Aosta piange Renato Angelucci, il commercialista con la passione per il rock e l’ironia

62 anni, libero professionista dal 1988 con studio nel capoluogo, è stato strappato alla vita da una malattia scoperta poche settimane fa. Lascia la moglie Claudia e tanti amici e conoscenti, cui mancheranno la sua verve e il gusto per la polemica.
Renato Angelucci (foto da Facebook).
En souvenir

Sono decine i messaggi sui social network che, nelle ultime ore, testimoniano il dolore e lo sgomento di amici e conoscenti per la morte di Renato Angelucci, commercialista 62enne aostano. A strapparlo alla vita ieri, mercoledì 16 giugno, in una struttura di Torino, sua città di origine, una malattia scoperta poche settimane fa, che non gli ha lasciato nemmeno il tempo di iniziare a combatterla.

Studi al liceo scientifico, seguito dalla facoltà universitaria di economia e commercio, aveva scelto la libera professione nel 1988, con studio nel capoluogo. Era apprezzato tra i colleghi, che ne coglievano soprattutto la verve e il tratto autoironico. Angelucci, sulle questioni di lavoro, specie sulle innovazioni più recenti del sistema fiscale, raramente nascondeva il suo parere, o i suoi interrogativi.

E non faceva così nemmeno in altri campi, mai timoroso di confrontarsi, mai prolisso. Tra le passioni di una vita, la musica rock (e dintorni), che prediligeva soprattutto nella sua dimensione dal vivo. Da sempre assiduo frequentatore dei concerti in Valle, non era comunque infrequente incontrarlo anche davanti ai cancelli dei principali eventi della stagione live lontano da Aosta, assieme alla moglie Claudia.

A causa della pandemia quel mondo si era fermato e lui aveva trovato il modo di continuare a far vivere quelle atmosfere (che spesso testimoniava indossando l’iconico “chiodo” in pelle) sul suo profilo Facebook, inventandosi lo spazio “Un riff al giorno”. Un post quotidiano, divenuto un appuntamento fisso per altri appassionati che lo commentavano: alcuni ricevevano approvazione, altri giudizi anche polemici, ma sempre schietti e genuini.

L’ultimo è dello scorso 23 marzo, dedicato a “Rain” dei The Cult. Lo aveva definito “un buon hard rock”. Genere che diventava spesso argomento di conversazione serale, meglio davanti a un calice di vino o a una birra, in un locale del centro con gli amici, cui dispensava sorrisi e provocava risate contagiose. Ciò che mancherà a tanti, convinti che ora Renato sia da qualche parte ad ascoltare il nuovo album del suo gruppo preferito, che noi scopriremo solo tra mesi.

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