Pulizia assoluta e spettacolarità: la storia di Juan Manuel Fangio, uno dei fuoriclasse della Formula Uno

A luglio saranno trent'anni dalla morte di Juan Manuel Fangio, pilota argentino che appartiene all’élite dell’élite. La sua storia è quella, anche, di un singolare rapimento durante il Gran Premio di Cuba del 1958, con la Formula Uno veicolo e strumento di propaganda politica.
Juan Manuel Fangio - Foto Ferrari
Gioie e Motori

Juan Manuel Fangio (1911 – 1995) è stato uno dei fuoriclasse della Formula Uno. Appartiene, insieme a pochi altri, Senna, Schumacher, Hamilton, Prost, all’élite dell’élite, piloti che hanno segnato la loro epoca così incisivamente da averla trascesa, assurgendo a miti intramontabili e fuori dal tempo. L’argentino aveva saputo egregiamente coniugare, ante litteram, i due stilemi di guida che ancora oggi sono compendiabili solo dai grandi: la pulizia assoluta e la spettacolarità. E mostrare anche una certa accortezza, da procuratore di se stesso.

Fangio, infatti, dall’alto della sua classe, sapeva scegliere la monoposto vincente. Risultato, cinque titoli mondiali, con l’Alfa Romeo nel 1951, Maserati e Mercedes nel 1954, ancora Mercedes nel 1955, Lancia – Ferrari nel 1956, Maserati nel 1957. L’argentino si presenta, quindi, da campione del mondo in carica, al Gran Premio di Cuba del 1958.

L’isola è già in fermento, ma per motivi politici. Tutto era iniziato nel 1953, a uno anno dal colpo di Stato che aveva portato al potere Fulgencio Batista. Fidel Castro e i suoi uomini avevano tentato l’assalto alla base militare della Moncada a Santiago di Cuba, assalto non riuscito e terminato nel sangue e in pesanti condanne. Ma fu l’inizio di un periodo di instabilità e di guerriglia. Batista, organizzando il Gran Premio sul circuito di Malecon a L’Avana, più che all’aspetto sportivo pensa a quello politico in senso lato: una sorta di prova che le preoccupazioni del mondo per ciò che sta accadendo a Cuba sono assolutamente esagerate.

E arriviamo al 23 febbraio 1958, sessantasette anni fa. Fangio si sta godendo gli agi dell’Hotel Lincoln di L’Avana, quando uomini del “Movimento Guerrigliero 26 luglio”, capeggiato da Castro con l’appoggio di Ernesto Che Guevara, lo individuano. Fangio non può equivocare: una pistola puntata è un messaggio più che chiaro. Il fuoriclasse esce dall’albergo con un cappellino e un paio di occhiali scuri e viene accompagnato in macchina per un dove misterioso.

Ad un certo punto, pare trattarsi di uno scherzo, perché l’autista ferma l’automobile di fronte alla sua abitazione per presentare Fangio alla famiglia. Non è, invece, uno scherzo. L’assenza decapita la gara della sua principale attrazione ma si svolge ugualmente e i rapitori consentono all’argentino di seguirla per televisione. La notizia fa il giro del mondo e il “Movimento” ottiene il suo scopo, la visibilità internazionale.

Il Gran Premio di Cuba smotta nella tragedia. Armando Cifuentes, pilota locale, con la Ferrari Testarossa, piomba sugli spettatori: sette i morti, oltre quaranta feriti, Cifuentes vivo per miracolo. Fangio, cui non viene torto un capello, e omaggiato di rum e cigarillos, viene liberato e ringrazia i rapitori per la mancata partecipazione ad un evento male organizzato e finito in dramma. La Formula Uno quale veicolo e strumento di propaganda politica.

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