Il cinema di Ralph Bakshi: animazione, innovazione e sovversione

In questo articolo individuale della rubrica “Incontri ravvicinati con AIACE”, Alberto Artioli vi guiderà alla scoperta della vita umana e artistica dell’originale, eclettico e visionario regista e animatore Ralph Bakshi.
Ralph Bakshi
Incontri ravvicinati con AIACE

Nel nuovo articolo della rubrica “Incontri ravvicinati con AIACE” curata dai membri di Aiace Vda, Alberto Artioli vi guiderà alla scoperta della vita umana e artistica dell’originale, eclettico e visionario regista e animatore Ralph Bakshi.

Verso la libertà artistica: l’esordio di Ralph Bakshi tra fumetti, animazione e regia

Ralph Bakshi nasce nel 1938 ad Haifa in Palestina, oggi Israele. La sua famiglia si trasferirà a New York nel 1939. Bakshi racconta come i ricordi della sua infanzia siano legati a Brownsville, nel distretto di Brooklyn, e al melting pot di culture che era possibile incrociare per le sue strade. Nel 1947 la famiglia di Bakshi si trasferirà nuovamente, questa volta a Washington DC, nel quartiere a maggioranza nera di Foggy Bottom. Il giovane Ralph, in periodo di segregazione razziale, frequenterà una scuola per neri. Di lì a poco verrà rimosso dal corpo docente, preoccupato da una possibile reazione violenta dei suprematisti bianchi. La conseguente situazione di forte stress spingerà la famiglia Bakshi a rientrare a Brownsville.

All’età di quindici anni, un Ralph adolescente incontrerà l’animazione grazie ad un libro in biblioteca. Quest’ultima diventerà una vera e propria ossessione che lo porterà a tenere diari illustrati nei quali, da subito, riverserà la sua anarchica visione del mondo. A dispetto degli scarsi risultati accademici, Bakshi riuscirà a finire le scuole superiori, non prima però di essere passato all’istituto di design industriale di Manhattan. Proprio qui il futuro regista incontrerà il suo primo mentore, il cartoonist afroamericano Charlie Allen.
Fresco di diploma, Ralph troverà subito impiego allo studio d’animazione Terrytoon. Dal basso Bakshi si farà strada fino al tavolo degli animatori e contemporaneamente riuscirà a editare alcune strisce a fumetti che gli permetteranno di integrare il misero stipendio offerto dallo studio.

Alla giovane età di 25 anni Bakshi verrà promosso regista, anche grazie alla guida paterna di Connie Rasinski veterano dello studio e del mondo dell’animazione. In pochi anni moltissimi dei lavori di Bakshi per la televisione diventeranno veri e propri classici della cultura pop americana anni sessanta: “L’Uomo Ragno”, “Ettorre Ettorri”, “Bufalo Bau”, “The Mighty Heroes”, “Rocket Robin Hood” e tanti altri.
Ugualmente presto il cineasta si stancherà di lavorare a questo tipo di produzioni imputando la propria frustrazione alla ripetitività delle trame e del processo creativo in generale. Nel 1969 apre la propria casa di produzione, Bakshi Productions, che diventerà un passaggio obbligato nel percorso di Ralph per disporre della tanto agognata libertà artistica.

Cinquant’anni di film: dagli anni Settanta a oggi

Fritz Il Gatto

Il primo lungometraggio animato della casa di produzione sarà la trasposizione filmica di “Fritz Il Gatto” del 1972. Il personaggio, tratto dalle strisce indipendenti del maestro Robert Crumb, è perfettamente aderente al fumetto: un gatto individualista, anarchico e volgare, che vive le sue avventure in una metropoli degradata e senza scrupoli. Il film dipinge uno spaccato urbano che ci presenta una società in rapidissima trasformazione, sempre in contraddizione con sé stessa. Tutte le ipocrisie e le storture del cosiddetto “sistema” vengono esaltate nelle gesta di questo antieroe felino, ponendoci di fronte alla caduta dei valori della cara vecchia America a favore del ritorno personale e del guadagno ad ogni costo.

Heavy Traffic

Nel 1973 sarà la volta di “Heavy Traffic”, primo lungometraggio scritto completamente da Bakshi. Parzialmente autobiografico, il film racconta la storia di un aspirante vignettista, Michael Corleone, che proviene dai bassifondi di una New York assolutamente invivibile e in balia di se stessa. Realizzato con tecnica mista, il lungometraggio alterna animazione a sequenze con attori veri. Ruvido e slabbrato, il film è a tratti visionario, surreale, ma allo stesso tempo crudo, in certi momenti quasi documentaristico. Questa volta gli animali antropomorfi vengono sostituiti da personaggi reali, traghettando tutto quello che vediamo sullo schermo nel reame del possibile. Totalmente in linea con il cinema contemporaneo dell’epoca, il film è influenzato dal lavoro di registi come Scorsese e Ford Coppola per poi diventarne influenza a sua volta. Elementi del cinema sperimentale, in prevalenza Warholiano, convivono con accenni che richiamano alla mente il neorealismo e la Nouvelle Vague francese. 

