L’ultima “Superluna” d’autunno e lo spettacolo delle stelle cadenti: il cielo di dicembre

La Luna piena di dicembre conclude la sequenza di tre Superlune di quest’autunno. Assieme alle Perseidi di agosto e alle Leonidi di novembre, l’appuntamento con le Geminidi è tra più attesi, a causa della buona media di stelle cadenti potenzialmente visibili.
La nebulosa a emissione IC 410 avvolge l’ammasso aperto NGC 1893: il complesso si trova a oltre 12.000 anni luce di distanza, nella costellazione dell’Auriga. La splendida immagine è stata scattata dal vallone di Saint-Barthélemy, frazione di Porliod. Credit: cortesia Riccardo Civati (https://app.astrobin.com/u/AstroReghe#gallery) per la Fondazione C. Fillietroz-ONLUS
Un, due, tre stella!

Nel mese di dicembre proponiamo spettacoli al Planetario, in programma al sabato pomeriggio, e visite guidate notturne in Osservatorio Astronomico, in programma al venerdì e sabato sera, con prenotazione online obbligatoria. 

Sabato 27, lunedì 29, martedì 30 dicembre 2025 e venerdì 2, sabato 3, lunedì 5 gennaio 2026 proponiamo aperture straordinarie del Planetario e dell’Osservatorio Astronomico in occasione delle vacanze di Natale e dell’inizio dell’Anno nuovo.

Inoltre, non perdete la Conferenza di stagione-Autunno 2025, che si terrà lunedì 15 dicembre 2025 alle ore 21.00 alla Biblioteca Regionale “Bruno Salvadori” di Aosta. Il nostro ricercatore Matteo Calabrese spiegherà come il team della missione Euclid studia l’universo su grande scala grazie alle simulazioni, cioè degli universi… fai da te!

Per informazioni e prenotazioni, consultate il nostro sito web.

Ma ora, vediamo cosa ci riserva il cielo del mese di dicembre.

Avvertenza

Ricordiamo che la visibilità degli oggetti celesti varia in base a diversi fattori, come la presenza di ostacoli lungo l’orizzonte, le condizioni atmosferiche e la propria ubicazione geografica. In questa rubrica le posizioni e la visibilità sono indicate per un cielo osservato dal centro Italia.

In ogni caso è consigliabile osservare da un luogo con cielo il più possibile scuro, lontano dalle luci della città, come lo Starlight Stellar Park della Valle d’Aosta, dove si trova il nostro centro di ricerca e cultura scientifica.

Il solstizio

L’hiver est sur ma tête, mais le printemps éternel est dans mon cœur

Vivremo il momento del solstizio, che per l’emisfero boreale della Terra corrisponde all’inizio astronomico della stagione invernale, alle ore 16.03 dei nostri orologi di domenica 21 dicembre. Il Sole sorgerà dal punto più meridionale dell’anno. Di conseguenza, descriverà in cielo l’arco più corto del 2025, segnando così il giorno in cui il Sole resta meno tempo in assoluto sopra l’orizzonte.

Dal giorno successivo le giornate cominciano ad allungarsi, ma per alcuni giorni il Sole sembra sorgere sempre nella stessa direzione, discostandosi di poco dal punto di levata al solstizio, e l’altezza in culminazione non cresce apprezzabilmente. 

Proprio da queste notazioni deriva etimologicamente il termine “solstizio”, dall’espressione latina “sol stat”, ossia “il Sole è fermo”. Per accorgersi dell’allungamento delle giornate, occorrerà attendere almeno tre settimane. Per contro, gli appassionati del cielo notturno potranno avvantaggiarsi della lunga durata della notte astronomica.

La citazione iniziale, attribuita a Victor Hugo, ci ricorda che i fenomeni astronomici, al di là della meccanica celeste, forniscono occasioni di riflessione su ciò che ci circonda e su noi stessi.

La Luna

Le fasi della Luna

Luna piena (anzi, Superluna o Super Luna) venerdì 5, ultimo quarto giovedì 11, Luna nuova sabato 20, primo quarto sabato 27 dicembre.

