La salute in un grappolo d’uva
Mentre le calde giornate estive velocemente si accorciano, le notti diventano fresche e aumenta la differenza termica tra il giorno e la notte, nelle vigne i grappoli d’uva si arricchiscono di aromi e profumi, caratteristiche che faranno del vino un prodotto di altissima qualità. Lo sanno bene i produttori valdostani che, nella rassegna internazionale dei vini di montagna svoltasi dall’1 al 3 luglio a Courmayeur, su 450 vini in concorso provenienti da 7 Paesi europei, sono riusciti a portare a casa 12 premi.
Ma l’uva, il frutto della pianta Vitis vinifera, oltre ad essere l’ingrediente per eccellenza del vino, sta sempre più acquistando prestigio per il suo valore nutraceutico.
Nutraceutica è un neologismo da “Nutrizione” e “Farmaceutica” coniato dal dott. Stephen De Felice nel 1989, indica lo studio di quegli alimenti particolarmente ricchi in composti ad azione farmacologica la cui assunzione può avere un effetto benefico sulla salute dell’uomo. Il mondo scientifico e accademico è sempre più orientato allo studio di questi alimenti; in Italia nel 2009 è stata fondata la Società Italiana di Nutraceutica (www.sinut.it) che raccoglie i più importanti studi del settore e ogni anno, in un congresso che vede l’adesione di un numero sempre più elevato di relatori e di partecipanti, vengono presentati i più importanti risultati. Gli alimenti che sono oggetto di numerosi studi sono le spezie, in particolare il curry a base di curcuma, il cioccolato fondente, i legumi, le brassicacee e l’uva.
Ma perché l’uva è un alimento così interessante per la salute umana?
I composti biochimici più interessanti dell’uva, da un punto di vista nutraceutico, sono i fenoli presenti nella buccia e nei semi, composti la cui magistrale gestione nel processo di vinificazione determina la qualità organolettica del vino.
Per la salute umana i fenoli sono degli importanti antiossidanti, cioè sono in grado di annullare l’azione dei radicali liberi, molecole prodotte chimicamente da numerosi processi metabolici, molto reattivi a causa della presenza di legami molecolari non stabili e che, quindi, tendono a raggiungere la stabilità legandosi con qualsiasi struttura molecolare che incontrano nell’organismo umano; i radicali liberi colpiscono soprattutto il DNA, ovvero il patrimonio genetico della cellula, e i mitocondri, le strutture indispensabili per la produzione di energia. I radicali liberi vengono neutralizzati, cioè resi innocui, dagli antiossidanti; se però prevale la produzione di radicali, si viene a creare un danno che, a medio e lungo termine, procura una progressiva usura di corpo e mente, il cosiddetto stress ossidativo, causa dell’invecchiamento e della morte cellulare.
L’Università di Boston, in uno studio approfondito risalente agli anni ’80, ha stabilito una misura del potere antiossidante dei vegetali definita “ORAC” (Oxygen Radical Absorbance Capacity, capacità di assorbire il radicale ossigeno) analizzando un gran numero di vegetali: ai vertici della classifica si trova il succo d’uva nera, circa 1200 ORAC per porzione, seguito dai mirtilli, dal cavolo verde, dagli spinaci cotti, dalla barbabietola rossa, dalle more e dalle prugne, tutti vegetali che sono in assoluto gli alimenti con il più alto potere antiossidante.
Nel 2015 l’Institut Agricole Régional di Aosta ha presentato l’attività dell’unità di ricerca Nutralp Vda “Nutraceutici in Valle d’Aosta”, una ricerca focalizzata sulla caratterizzazione della presenza di antiossidanti in alcune uve di antiche cultivar valdostane (Petit Rouge, Fumin e Premetta) e i primi risultati sono davvero interessanti: la prima parte della ricerca ha evidenziato come antiche varietà, coltivate in particolari condizioni di radiazione solare, altitudine e clima rigido, hanno un caratteristico profilo del contenuto fenolico; in una fase successiva l’indagine riguarderà la valutazione della capacità degli estratti dalle bucce e dai semi di prevenire i danni cardiovascolari.
E’ risaputo che l’uva protegge il sistema cardiocircolatorio, così come lo sanno bene i francesi, che nonostante siano dei grandi divoratori di burro e formaggi, quindi consumatori di una notevole quantità di grassi saturi, siano meno soggetti a problematiche vascolari rispetto ad altre popolazioni con un regime alimentare simile ma con un ridotto consumo di vino rosso; il fenomeno è conosciuto come paradosso francese. Il merito sembrerebbe del resveratrolo, un potente fenolo dalle proprietà antiossidanti e antitumorali, presente soprattutto nell’uva nera.
Quando si parla dei benefici del vino non bisogna dimenticare di dare uno sguardo all’altra faccia della medaglia, cioè che si tratta di una bevanda alcolica il cui uso smoderato può provocare più danni che benefici; maggiormente colpiti sono proprio il sistema cardiocircolatorio e il fegato, soprattutto se gli eccessi sono avvenuti in giovane età.
Come sempre la virtù sta nel mezzo: un bicchiere di buon vino a pasto appaga il palato e la salute.
E poi per i bambini l’uva è un ottimo pasto da consumare o come merenda o come spuntino, sicuramente comodo da portare a scuola e, perché no, anche in palestra.