Entrambi i lavori avranno un discreto successo al botteghino, il valore artistico degli stessi, però, verrà subito liquidato ponendo l’accento più sulla volgarità e la controversia di alcune scene destinate esclusivamente ad un pubblico adulto che per il commentario sociale insito nelle opere stesse. Ovviamente questo non demoralizzerà Bakshi, anzi lo spingerà ad estremizzare ulteriormente il modo in cui veicolare il proprio messaggio.

Coonskin

Frame del film Cookin
Frame del film “Coonskin”

Così il 1975 diventa l’anno di “Coonskin”, il terzo lavoro firmato Bakshi Productions. Un lungometraggio che mescola elementi di blaxploitation a stereotipi razziali in una giustapposizione di citazioni da “I Racconti Dello Zio Tom” fino ad “Il Padrino”. Tutto ciò permette la messa in scena di una serie di quadretti sordidi, volgari e razzisti che raccontano l’ascesa nel mondo del crimine di un orso, un coniglio ed una volpe ad Harlem. La satira di denuncia nei confronti della società americana è lampante. Il film pesca a piene mani nell’infanzia e nell’adolescenza del regista, permettendogli di esprimere una critica feroce nei confronti del mondo in cui è cresciuto. Bakshi, dallo schermo, alza uno specchio in cui il pubblico si può riflettere, mettendo a nudo il trattamento riservato alla comunità nera, i pregiudizi e soprattutto i soprusi perpetrati a danno delle minoranze.
La tecnica è ancora una volta mista, per rendere il contesto urbano dell’ambientazione viene inserita graffiti art all’ interno del lavoro e il commento musicale è sapientemente scelto tra classici del jazz e del blues. “Coonskin” riceverà un’accoglienza contrastante, verrà spesso criticato dagli stessi gruppi a cui si rivolge, i quali ne traviseranno il contenuto. 

Hey Good Lookin’

Da qui Bakshi si imbarcherà ancora nella realizzazione di un nuovo lungometraggio a tecnica mista “Hey Good Lookin’” dove, questa volta, attori reali e personaggi animati interagiranno nell’intreccio. Il film, sempre ambientato a New York, racconta la storia di una gang italo americana negli anni Cinquanta. A causa del clamore suscitato dal precedente “Coonskin”, “Hey Good Lookin’” verrà fermato prima di essere distribuito. Il film vedrà la luce solo nel 1982, non prima di essere completamente rimaneggiato e fortemente edulcorato. Tutte le scene girate con attori reali verranno sostituite da scene d’animazione, al momento della distribuzione nelle sale il budget pubblicitario sarà risibile. Una volta disponibile in vhs, “Hey Good Lookin’” riuscirà a ritagliarsi un pubblico di ammiratori entusiasti tra cui Quentin Tarantino che affermerà di preferirlo a Mean Streets di Scorsese.

Wizards

Nel frattempo, tra il 1976 ed il 1978, Bakshi sarà stimolato a cimentarsi nell’animazione per ragazzi, convinto di poter lanciare un messaggio forte anche rivolgendosi ad un pubblico più giovane. Da questo desiderio nascono i due lungometraggi “Wizards” ed “Il Signore Degli Anelli”. Il primo, tratto da una sceneggiatura originale di Bakshi, presenta un mondo fantasy e allo stesso tempo post atomico. Nel film due fazioni si fronteggiano, una cerca di imporre sull’altra una dittatura guerrafondaia, devota al progresso ed allo sfruttamento incontrollato delle risorse del pianeta. 

Il Signore degli Anelli

Il secondo riprende fedelmente l’opera letteraria di Tolkien. Inizialmente pensato per essere il primo di due lungometraggi distinti, il film si interrompe dopo la battaglia del Fosso di Helm. Una serie di beghe contrattuali e tagli al budget impediranno la realizzazione del secondo capitolo. Primo adattamento cinematografico de “Il Signore degli Anelli”, l’opera di Bakshi diventerà la traccia fondamentale per la trasposizione di Peter Jackson

Se in “Wizards” troviamo personaggi più aderenti all’iconografia tipica del cinema d’animazione per ragazzi, ne Il Signore degli Anelli questo aspetto stilistico scompare a favore di una verosimiglianza più evidente. Grazie alla tecnica del rotoscope utilizzata ampiamente in entrambi i lavori, Bakshi abbatte i costi di produzione ed instilla la sua cifra di crudo realismo all’interno di ciascun lavoro. Bakshi con “Wizards” per la prima volta realizza un lungometraggio destinato anche ad un pubblico di minorenni e lo fa scegliendo di trattare temi importanti e molto “caldi” come l’ecologia, i blocchi contrapposti e i totalitarismi. Il registro che utilizza per comunicare con questa nuova fetta di pubblico è quello di chi è convinto di avere davanti una platea intelligente, aperta al confronto e perfettamente in grado di fruire degli argomenti trattati. Il coraggioso approccio del regista lascerà comunque la critica piuttosto tiepida nei confronti di “Wizards”. La stessa sorte toccherà a “Il Signore Degli Anelli”. Anche di fronte alla scelta di rimanere fedele al testo originale e di non snaturare i personaggi per renderli più digeribili al giovane pubblico, il film verrà tacciato di essere troppo cupo e di mancare di autodisciplina nella regia e nel montaggio.