La Superluna

La Luna piena di dicembre conclude la sequenza di tre Superlune di quest’autunno. Ricordiamo che il termine “Superluna” è un’espressione con cui si indica la Luna piena che si verifica nei pressi del perigeo, cioè il punto dell’orbita del satellite naturale più vicino alla Terra. Infatti durante il reciproco moto nello spazio, la distanza tra la Luna e la Terra varia, risultando compresa suppergiù tra 356.355 km (distanza al perigeo) e 406.725 km (distanza all’apogeo), con una distanza media di 384.400 km.

Essendo “Superluna” soprattutto un’espressione mediatica e non scientifica, non c’è un accordo unanime su quanto la Luna piena debba essere prossima al perigeo perché sia super. Noi facciamo riferimento ai calcoli dell’astronomo statunitense Fred Espenak, mai troppo compianto (ci ha lasciato la scorsa estate a 73 anni), secondo i quali alle ore 00.14 di venerdì 5 dicembre, con la giornata cominciata da neanche un quarto d’ora, la Luna si troverà a 357.219 km dalla Terra. Non è il record per l’anno in corso, stabilito dalla Superluna del 5 novembre, quando il nostro satellite si è trovato ancora più vicino (circa 356.980 km), ma poco ci manca.

Se è vero che il disco della Superluna, visto dalla Terra, è di dimensioni maggiori rispetto alla dimensione media apparente di circa il 10%, ribadiamo che si tratta di una variazione che difficilmente possiamo notare a occhio nudo, senza utilizzare strumenti appropriati. Sarà comunque suggestiva da ammirare, sperando nel meteo favorevole.

Congiunzioni della Luna con pianeti e stelle brillanti

La notte tra il 3 e il 4 dicembre la Luna raggiungerà la massima vicinanza angolare alle Pleiadi. L’evento potrà essere osservato tra le 4.30 e le 5.30 del mattino: con un piccolo telescopio potremo ammirare il bordo lunare avvicinarsi agli astri del celebre ammasso aperto nella costellazione del Toro, occultando alcune stelle, con modalità e tempi che variano a seconda della nostra posizione lungo la penisola.

La posizione della Luna rispetto all’ammasso aperto delle Pleiadi, M45, alle ore 04.00 del mattino del 4 dicembre 2025, osservando il cielo da Roma. Credit: immagine generata con il software Stellarium
La posizione della Luna rispetto all’ammasso aperto delle Pleiadi, M45, alle ore 04.00 del mattino del 4 dicembre 2025, osservando il cielo da Roma. Credit: immagine generata con il software Stellarium

La notte successiva il nostro satellite, in fase piena, si troverà tra le Pleiadi e due brillanti stelle: Aldebaran, l’occhio infuocato della costellazione del Toro, e Capella, la stella più luminosa della costellazione dell’Auriga.  

Tra il 6 e il 7 prima, il 7 e l’8 dicembre poi, la Luna calante si avvicinerà al pianeta Giove e alle stelle Castore e Polluce, le due principali della costellazione dei Gemelli. Il suggestivo quartetto resterà visibile per tutta la notte. Nella prima occasione il nostro satellite naturale si troverà più a occidente dei tre astri, nella seconda sarà invece più a oriente.

La mattina del 10 dicembre, qualche minuto prima delle ore 9.00 e per un’ora circa, la Luna occulterà Regolo, la stella più brillante della costellazione del Leone. L’evento avverrà di giorno, ma, considerata la luminosità di Regolo, sarà possibile seguirlo con l’ausilio di un telescopio. Le tempistiche precise dipendono dal nostro punto di osservazione.

