La Buona scuola la fanno gli insegnanti coraggiosi

Una riflessione di Licia Coppo sul ruolo delicato e importante degli insegnanti a partire dalla esperienza della finta circolare razzista della scuola di Vercelli.
scuola, insegnanti
Basta un po’ di educazione

C’è una notizia che circola in questi giorni, che mi ha ridato speranza e positività sul tema scuola; e dato che abbiamo bisogno di nutrirci di tanto ottimismo quando si parla della scuola italiana, voglio condividere alcune riflessioni con voi. Si tratta dell’ingegnosa e utilissima attività proposta alle classi terze di una scuola media, per aiutarli a riflettere sulle leggi razziali; un percorso didattico iniziato con la giornata della Memoria del 27 gennaio e concluso con la giornata dei Giusti, il 6 marzo, che commemora coloro che si sono opposti con responsabilità individuale ai crimini contro l'umanità e ai totalitarismi.

Ho fatto la specifica perché credo che in molti non la conoscano; tra l’altro, nelle scuole dei vostri figli hanno ricordato questa giornata? O i Prof sono andati avanti come sempre ‘con il programma’? Tengo a freno, per ora, eventuali riflessioni sull’”ansia da programma” a cui credo dedicherò un intero articolo prossimamente.

Ora torniamo a noi: cosa si inventano questi creativi e astuti docenti? Una simulazione (ed hanno preventivamente preparato i ragazzini stranieri, che hanno recitato egregiamente) legata a una finta circolare, ma che pareva ufficiale e ministeriale, diffusa in tutte le classi terze. La circolare imponeva ai ragazzi stranieri di trasferirsi seduta stante in classi separate, col divieto fino a fine anno di ritornarvi, e prevedeva prove aggiuntive per l’esame di terza media. Insomma, hanno simulato ciò che nella storia è tristemente accaduto perché, come narrano i racconti, fu proprio nelle scuole che i bambini iniziarono a cogliere i primi segni della deportazione, perdendo i loro amici. Le leggi razziali del 1938 sono un concetto difficile da far capire ai nostri ragazzi, ormai così lontani da quell’epoca, loro che son figli del benessere e delle mille opportunità. Ma un modo c’è, anche a scuola, per agganciare la teoria alla vita reale: far sperimentare. Un proverbio cinese, spesso citato nel web, recita: “Se me lo dici, dimentico. Se mi fai vedere, ricordo. Se mi coinvolgi, capisco”.

L’epilogo positivo della vicenda della Scuola media Pertini è la reazione avuta dai ragazzi: chi si barricava per impedire ai compagni stranieri l’umiliazione della segregazione, chi telefonava alla preside protestando, chi voleva andare insieme ai ghettizzati, chi cercava di contattare altre scuole medie per capire cosa stesse accadendo lì. Una sommossa, un pandemonio. Una sana rivolta! Perché i ragazzini di oggi, che vivono quotidianamente tra i banchi di scuola il valore dell’integrazione ed il rapporto con la diversità, stanno sviluppando dei valori importantissimi, sono avanti mille miglia rispetto a molti adulti, ancora chiusi nelle loro microcosmiche xenofobie.

La simulazione è durata poco, poi i ragazzi hanno scritto emozioni e pensieri su alcuni post-it, ne hanno parlato seduti in cerchio, hanno condiviso e rielaborato la vicenda. Perché ciò che impari con l’esperienza, non lo dimentichi. Forse tra qualche anno qualcuno scorderà la data precisa delle leggi razziali, ma non dimenticherà il senso di ciò che ha imparato in questa giornata. Il primo obiettivo della scuola dovrebbe essere quello di aiutare a costruire “orizzonti di senso” per i nostri figli. Poi, certo, servono anche le basi di grammatica, di matematica, conoscere la geografia; non sto dicendo di fare simulazioni e laboratori ogni giorno. Ma qualche volta in più sì! La fisica e la chimica, in un laboratorio le capisci meglio che alla lavagna. La matematica e le tabelline, per alcuni possono essere uno scoglio terribile alle elementari: perché non usare i lego, per giocare con i numeri e le sequenze? La storia in prima media può sembrare noiosissima, oppure no: nostro figlio ha avuto il privilegio, anni fa, di fare un bellissimo progetto trasversale sul medioevo ideato dalla docente di storia: hanno costruito plastici e spade, hanno studiato i castelli e infine hanno invitato noi genitori per una visita guidata ad un castello, illustrato dai ragazzi, in abiti medievali, in francese e in inglese. Noi siamo stati fortunati, lo so; e dispiace che, ancora oggi, l’avere una buona o brutta esperienza scolastica sia legato alla fortuna. La scuola non può più essere trattata alla stregua di una roulette!

Qual è dunque il fattore che fa la differenza? Certamente avere dei buoni insegnanti, possibilmente coraggiosi, oltre che preparati. Le docenti della scuola di Vercelli sono state non solo creative e competenti, ma anche temerarie. Hanno sfidato una tematica attuale e controversa, che intreccia il tema dell’immigrazione a nuove e preoccupanti xenofobie e chiusure; potevano temere il giudizio dei genitori su quest’attività, potevano scegliere di fare la solita didattica “libro-spiegazione-esercizi a casa”. Invece hanno scelto la strada inconsueta. L’alternativa, anche se non viene messa nei programmi ministeriali, possono cercarla i docenti.

Ciliegina sulla torta del progetto della scuola media di Vercelli? I ragazzi si sono poi ritrovati per piantare due nuovi alberi nel giardino della scuola da dedicare a due “Giusti”, uno a Janusz Korczak, lo scrittore e pedagogo polacco morto a Treblinka, l'altro a Faraaz Hussein, lo studente di Economia musulmano che morì nel 2016 nell'attentato dell'Isis a Dacca per non lasciare sole le sue due amiche. La storia agganciata alla vita vera. Chapeau a docenti e studenti!

Si possono seminare alberi nei giardini delle scuole, come si possono seminare valori, conoscenze e soprattutto competenze importanti nelle anime dei nostri studenti. Insegnanti-giardinieri, fatevi avanti! Abbiamo bisogno di voi!

 

 

 

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