Per alcune settimane, nei mesi scorsi, sulle reti Rai e Mediaset sono stati proiettati gli spot dell’olio di palma sostenibile, ma con quale budget non è trapelata alcuna notizia, qualcuno però ipotizza cifre milionarie.
La campagna è stata promossa da una nuova associazione l’“Unione Italiana per l’Olio di palma sostenibile” a cui aderiscono le principali aziende italiane produttrici di prodotti da forno, gelati, snack, merendine, insomma una “santa alleanza” che riunisce i principali gruppi industriali che utilizzano l’olio di palma. Un’intesa di soggetti così ampia che potrebbe preoccupare, raramente infatti si è vista un’alleanza di così tanti marchi per una battaglia comune.
Una lotta mediatica per contrastare la petizione lanciata dal sito www.change.org, che dallo scorso dicembre è stata firmata da oltre 169.000 persone per chiedere al Ministero della Salute e agli enti pubblici l’esclusione degli alimenti, che contengono l’olio di palma, dalle pubbliche forniture di alimenti (mense scolastiche, ospedaliere e aziendali), nonché dai distributori automatici collocati in scuole e pubblici edifici; inoltre nella petizione si chiede ai supermercati di escludere l’olio di palma dalle forniture dei prodotti con il loro marchio oltre che alle industrie agroalimentari di impegnarsi a formulare nuove “ricette” che escludono l’olio di palma al fine di tutelare il cibo “Made in Italy”.
Ma perché tutto questo interesse culturale ed economico, dietro questo ingrediente, fino a qualche anno fa sconosciuto?
L’olio di palma è una sostanza fino ad oggi camuffata dietro la scritta “olii e grassi vegetali”. Per rendersi conto di quanto questo ingrediente sia diffuso basterebbe dire che è il grasso principale di quasi tutte le merendine, i biscotti, gli snack dolci e salati, le creme in vendita nei supermercati. E’ un ingrediente molto utilizzato perché molto simile al burro, è solido a temperatura ambiente, quindi facilmente lavorabile, con contenuto di grassi saturi dal 50 all’80 per cento, ed è reperibile sul mercato ad un costo molto basso.
E’ proprio il suo contenuto in grassi saturi molto elevato che rende questo ingrediente dannoso per la salute; in un documento dell’Istituto Superiore della Sanità, del 26 febbraio 2016, si addita all’uso diffuso dell’olio di palma l’eccesso di assunzione di acidi grassi saturi nei bambini (+49%). I grassi saturi, oltre a predisporre all’obesità, sono colpevoli di formare ateromi nei canali della grande circolazione arteriosa, cioè formano placche di deposito di grassi, fibre e proteine che possono predisporre ad arteriosclerosi oppure indurre processi infiammatori che possono danneggiare le arterie portando ad emorragie, ictus, ischemie, infarti.
Basterebbe sostituire l’olio di palma con altri olii più ricchi di mono e polinsaturi (girasole, mais, oliva) per normalizzare l’assunzione di grassi saturi nella dieta dei bambini nonché degli adulti; basti pensare che in una colazione con 5 biscotti di pezzatura media dei principali produttori si ingeriscono dagli 8 ai 12 g di olio di palma e circa 2 g di burro.
Sul sito dell’Unione olio di palma sostenibile (www.oliodipalmasostenibile.it) sono state pubblicate interviste con esperti del settore che difendono l’uso dell’olio di palma nei prodotti alimentari, ma dopo il documento del Ministero della Sanità del 26 febbraio, a cui il mondo mediatico non ha dato nessuno spazio, a livello europeo si esprime l’European Food Safety Authority (EFSA). Il 3 maggio 2016 l’EFSA, la più autorevole istituzione europea in materia di sicurezza alimentare, analizza la presenza di alcuni glicidil esteri che si formano nella lavorazione di alcuni alimenti, in modo particolare dei grassi vegetali che durante la raffinazione vengono sottoposti ad alte temperature, evidenziando come la maggiore quantità di queste sostanze ritenute genotossiche e cancerogene si formano nell’olio di palma, seguito da altri oli vegetali. Notizia positiva è che dal 2010 al 2015 la quantità di queste sostanze tossiche nell’olio di palma raffinato si sono dimezzate grazie a misure adottate volontariamente dai produttori, ma la stessa autorità non ne ha ancora stabilito i limiti di sicurezza per la salute umana.
Insomma tra colpi di petizioni e campagne televisive le principali industrie dei prodotti da forno si sono impegnate a togliere l’olio di palma dai propri prodotti: tutela della salute pubblica o paura di perdere una grossa fetta di mercato? Ad oggi si contano sul mercato 220 biscotti “oil palm free”.