L’occultazione diurna della stella Regolo (individuata dal circoletto) da parte della Luna, osservando il cielo da Roma: l’immagine a sinistra ricostruisce l’inizio del fenomeno, attorno alle ore 08.50, appena prima che la stella scompaia dietro il bordo illuminato della Luna calante, mentre in quella a destra la vediamo emergere dal bordo in ombra attorno alle ore 09.50. Credit: immagine generata con il software Stellarium
L’occultazione diurna della stella Regolo (individuata dal circoletto) da parte della Luna, osservando il cielo da Roma: l’immagine a sinistra ricostruisce l’inizio del fenomeno, attorno alle ore 08.50, appena prima che la stella scompaia dietro il bordo illuminato della Luna calante, mentre in quella a destra la vediamo emergere dal bordo in ombra attorno alle ore 09.50. Credit: immagine generata con il software Stellarium

Dalle 4 del mattino del 14 dicembre fino all’alba, il nostro satellite apparirà vicino alla brillante stella Spica, nella costellazione della Vergine. Mentre all’alba del 18 dicembre, poco prima del sorgere del Sole, si troverà entro i confini della costellazione dello Scorpione, prospetticamente vicino al pianeta Mercurio.

Infine, la sera del 26 dicembre, la Luna, nella costellazione dei Pesci, apparirà vicina a Saturno. Per non perdere l’appuntamento sarà consigliabile uscire presto perché, a seconda della località e di eventuali ostacoli all’orizzonte, già tra le ore 22.00 e le 23.00 la coppia potrebbe non essere più visibile. 

I pianeti

Ricordiamo che il riferimento per misurare le distanze nel Sistema Solare è l’unità astronomica (UA), che corrisponde alla distanza media che separa la Terra dal Sole. 1 UA è pari a quasi 150 milioni di km. Ne segue che Mercurio e Venere, pianeti più vicini al Sole della Terra, hanno un raggio orbitale inferiore a 1 UA, mentre da Marte in poi il raggio orbitale è superiore a 1 UA.

Mercurio

Nel suo moto orbitale intorno al Sole, Mercurio ha… scavallato, per così dire, spostandosi da una parte all’altra rispetto alla nostra stella dal punto di vista terrestre. Di conseguenza, già a fine novembre è passato dalla visibilità al crepuscolo, dopo il tramonto, a quella nell’aurora, prima dell’alba. Tra il 7 e l’8 dicembre raggiungerà la massima elongazione occidentale, ovvero si troverà assai distante dal Sole, alla sua “destra”. La mattina dell’8 dicembre sarà il momento ideale per tentare di individuarlo, per esempio tra le 06.00 e le 07.00, guardando verso sud est. Con una magnitudine apparente pari a zero, sarà visibile a occhio nudo, ma data la scarsa altezza sull’orizzonte consigliamo comunque l’utilizzo almeno di un piccolo binocolo per aiutarsi nella caccia allo sfuggente pianeta. Inizialmente nella costellazione della Bilancia, dal 14 al 17 dicembre attraverserà velocemente quella dello Scorpione, per poi restare nella costellazione dell’Ofiuco dal 18 al 30 dicembre; infine, per festeggiare l’ultimo dell’anno, entrerà in quella del Sagittario proprio il 31 dicembre.

Le posizioni di Mercurio, in alto, e Venere, in basso, rispetto all’orizzonte ideale di Roma alle ore 07.00 del mattino dell’8 dicembre 2025, in direzione sud est: tenendo conto degli ostacoli, dell’atmosfera e della luce del Sole che sta per sorgere, vedere i due astri non sarà semplice. Credit: immagine generata con il software Stellarium
Le posizioni di Mercurio, in alto, e Venere, in basso, rispetto all’orizzonte ideale di Roma alle ore 07.00 del mattino dell’8 dicembre 2025, in direzione sud est: tenendo conto degli ostacoli, dell’atmosfera e della luce del Sole che sta per sorgere, vedere i due astri non sarà semplice. Credit: immagine generata con il software Stellarium

Venere

Dal punto di vista terrestre, si sta spostando alle spalle del Sole, quindi sarà in cielo in pieno giorno, ma non potremo scorgere il pianeta perché immerso nella luce della nostra stella. Dobbiamo attendere il prossimo anno perché torni visibile, come stella della sera. Il suo spostamente tra le costellazioni ricorda quello di Mercurio, perché entrambi si trovano prospetticamente vicino al Sole: dalla costellazione della Bilancia, attraversa quindi quella dello Scorpione dal 3 al 6 dicembre, mentre dal 7 al 21 dicembre sarà in quella dell’Ofiuco, infine dal 22 dicembre si muoverà nel Sagittario.

