Riforma elettorale, la Valle d’Aosta ha bisogno di una svolta

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione sulla riforma della legge elettorale.
I lettori di AostaSera
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Sono almeno dieci mesi che si parla, in Valle d’Aosta, di elezione diretta del Presidente. Già a Febbraio di quest’anno il Consiglio Regionale prese l’impegno di affrontare la parte riguardante la forma di Governo. A Giugno Rete Civica depositò un disegno di legge specifico e a Luglio 19 consiglieri regionali firmarono un documento programmatico che impegnava i gruppi a sostenere questa riforma con l’obiettivo di dare rapidamente una risposta alla principale esigenza del sistema politico valdostano: rimettere ai cittadini il potere di scegliere un progetto di governo della Regione in grado di durare cinque anni.
Non si tratta, come qualche detrattore vuole farci credere, di un puntiglio di Rete Civica o di un argomento irrilevante di fronte ai tanti problemi della nostra Regione. Quei problemi (sanità, infrastrutture, lavoro, sviluppo, ambiente) non si possono risolvere quando il “sistema” attuale determina l’avvicendarsi di 8 giunte, 8 programmi, 8 Presidenti e Assessori, 8 impostazioni in 6 anni. Chiunque può capire che non ci può essere una visione strategica o anche solo una programmazione seria quando tutto il tempo viene dedicato a mediare tra forze politiche che alle elezioni si sono presentate divise e con programmi alternativi. Quelle mediazioni diventano spesso compromessi, mercato dei posti, equilibri di potere.
Per questo la Valle d’Aosta è ferma dentro un “loop” infinito dove un sistema elettorale proporzionalistico spinge i partiti a guardarsi l’ombelico, a competere con chi gli è idealmente più vicino, a chiedere agli elettori una “delega in bianco”. Una delega da usare, dopo le elezioni, per allearsi spesso con i più “lontani” pur di formare un Governo che dura sei mesi per poi spaccarsi, ricominciare le trattative, fare l’ennesimo ribaltone, eleggere una nuova Giunta posticcia e così via.
La soluzione c’è, ed è far decidere ai cittadini! “Elezione diretta” significa presentarsi da subito all’appuntamento elettorale con alleanze, programmi e persone a cui affidare gli incarichi apicali già chiari ed espliciti e, su questa base, chiedere il voto impedendo, nel contempo, cambiamenti in corso d’opera senza che si passi da nuove elezioni. I sostenitori della conservazione dell’attuale sistema (quello delle 8 giunte in 6 anni)  affermano che, per superare questo stallo, basta votare  politici migliori. Dicono, implicitamente, che la colpa è nostra, che votiamo le persone sbagliate. Non è così. Non si può dare la colpa ai cittadini. Il sistema istituzionale e le regole “conformano” l’offerta politica e spingono i partiti a fare la proposta che più gli conviene elettoralmente, in quel momento.
La Valle d’Aosta, però, è profondamente cambiata negli ultimi dieci anni e ha bisogno di una svolta. L’elezione diretta ha il pregio di cambiare radicalmente il sistema, obbligando i partiti a cercare i candidati più capaci e credibili di fronte all’opinione pubblica e a formare alleanze più solide e fondate sulle cose da fare.
E’ anche una riforma urgente perché la Valle d’Aosta deve affrontare, una volta per tutte, la crisi economica e modernizzare le proprie istituzioni per esercitare, e non solo declamare, la propria autonomia. Tergiversare ancora significa conservare l’esistente ed esporci ad un declino crescente. Un’ultima considerazione va spesa sulla paura, da più parti sollevata, dell’”uomo solo al comando” e sull’affermazione che questa riforma sia una proposta “presidenzialista”. Niente di più sbagliato. Il “presidenzialismo” comporta una cessione di poteri dalle Assemblee parlamentari al Presidente che, in molti (aberranti) casi assume su di sé sia poteri esecutivi che legislativi. Il futuro Presidente della Regione Valle d’Aosta eletto “direttamente” non avrà più poteri di oggi ma sarà responsabile, di fronte agli elettori e al Consiglio, della coesione della maggioranza, dell’attuazione del programma e del comportamento dei suoi Assessori.
Sarà il “garante” della maggioranza e non il “padrone” come, invece, è avvenuto nel recente passato. Dopo il secondo mandato non sarà più candidabile a nessun ruolo e il Consiglio avrà il nuovo compito, definito per legge, di monitorare l’attuazione delle leggi e valutare le politiche pubbliche tallonando così, meglio di oggi, la Giunta sul proprio operato.  Altre innovazioni potranno essere inserite più avanti sulla base dell’esempio delle altre Regioni italiane che da più di 25 anni adottano questo sistema garantendo alternanza, pluralismo e stabilità. Per quale motivo noi dovremmo essere da meno?

Fabio Protasoni

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