Sciopero globale delle donne, ne avete mai sentito parlare?
Dal 2017 il movimento Non una di meno, che raccoglie numerose associazioni, collettivi femministi italiani e la rete nazionale dei centri antiviolenza, promuove lo sciopero globale delle donne. L’8 marzo diventa così l’occasione per parlare di violenza maschile contro le donne e di discriminazioni di genere.
Questo mese vi spieghiamo le ragioni di uno sciopero che negli anni scorsi ha visto la partecipazione di migliaia di donne e che quest’anno è stato cancellato per l’emergenza coronavirus. Niente sciopero delle donne, quindi, ma tante iniziative in tutto il Paese, Aosta compresa.
“Se la mia vita non vale, producete senza di me”, così recitava uno dei tanti cartelli e striscioni esposti in Plaza de Mayo, a Buenos Aires, durante uno dei primi scioperi delle donne organizzato nel paese sudamericano e che da lì si è diffuso come pratica politica in tutto il mondo.
Sono passati quattro anni dal primo sciopero femminista organizzato da vari gruppi e collettivi di donne in Italia proprio sulla scorta delle iniziative delle donne argentine che partivano dalla necessità di combattere il forte incremento di violenze maschili sulle donne nel loro paese. Da subito la pratica si è diffusa presso i movimenti e i gruppi femminili in molti altri luoghi dove i diritti delle donne sono sistematicamente negati e dove la violenza di genere è dilagante. Il nostro paese, purtroppo, non fa eccezione: in molte regioni italiane il diritto all’aborto è messo costantemente in discussione dalla carenza di medici non obiettori nelle strutture sanitarie pubbliche, il mercato del lavoro è fortemente discriminatorio, soprattutto in periodi di crisi economica, e le donne risultano maggiormente ricattabili.
Molti, e spesso sommersi, sono i casi di mobbing subito dalle neomamme che sono indotte ad essere gradualmente espulse dal mondo produttivo, la disparità dei salari e l’alta precarizzazione del lavoro femminile sono fatti all’ordine del giorno, incontrovertibilmente comprovati da dati e statistiche. Fra le donne più esposte allo sfruttamento e alle violenze vi sono le lavoratrici nell’agricoltura, soprattutto se straniere, e non si possono dimenticare le ingiustizie a cui sono quotidianamente esposte le badanti.
L’idea dello sciopero è stata fin da subito quella di “congelare” il lavoro delle donne, compreso quello non riconosciuto e non retribuito, allo scopo di renderne visibile la capillarità e la centralità economica a dispetto delle numerose discriminazioni. Le donne argentine, e con loro tutte le donne del mondo, hanno voluto mostrare attraverso lo strumento di lotta politica dello sciopero, nei termini di una sfida simbolica ma non solo, che se la vita delle donne può essere disprezzata, sacrificata ed emarginata allora si deve rinunciare al loro lavoro, al loro apporto produttivo e riproduttivo.
Se è possibile in questo 2020 colpito da gravi crisi economiche, ambientali e sanitarie, lo sciopero delle donne, per quanto simbolico, ha ancora più senso. Attraverso le diverse iniziative che – “contagio” permettendo – si svolgeranno in varie parti d’Italia, i movimenti femministi torneranno a chiedere autonomia e libertà di scelta sui corpi e sulle vite delle donne, prenderanno parola e visibilità per opporsi alla violenza, ma anche alle logiche prevaricatorie, razziste e autoritarie che, in momenti di crisi e di paure inoculate strumentalmente, si rafforzano e colpiscono tutti, a partire dai soggetti più fragili ed esposti.
Per questo motivo l’associazione Dora – donne in Valle d’Aosta anche quest’anno sarà presente con un banchetto informativo per incontrare chi vorrà confrontarsi su questi e altri temi e per raccontare le attività e i progetti futuri. L’appuntamento è per lunedì 9 marzo, alle Porte pretoriane, dalle 16 alle 19.
Francesca Schiavon