Marte

Di fatto è inosservabile, perché si sta avvicinando alla congiunzione superiore con il Sole. Dal nostro punto di vista lo vediamo prima nella costellazione dell’Ofiuco, per poi passare l’11 dicembre in quella del Sagittario, dove resterà anche all’inizio dell’anno prossimo.

Giove

Si trova all’interno della costellazione dei Gemelli, in cui rimane per tutto il mese, vicino alle sue stelle più brillanti, Castore e Polluce. La sua luce maestosa, che ci fa capire perché i nostri avi l’hanno intitolato al re degli dei, fa capolino sull’orizzonte nord est verso le ore 20.00 e ci terrà compagnia per tutta la notte. Sarà protagonista delle osservazioni durante le visite guidate notturne: con i telescopi della Terrazza Didattica si notano benissimo il suo disco rotondo, le nubi della sua atmosfera e i quattro satelliti principali.

Saturno

Muovendosi lentamente attorno al Sole, le sue condizioni di visibilità non cambiano granché rispetto allo scorso mese. Appena cala il buio compare già abbastanza alto sull’orizzonte, anticipando sempre di più il tramonto: a inizio mese scompare poco prima delle 01.00, mentre alla fine del mese ci saluta già prima delle ore 23.00. Al telescopio gli anelli appaiono quasi di taglio, perché sono ancora poco inclinati rispetto alla nostra linea di vista. Passa tutto dicembre nella costellazione dell’Acquario, proprio al confine orientale con quella dei Pesci, non lontano anche da quella della Balena.

Urano

Dopo l’opposizione del 21 novembre, il gigante ghiacciato passerà tutto il mese vicino alle già citate Pleiadi, nella costellazione del Toro. Sarà osservabile per quasi tutta la notte, dal tramonto fino a poco prima dell’alba. Con i telescopi della Terrazza Didattica si potrà apprezzare il suo disco, dalla tenue tonalità verde acqua.

Nettuno

L’ultimo pianeta è assai lento nel suo moto apparente sulla volta celeste, permanendo per tutto il mese nella costellazione dei Pesci, proprio nella zona che confina con quella dell’Acquario dove c’è Saturno. Invisibile a occhio nudo, dobbiamo compiere l’osservazione al telescopio nella prima parte della notte, con le stesse indicazioni orarie del suo “vicino” (prospetticamente parlando) Saturno. Come per lo scorso mese, anche a dicembre Nettuno occupa una posizione in cielo prossima al “punto gamma”, o “primo punto d’Ariete”, un riferimento immateriale che indica la posizione che il Sole occupa in cielo all’equinozio della primavera boreale, quando nel suo moto apparente lungo l’eclittica attraversa l’equatore celeste.

Gli sciami meteorici di dicembre

Secondo il calendario dell’International Meteor Organization (IMO), nella notte tra il 13 e il 14 dicembre ci sarà il picco delle Geminidi, uno sciame di meteore (il nome scientifico delle stelle cadenti) attivo di solito dal 4 al 20 dicembre di ogni anno. Come è consuetudine nell’ambito delle meteore, il nome dello sciame deriva dalla costellazione che ospita il punto di origine prospettica di questi oggetti, il radiante, che in questo caso si trova nella costellazione dei Gemelli (in latino Gemini)

Assieme alle Perseidi di agosto e alle Leonidi di novembre, l’appuntamento con le Geminidi è tra più attesi dell’anno, a causa della buona media di stelle cadenti potenzialmente visibili. Inoltre, due caratteristiche rendono uniche lo sciame delle Geminidi tra i maggiori sciami periodici.

In primo luogo, è l’unico che mostra una buona attività prima di mezzanotte, perché il radiante, guardando verso est, è già abbastanza alto in prima serata, raggiungendo i 30° attorno alle ore 21.00, per poi trovarsi sopra la nostra testa verso le 02.00. Ad aiutarci a individuare i Gemelli quest’anno abbiamo anche il pianeta Giove, ospite assai brillante della costellazione.

