Gianclaudio “Clay” Regazzoni era aitante, elegante, affascinante, talentuoso. Il talento e il carattere simpaticamente guascone lo inducevano a osare la sorte, spesso con incuranza del pericolo. Un appassionato autentico, uno degli ultimi Cavalieri del rischio dell’automobilismo. Uno degli ultimi prima dell’avvento dei piloti che univano classe e calcolo, primo fra tutti Niki Lauda che, da sconosciuto, fu assunto in Ferrari anche grazie ai buoni uffici di Clay, che l’aveva avuto come coéquipier in BRM.
Era nato a Lugano ma sembrava più italiano che ticinese. Un carattere aperto, estroverso, solare. Enzo Ferrari lo definì “Viveur, danseur, calciatore, tennista e, a tempo perso, pilota”. Qualcuno ha visto in questo articolato e insieme sintetico profilo la fine della carriera di Clay in Ferrari. A nostro avviso non fu così. Ferrari stimava molto Regazzoni e gli risparmiò l’annus horribilis 1973 per richiamarlo la stagione successiva, quando la macchina fu altamente competitiva.
In quella espressione possiamo dire che si racchiuse l’intero mondo della Formula Uno e in generale dell’automobilismo sportivo dell’epoca. I piloti apparivano dei viveurs perché, finito un Gran Premio, non sapevano quale sarebbe stata la loro sorte: gli incidenti, purtroppo, non erano rari e tanto valeva godersi la vita. Regazzoni vide in faccia la morte in Formula Tre, sul circuito di Monte-Carlo e si salvò per miracolo.
Nel 1970, la consacrazione. Campione Europeo di Formula Due con la Tecno del geniale – e dimenticato – Pederzani e vincitore del Gran Premio di Monza con la Ferrari 312B. Regazzoni, ticinese, in trionfo tra i tifosi in delirio: era diventato italiano a tutti gli effetti nei cuori del Cavallino. La sua grande occasione fu nel 1974. La Ferrari, progettata da Mauro Forghieri, era tra le vetture migliori del lotto.
Lauda vinse due Gran Premi ma Regazzoni, primo al Nürburgring, l’Università della massima serie, fu più costante e arrivò all’ultima gara, a Watkins Glen negli Stati Uniti, a pari punti con “El Rato” Emerson Fittipaldi, su McLaren. Il momento sembrava propizio, ma per concause ancora mai del tutto chiarite, Regazzoni navigò nelle retrovie e a Fittipaldi bastò un quarto posto per aggiudicarsi il titolo mondiale. Fu una delusione cocente, ma Clay seppe superarla, anche se la Scuderia gli preferirà, dalla stagione successiva, Niki Lauda.
Danseur lo era veramente. Apparve nella popolare trasmissione televisiva “Canzonissima”, esibendosi in un tango sfrenato con Raffaella Carrà: un successo strepitoso, che ne fece un personaggio – anche – da rotocalco. Neppure lo spaventoso incidente che lo costrinse su una sedia a rotelle ne minò il carattere combattivo. In quel maledetto 15 dicembre 2006, Clay era atteso ad una festa in suo onore. Non ci arriverà mai, la sua vita terminò sulla Parma-La Spezia. Il suo fascino, invece, rimarrà per sempre.