Cosa ci riserva il cielo del mese di febbraio?
Le fasi della Luna
Luna nuova il 1° febbraio, Primo quarto l’8, Luna piena il 16, Ultimo quarto il 23.
La Luna piena di febbraio presso i nativi americani
Presso alcune popolazioni stanziate presso il Canada e la parte più settentrionale degli odierni Stai Uniti d’America la Luna piena di febbraio veniva chiamata Snow Moon, la Luna della Neve – La luna di febbraio era chiamata così dato che in questo periodo si verificavano le nevicate più abbondanti. Alcune tribù utilizzavano il nome “Luna della Fame” per l’evidente difficoltà di procacciarsi cibo in questo periodo.
Venere in versione mattutina
Per tutto febbraio il pianeta più luminoso tra tutti sarà ben visibile, a partire dalle ore 6.30, a un’altezza di 7-8 gradi, in direzione sud est. Si muove per tutto il mese nella costellazione del Sagittario.
Giove se ne va
Visibile dopo il tramonto del Sole fino alle 18.30 circa, il pianeta gigante del Sistema Solare si sta lentamente avvicinando alla congiunzione, il periodo di tempo in cui non sarà più osservabile in quanto “immerso” nel chiarore del Sole. Ritornerà a farsi vedere prima dell’alba a partire dai primi di maggio.
La costellazione del mese: Gemelli, ma diversi
La costellazione dei Gemelli appare come un grande rettangolo allungato piuttosto facile da individuare a nord est di Orione. Le due stelle principali portano i nomi di Castore e di Polluce, i due Dioscuri figli del re Tindaro e della regina Leda.
Dal punto di vista astronomico, però, sono “gemelli” per modo di dire, in quanto Castore appare bianco-azzurra e il colore di Polluce vira verso l’arancione. La diversità cromatica si può facilmente constatare a occhio nudo con la tecnica del confronto, osservando in modo alternato le due stelle fissando ciascuna per pochi istanti. Dopo tre o quattro passaggi la differenza balzerà (letteralmente) agli occhi. In questo procedimento noteremo anche il loro divario di luminosità: Polluce è più brillante di Castore di circa mezza magnitudine. Una terza importante differenza è di tipo fisico: attualmente risulta che Polluce è una stella singola, mentre di Castore, grazie all’utilizzo di sofisticati strumenti scientifici e di apposite tecniche di osservazione, è stato appurato costituire addirittura un sistema sestuplo.
Il Grande Carro nell’Orsa Maggiore
Le costellazioni circumpolari sono quelle che, situate vicino alla Stella Polare (a sua volta prossima al Polo Nord celeste, il centro di rotazione apparente del cielo), non tramontano mai, a meno della presenza di ostacoli naturali verso nord, come colline e montagne, o artificiali come palazzi e altre strutture in città.
Questo mese parliamo del Grande Carro che, attenzione, non è una costellazione, ma l’asterismo, ossia il “disegno di stelle” contenuto all’interno della costellazione dell’Orsa Maggiore, di cui rappresenta il dorso e la coda.
Questo mese attorno alle 20.30 la sagoma del Grande Carro è perfettamente visibile verso nord est. E’ costituita da sette stelle che formano il vero e proprio carro, a forma di trapezio, più in basso e un allineamento semicircolare di tre stelle, il timone, in alto.
Prendendo le due stelle del Carro più lontane dal timone (Merak e Dubhe) e allineandole verso ovest (verso “sinistra”) è possibile traguardare la posizione della Stella polare, che appartiene al Piccolo Carro (vedi l’immagine qui sopra).
“Polvere di stelle” nell’Auriga
Alto nel cielo, in direzione sud-ovest, si nota un gruppo di stelle a forma di pentagono irregolare: è l’Auriga, il Cocchiere.
La sua stella più luminosa, Capella (rappresentava per i greci la capretta Amaltea che allattò Giove infante) risplende con il suo bel colore giallo.
All’interno dell’Auriga si può scorgere, anche solo con un piccolo binocolo, M37, un ammasso aperto di circa 500 stelle distante da noi 4000 anni luce. Appare come un insieme di stelle molto fitto e suggestivo: lo abbiamo infatti soprannominato “polvere di stelle”!
M37 comprende anche alcune stelle di colore rosso, in fase evolutiva più avanzata delle loro “consorelle”, che permettono di stimare l’età dell’ammasso in circa 300 milioni di anni.
A cura di Paolo Recaldini
La rubrica “Un, due, tre stella!” è realizzata dalla Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS con il contributo della Fondazione CRT.