In secondo luogo, non è prodotto da una cometa, bensì dai detriti lasciati dall’asteroide 3200 Phaethon – anche se studi recenti ipotizzano che l’asteroide possa essere nato dalla frantumazione di un nucleo cometario durante un passaggio ravvicinato intorno al Sole.

La posizione del radiante delle Geminidi è indicata dal circoletto rosa poco distante da Castore, la stella più brillante della costellazione dei Gemelli. In basso vediamo anche il pianeta Giove. Credit: elaborazione di un’immagine generata con il software Stellarium
La posizione del radiante delle Geminidi è indicata dal circoletto rosa poco distante da Castore, la stella più brillante della costellazione dei Gemelli. In basso vediamo anche il pianeta Giove. Credit: elaborazione di un’immagine generata con il software Stellarium

Le Geminidi possono arrivare fino a 120 meteore all’ora. Penetrando nell’atmosfera terrestre a velocità prossime ai 35 km/s, un po’ meno degli altri sciami famosi, possono lasciare scie brillanti e addirittura colorate. La Luna calante non darà fastidio con la sua luce, se non nelle ultime ore della notte.

Stelle e costellazioni visibili nelle serate di dicembre

Pur mantenendo i piedi ben saldi per terra, proviamo ora a esplorare lo spazio viaggiando tra stelle e costellazioni. Ricordiamo che le distanze dello spazio interstellare sono così elevate da misurarsi in anni luce, ovvero un multiplo dei chilometro: un singolo anno luce corrisponde a circa 9.460 miliardi di km, cioè oltre 63.000 unità astronomiche!

Inoltre, quando scriveremo di una stella, indicheremo il nome riconosciuto all’International Astronomical Union (IAU), l’unico ente cui è assegnato ufficialmente il compito di gestire la nomenclatura dei corpi celesti, mettendo tra parentesi: la classificazione di Bayer, ovvero la lettera greca con il genitivo del nome in latino della costellazione, quando esiste; una sintesi delle caratteristiche astrofisiche; la distanza indicativa in anni luce.

Possiamo cominciare le nostre osservazioni nel tardo pomeriggio, perché a dicembre il cielo è già abbastanza scuro attorno alle ore 18.00. A quell’ora si può vedere distintamente, a ovest, la sagoma del Triangolo estivo, costituito dalle stelle Vega (Alpha Lyrae, nana bianco-azzurra, 25 anni luce) nella costellazione della Lira, Altair (Alpha Aquilae, nana bianco-azzurra, 17 anni luce) nella costellazione dell’Aquila, infine Deneb (Alphae Cygni, supergigante bianco-azzurra, distanza compresa tra 1.400 e 2.600 anni luce), nella costellazione del Cigno.

Proprio il fatto che il buio cala presto ci permette di ammirare in questa stagione il Triangolo estivo. Lo chiamiamo così perché in prima serata, d’estate, è sopra la nostra testa. Man mano che la Terra si sposta lungo la sua orbita attorno al Sole, cambia il nostro punto di vista e questi astri scivolano gradualmente, ma inesorabilmente verso occidente.

Specifichiamo che il Triangolo estivo è un asterismo e non una costellazione. Con questo termine si indica un disegno formato da stelle che non è stato codificato tra le 88 costellazioni approvate dall’IAU.

In prima serata, possiamo vedere alto sopra l’orizzonte in direzione sud ovest il Grande quadrato di Pegaso, asterismo che abbiamo descritto in dettaglio nel cielo del mese di novembre. Girandoci dall’altra parte, verso nord est, notiamo un gruppo di stelle a forma stavolta di poligono irregolare. Si tratta dell’Auriga, ovvero il cocchiere delle bighe e dei carri dei nostri avi.

