Avete mai fatto caso che la vita di noi genitori è un susseguirsi di fasi segnate da tappe significative? Quando sei dentro ad una fase, per esempio quando sono piccolini e non dormono, non vedi l’ora di uscirne per respirare un po’. Quando sono bambini e spesso limitano la tua libertà di azione non vedi l’ora che crescano, che diventino autonomi; poi, quando sono diventati grandi, hai nostalgia di quando erano piccoli.
Certo che come categoria noi genitori siamo ben contraddittori, eh?
Per non dire delle tappe significative della loro crescita, ce le viviamo manco fossero un rito di passaggio delle tribù Lakota. In particolare noi madri, che ogni tanto abbiamo un rapporto più ombelicale con i figli.
Come viviamo, al contrario, con un certo rammarico quando si chiudono alcune fasi importanti, soprattutto quelle legate alla scuola, in particolare sull’ultimo dei nostri figli. “Non ho più nessun piccolo per casa”, mi dicono spesso alcuni genitori quando l’ultimo finisce le elementari.
Che sia il secondo, il terzo, il quarto o il quinto figlio (lo so, non mi crederete, ma esistono ancor oggi queste famiglie di supereroi) si provano quelle emozioni, alla chiusura. Ma le più intense, le più destabilizzanti, quelle che segnano normalmente la memoria biografica di ogni genitore sono “le prime volte”: prime parole, primi passi, prima elementare, prima media e via così.
Di queste tappe, di queste fasi, e del sentimento che lasciano in noi ne parlo qui , sul mio blog; non potevo non scriverne, perché la scrittura è curativa, e da qualche parte dover pur posare le emozioni vissute ieri, quando mi è capitato di attraversare una prima volta significativa nella mia vita di genitore: sono diventata maggiorenne! (ahh no, è il figlio ad esserlo, non io … 😉 )