Le patate sono il frutto della Solanum tuberosum, una pianta della famiglia delle Solanacee arrivata in Europa dopo la scoperta dell’America e sono tra i prodotti della terra più amati da tutte le generazioni: fritte, al forno, al vapore o trasformate in purè … come farne a meno!
A inventare le patatine fritte fu un cuoco indio-americano, George Crum. Era una sera d’estate del 1853, quando al Moon Lake, il ristorante di lusso di Saratoga Springs (New York) dove lo chef lavorava, approdò l’esigente magnate delle ferrovie Cornelius Vanderbilt. L’imprenditore aveva rimandato indietro per ben tre volte un piatto di patate perché non erano abbastanza sottili per il suo palato. Esasperato Crum decise allora di vendicarsi: tagliò le patate in fette sottilissime, immaginando che, una volta fritte, sarebbero state troppo dure per essere mangiate. Al contrario, Vanderbilt fu entusiasta della ricetta e il piatto divenne una specialità del ristorante. Qualche anno dopo Crum aprì un ristorante tutto suo nel quale ogni cliente accomodandosi al proprio tavolo, veniva accolto da un cesto di patatine fritte. Crum non brevettò mai la ricetta e nel 1920 una ditta californiana, la Scudder’s Potato, aprì la strada al consumo di massa, inventando i tipici sacchetti per patatine fritte, studiati per preservare freschezza e croccantezza.
La patata è un tubero molto ricco di potassio, zinco, vitamina C ed è ricco di carboidrati per cui è un’ottima fonte di energia: 100 g apportano 85 kcal. La patata è sempre stato un alimento di sussistenza per le popolazioni di montagna per la caratteristica di dare buone produzioni anche nelle condizioni ambientali dei climi alpini, con estati corte e fresche, e per poter essere conservata durante tutto l’inverno nelle cantina fresche e buie delle case di montagne.
Le patate, quindi, non devono mancare sulla tavola di grandi e bambini, ma con alcuni accorgimenti.
Il 23 aprile l’Istituto Federale per la Valutazione del rischio (Bfr), pubblica un parere in cui pone sotto accusa le patate verdi e germogliate, in quanto troppo ricche di solanina, un glicoalcaloide tossico. Questo prodotto secondario della pianta serve come meccanismo di difesa contro parassiti e germi ma il consumo di patate verdi, germogliate o danneggiate può portare all’avvelenamento attraverso il glicoalcaloide. I casi di avvelenamento minore causano sintomi come nausea, mal di stomaco, vomito e diarrea, a volte accompagnati da febbre. In casi gravi si può avere la compromissione e la perdita di coscienza, anche se è raro che capiti in modo completo; possono verificarsi, inoltre, anche disturbi nella funzione cerebrale, nella respirazione e nel sistema cardiovascolare. Negli ultimi 100 anni ci sono anche segnalazioni di rari casi di avvelenamento mortale. A causa di sintomi non specifici il reale il numero di intossicati potrebbe essere considerevolmente più alto.
Secondo il BfR, la solanina non dovrebbe superare i 100 mg/kg di patate fresche. Il valore è stato dimezzato rispetto alla precedente soglia di 200, riducendo la dose tollerabile a 0,5 mg per kg di peso corporeo. Il provvedimento è stato abbinato a una serie di precauzioni così elencate:
Le patate vanno conservate al buio in un luogo fresco e asciutto;
Quelle vecchie, disidratate, verdi o con molti germogli non sono adatte al consumo (evitare anche le bucce);
Le parti verdi e i cosiddetti “occhi” vanno rimossi;
Chi vuole consumare anche le bucce, dovrebbe scegliere patate fresche e senza danni all’esterno;
Non consumare piatti a base di patate con un gusto amaro;
Evitare di dare ai bambini piccoli patate con la buccia;
Sostituire regolarmente l’olio per la frittura delle patate.
La patata, quindi, non dovrebbe mancare nell’alimentazione di bambini, adulti e anziani, a condizione che sia stata conservata in ambiente fresco e che non sia germogliata o verde; tra i metodi di cottura è preferibile scegliere la cottura al vapore perché induce un minore innalzamento dell’insulina nel sangue rispetto alla patata fritta o cotta al forno ed il piatto finale, a parità di peso di prodotto utilizzato, è anche meno ricco di grassi e calorie.
Per maggiori informazioni
Silvana Piotti
Dottore in Scienze Agrarie
Naturopata
Consulente per la sicurezza alimentare
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www.silvanapiotti.com
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