato maggiormente è stata la chiusura dell’Isola agli esterni. Tutta la parte di spedizione e di ricerca che volevo coprire durante il lavoro è saltata”. Porte chiuse anche per l’Università con la quale era prevista una collaborazione importante. “Per fortuna sono comunque riuscito a lavorare al libro”.
In uscita il prossimo anno, in autunno, il libro fotografico di Unterthiner ha come protagonisti volpi, renne, orsi polari e pernici, animali che trascorrono tutto l’anno nell’Artico. “Ho raccontato anche l’arrivo dei migratori e l’evolversi di luci e paesaggi”. “Ciò che mi ha lasciato a bocca aperta è la rapidità con cui l’Artico cambia, soprattutto quando l’inverno lascia posto alla primavera: l’energia solare capace di trasformare un’isola in poche settimane, la frenesia di terre che non hanno praticamente vita, gli uccelli che tornano, il ghiaccio che scompare e i primi fiori che appaiono. Un condensato di primavera, estate e autunno in un breve lasso di tempo”.
“Mi sono messo alla prova fisicamente. Un’esperienza oltre il limite di quello che avevo già fatto”. Stefano Unterthiner ha operato in condizioni estreme. A ostacolarlo distanze, logistica e basse temperature, che gli hanno causato un principio di congelamento al piede.
Scatti rapidi per resistere ai trenta gradi sotto lo zero in luoghi isolati raggiunti in motoslitta. Una sfida che si è rivelata ardua soprattutto in inverno, il più freddo degli ultimi dieci anni, quando “l’alba non arriva” e il buio fa da padrone. Ed è proprio alla fine di un lungo inverno, un giorno di marzo, che Unterthiner immortala l’orso polare.
Ospite dell’Artico, terra di ghiaccio nell’immaginario comune, “somma di colori dovuta alla quantità di luce che lo raggiunge” per chi lo abita, Stefano Unterthiner colleziona l’ennesima avventura. Un anno difficile che si è trasformato in un momento di accrescimento per tutta la famiglia. “Per integrare qualche immagine e recuperare il tempo, ma soprattutto le occasioni perse” il fotografo sta già programmando una seconda spedizione alle Isole Svalbard tra aprile e giugno dell’anno prossimo.