American Pop

Bakshi, da qui, deciderà di riprendere la strada di progetti più personali e così nel 1981 nascerà “American Pop”. Il film ha origine dal desiderio di animare differenti brani musicali, ma  si tramuterà prestissimo in qualcosa di completamente differente e più articolato.
Il lungometraggio presenta una storia di emigrazione, emarginazione e riscatto vista attraverso le vite di Zalmie, Benny, Tony e Pete. Le storie scandite a suon di musica raccontano un destino condiviso di padre in figlio per quattro generazioni.
La musica accompagna uno dopo l’altro i percorsi di questi personaggi e, mentre il tempo passa, sullo sfondo scorre un’America che muta nelle mode e nei trend, ma rimane sempre coerente nel confinare il diverso ai margini della società. L’unica chance per emergere è assoggettarsi a un sistema che fa del successo l’unico vero valore da perorare ad ogni costo.
Probabilmente qui troviamo la summa della poetica di Bakshi, per tantissimi è il suo lavoro più riuscito, “American Pop” verrà premiato dal pubblico anche al botteghino. Questo ovviamente spingerà il regista alla ricerca di una nuova sfida.

Fire And Ice – Fuoco e Ghiaccio

Il successo commerciale di film come “Conan Il Barbaro”, “Beastmaster” e tutto il filone fantasy legato a barbari e vichinghi daranno al regista la possibilità di lavorare assieme a Frank Frazetta, celebre fumettista, padre di tantissimi personaggi, tra cui proprio Conan, ma soprattutto grande amico. Nel 1982 verrà proiettato nelle sale “Fire And Ice – Fuoco e Ghiaccio”. Il personale sguardo di Bakshi a un genere in voga al momento è sicuramente un’esperienza esteticamente suggestiva, ma a detta della critica trama e scelte di regia rendono il lavoro effimero e inconsistente.

Dopo questa esperienza il cineasta tenterà invano di produrre nuovi e sempre differenti lavori: cercherà di adattare in versione animata “Paura E Delirio A Las Vegas” di Thompson e successivamente “Maggie: Ragazza Di Strada” di Crane. Allo stesso tempo rifiuterà progetti come l’adattamento di “Il Popolo D’Autunno” di Bradbury e “Il Cacciatore Di Androidi” di Dick, passerà quest’ultimo all’amico Ridley Scott che ne trarrà “Blade Runner”. Ecco così che l’impossibilità di lavorare su soggetti da lui scelti riporterà Bakshi alla televisione, ai cartoni animati del sabato mattina. Il regista lo farà con grande mestiere e moltissimo successo.

Fuga Dal Mondo Dei Sogni


L’occasione di lavorare di nuovo per il cinema si ripresenterà solo nel 1992 con “Fuga Dal Mondo Dei Sogni”. Sull’onda lunga del successo di “Chi Ha Incastrato Roger Rabbit?” Kim Basinger, Brad Pitt e Gabriel Byrne prendono parte ad un noir che si svolge tra il mondo reale ed il mondo dei cartoni animati. La tecnica mista è sempre centrale come elemento distintivo del regista, purtroppo l’accuratezza delle animazioni e la qualità del disegno non riescono a risollevare un progetto che rispetto alla sceneggiatura originale risulta completamente adulterato. L’intenzione di Bakshi era di girare la storia di un essere ibrido alla ricerca di vendetta verso ciascuno dei mondi che lo aveva generato. Il copione sarà più volte tagliato, riscritto e modificato su pressioni di studios e cast: trama, regia e montaggio di conseguenza risultano poco coesi, quasi svolti con superficialità. In seguito all’insuccesso di “Fuga Dal Mondo Dei Sogni”, Bakshi si ritirerà progressivamente a vita privata preferendo la pittura all’animazione.

Last Days Of Coney Island

Nel 2015 ci sarà ancora spazio per un’opera completamente indipendente dal titolo “Last Days Of Coney Island”. Il cortometraggio, che il regista realizza in totale autonomia, propone una storia urbana che ricorda da vicino i suoi primi lavori, resa con uno stile ancora una volta innovativo. Pittura, animazione, cinema, fotografia, collage, stop motion e rotoscope convivono sullo schermo cercando una nuova strada rispetto all’animazione convenzionale. Quello che vediamo sembra emergere più da una galleria d’arte moderna che dal tavolo di un animatore. Bakshi, oggi nell’ultima fase della sua vita, mette in discussione l’esistenza stessa di quello che è stato il proprio lavoro e quello di tutti i suoi colleghi, dando vita ad un corto certamente animato ma a suo modo postmoderno.

Il lavoro di Ralph Bakshi sempre creativo, spesso di rottura, segnerà ed influenzerà fortemente artisti impegnati anche in discipline completamente altre rispetto all’animazione. Oggi la natura eterogenea della sua produzione, assieme alla capacità di fondere un amplissimo ventaglio di influenze e tecniche, portano la critica a definire il suo operato come “arte animata”. 

di Alberto Artioli

 

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