Le melodie del rito ortodosso, cantate dal celebrante, padre Alin Mihail Neagu, e le preghiere in lingua romena hanno accompagnato oggi, martedì 10 maggio, il saluto terreno a Constantin Cobanel, l’operaio edile morto nell’incidente sul lavoro ad Ollomont. Nella sala del commiato del cimitero di Aosta, la moglie Jennifer, i figli e la madre dello scomparso sono rimasti stretti al feretro chiaro per tutta la funzione, ora inseguendo le trame del legno con la punta delle dita, ora accarezzando la fotografia poggiata sopra la bara, alla ricerca dell’abbraccio interrotto esattamente sette giorni fa con il marito, papà e figlio.
Poco prima, sul piazzale, i bambini della classe frequentata dal minore dei figli del lavoratore, portando fiori colorati, avevano manifestato il loro calore al compagno. Un momento delicato, di affetto e dolore, sottolineato dal canto degli uccelli di questa calda giornata di maggio, in cui gli interrogativi che animano i presenti sono ben più pesanti del solito. Padre Neagu lo sa, e parla di una famiglia che non dovrà essere lasciata sola. Ne è altrettanto consapevole don Nicola Corigliano, concelebrante cattolico, quando spiega – rivolgendosi proprio al piccolo Lorenzo – come il “grande vuoto” è ciò che accade oggi, ma la “speranza” è il valore insito naturalmente nel futuro.
Il sacerdote ha quindi letto un messaggio di Massimo Facchini, l’impresario per cui Cobanel lavorava, che era con lui nel mattino dell’incidente, avvenuto durante la ristrutturazione del garage della casa di villeggiatura della ministra della Giustizia Marta Cartabia. Un’inchiesta è in corso, gli accertamenti su eventuali responsabilità faranno il loro corso (al momento il datore di lavoro risulta indagato), ma in una cerimonia di commiato – è stato il senso della premessa del concelebrante – i sentimenti devono avere dignità d’asilo. “In questo momento le parole sono superflue, – ha scritto l’imprenditore – ma voglio solo dire, a nome di tutti coloro che hanno conosciuto Constantin, che era una persona seria”.
Cobanel era partito dalla Romania circa quattordici anni fa, animato dal sogno di costruire una casa tutta sua in un angolo di campagna. In Italia, le nozze con Jennifer (ausiliaria nelle scuole superiori ad Aosta) e il lavoro nell’edilizia, in Valle. Nel Paese d’origine, oltre alla mamma Camelia, vivono ancora due sorelle. Una terza si è stabilita in Germania. Proprio lei, Andreaa Suma, aveva raccontato a una tv romena di aver sentito telefonicamente il fratello la settimana prima della morte, trovandolo felice perché aveva del lavoro e realizzare il suo progetto gli appariva finalmente possibile.
L’incidente di Ollomont, purtroppo, impedirà alle mani di Constantin, che tante case hanno costruito o ristrutturato (aveva operato nell’edilizia anche attraverso una ditta individuale ed era con l’impresa attuale da un paio di mesi), di dare forma a quella che voleva costruire per sé e la sua famiglia. E non incontreranno nemmeno più quelle dei suoi cari che, stamane, ne cercavano invano la presenza ed il calore. Frastornati dal peso del “perché” di una situazione repentina ed inattesa, ancor più complessa da affrontare, giacché le risposte che la giustizia potrà trovare non spiegheranno comunque come riportare indietro le lancette dell’orologio delle loro vite.
Una risposta
Sinceramente trovo la cronaca di un funerale come questo una violazione al rispetto per la privacy di un momento così intimo da cui chi non conosceva il defunto deve restare fuori. Se no rappresenta solo un interesse morboso carico di retorica.