Una serata con il generale Mini per discutere dell’Afghanistan, di Daniele Mastrogiacomo e di Gino Strada

Nel momento in cui l'agenda politica nazionale si sta occupando, per vari motivi, dell'Afghanistan, e a ridosso della liberazione del giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, anche i valdostani hanno testimoniato il...
Società

Nel momento in cui l’agenda politica nazionale si sta occupando, per vari motivi, dell’Afghanistan, e a ridosso della liberazione del giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, anche i valdostani hanno testimoniato il proprio interesse riguardo a questo paese fondamentale per lo scacchiere strategico internazionale, e martoriato da decenni di guerra.
Martedì sera in molti hanno affollato il circolo aostano dell’Espace Populaire per partecipare all’incontro, presentato dal giornalista Roberto Mancini, con il generale Fabio Mini, dall’impressionante curriculum militare (è stato capo ufficio valutazione e esercitazioni della 4° Divisione meccanizzata Usa, capo della comunicazione dell’Esercito e della Difesa, addetto militare e della difesa in Cina, direttore dell’Istituto superiore di Stato maggiore Interforze, capo di Stato maggiore del comando Nato delle forze alleate nel sud Europa e per un anno ha comandato l’operazione di peacekeeping Nato in Kosovo), nonché autore del libro ?La guerra dopo la guerra?.

Il generale ha fotografato la situazione del Paese, centro nevralgico della produzione di oppio, segnato da decenni di guerra; ricordiamo che solamente dal 2002 a oggi il conflitto ha provocato 11mila morti, di cui 6mila solo nel 2006.

Alcuni membri di Emergency, l’associazione umanitaria fondata da Gino Strada, erano presenti alla serata, e hanno sollecitato un commento riguardo alle polemiche nate a seguito della liberazione di Daniele Mastrogiacomo.

?Il Governo, con decisione unanime, e consapevole della grande credibilità acquisita sul campo dal fondatore di Emergency – ha ricordato il generale – ha chiesto a Gino Strada, che in quel momento era in Sudan, di partecipare alla trattativa. Tuttavia abbiamo assistito a un fatto inedito: il mullah Dadullah, a capo del gruppo di guerriglieri rapitori, non ha chiesto soldi, ma uno scambio di prigionieri. In Afghanistan, l’asprezza e la precarietà delle condizioni di esistenza fanno si che la vita umana valga pochissimo. In determinate condizioni però alcune persone possono contare in quanto simboli: un giornalista da uccidere o da liberare, o un prigioniero da scambiare, assumono una rilevanza notevole come pedine da giocare al tavolo della guerra.

Quando Dadullah ha rifiutato i soldi e sollecitato uno scambio di prigionieri, Emergency è stata costretta ad abbandonare il proprio livello di azione abituale, quello umanitario, per condurre la trattativa su di un piano strettamente politico.
Ad aggravare ulteriormente la situazione ci ha pensato il Governo italiano. Personalmente disapprovo il fatto che senza nessuna giustificazione sia stata elevata la soglia di coinvolgimento del potere e delle più alte autorità. Il rapimento del giornalista è stato gettato in pasto all’arena mediatica, divisa tra Sanremo e i talebani, la questione ha travalicato l’ambito umanitario e ha invaso l’ambito politico, saltando a pié pari ogni gradino intermedio.

Al di là della liberazione di Mastrogiacomo, questo fatto, secondo il generale Fabio Mini, ha provocato alcuni ?danni collaterali?.
?Le tribù pashtun – ha spiegato – assomigliano, sotto questo aspetto, ai clan mafiosi nostrani: l’avversario, l’antagonista ‘naturale’, è combattuto, ma comunque accettato e rispettato se sa stare al proprio posto, ed agisce in base al proprio ruolo. Gino Strada, essendo stato costretto a violare, suo malgrado, questa legge non scritta, anche per via del coinvolgimento mediatizzato della nostra classe politica, ha perso credito, e, secondo me, ora rischia molto di più, sul piano concreto, di quanto non rischiasse prima.
Non sarebbe così grave se Strada potesse contare sull’appoggio di uno Stato o di un’ente più grande, in grado di parargli le spalle e restituirgli quella credibilità che lo scivolamento verso il piano politico ha eroso profondamente, legittimando almeno a posteriori la sua azione. Non è così, almeno per il momento?.

Mini ha inoltre espresso la propria opinione in merito alla situazione di Adjmal Naqshbandi, l’interprete di Mastrogiacomo, ancora nelle mani dei guerriglieri, e quella di Rahamatullah Hanefi, capo del personale dell’ospedale di Emergency, arrestato da agenti dei servizi segreti afghani per aver mediato, su ordine di Strada, con Dadullah per la liberazione degli ostaggi.

?Purtroppo la loro situazione è critica. Con la liberazione di Mastrogiacomo, il mullah Dadullah, che fino a quel momento sullo scacchiere politico afghano contava come un due di picche, attualmente è osannato dai suoi per avere concluso ?brillantemente? il caso. Ora ha lasciato il comando militare a suo fratello, e questo potrebbe rappresentare per lui una sorta di deresponsabilizzazione che mi fa temere per la sorte dell’interprete. D’altra parte, il fratello di Dadullah potrebbe decidere di seguire le sue orme per raggiungere la stessa notorietà, oppure potrebbe accettare il pagamento di un riscatto in denaro?.

Ma il generale ha dato spazio ancora ad un’ultima possibilità: ?Se Gino Strada riuscisse, con grande abilità, a riportare la trattativa su un livello più adeguato, ovvero quello umanitario, – ha concluso Fabio Mini – potrebbe recuperare la credibilità perduta e aiutare i due sfortunati afghani, ammesso che siano ancora vivi?.

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