La stella più luminosa di questa costellazione è Capella (Alpha Aurigae, sistema multiplo di quattro stelle, 43 anni luce). Il suo nome, che deriva dal latino per “capretta”, segnala che nel disegno rappresentava la capretta Amaltea che allattò Zeus, cioè Giove per i Romani, quando era un infante.

Anche se a occhio nudo vediamo la stella come un singolo puntino, in realtà è una stella multipla formata da ben quattro componenti, legate tra loro dalla reciproca gravità. Il sistema è composto da una doppia coppia: da una parte Capella Aa e Capella Ab, entrambe stelle giganti di colore giallo brillante, con una temperatura esterna analoga a quella del Sole, attorno ai 5.500 gradi, ma una massa circa due volte e mezza superiore; dall’altra parte Capella H e Capella L, entrambe nane rosse meno massicce e meno calde del Sole, quindi intrinsecamente meno luminose. La luce che vediamo è sostanzialmente quella combinata delle due stelle gialle. Tra una coppia e l’altra ci sono circa 10.000 UA: sembra tanto e in effetti lo è, anche se si tratta di meno di un sesto di un anno luce.

La costellazione dell’Auriga, con sovraimpressi un possibile disegno (linee azzurre) e la relativa figura immaginaria; sono indicati anche i nomi delle stelle principali. Credit: immagine generata con il software Stellarium
La costellazione dell’Auriga, con sovraimpressi un possibile disegno (linee azzurre) e la relativa figura immaginaria; sono indicati anche i nomi delle stelle principali. Credit: immagine generata con il software Stellarium

All’interno dell’Auriga si può scorgere, già con un piccolo binocolo, M37, un ammasso aperto di circa 500 stelle distante da noi 4.000 anni luce. Nel cielo buio dello Starlight Stellar Park di Saint-Barthélemy, nelle notti senza Luna lo si nota perfino a occhio nudo, come una debole macchia di luce soffusa. Quando lo osserviamo con i telescopi della nostra Terrazza Didattica, appare come un insieme di stelle molto fitto e suggestivo, simile a un fuoco d’artificio fotografato nel momento in cui esplode. L’età dell’ammasso è stimata attorno a 300 milioni di anni.

Ancora più a est possiamo scorgere, nella costellazione del Toro, l’inconfondibile gruppetto delle Pleiadi, noto anche come M45. Si tratta di un altro ammasso stellare aperto, a circa 400 anni luce da noi e formato da un migliaio di stelle più giovani di M37: sono infatti accese da appena… un centinaio di milioni di anni!

Volete vedere un ammasso stellare ancora più giovane? Ve lo possiamo mostrare grazie all’Astrocopertina del mese, realizzata dall’astrofotografo Riccardo Civati. In questa splendida immagine, ripresa dal vallone di Saint-Barthélemy, a Porliod, possiamo ammirare la nebulosa a emissione IC 410. Consiste in una nube di polveri e gas, soprattutto idrogeno ionizzato, situata a circa 12.000 anni luce, sempre nella costellazione dell’Auriga.

IC 410 è soprannominata “Nebulosa Girino”, o “Nebulosa Girini”,  a causa di quelle curiose strutture che vediamo nella parte destra della fotografia, che con un po’ di fantasia possono ricordare un paio di girini che nuotano (sia detto per inciso, nessuno si può lamentare della fantasia dei nostri antenati che nel poligono irregolare dell’Auriga immaginavano un cocchiere che guida il carro con in braccio tre caprette). Queste propaggini, così come tutta la nebulosa nel suo complesso, sono modellate dai potenti flussi di energia e particelle emessi dalle stelle dell’ammasso aperto NGC 1893, che compare al centro della nebulosa. Se l’ordine di grandezza delle età di M37 e M45 è delle centinaia di milioni di anni, per NGC 1893 si stima che le stelle possano essere accese da 4 milioni di anni o poco meno: un vero e proprio battito di ciglia, in termini di evoluzione stellare, che ne fa uno degli ammassi aperti più giovani che si conoscano!

La nebulosa IC 410 ha un diametro indicativo di 100 anni luce: ciascun “girino” preso singolarmente è lungo un decina di anni luce.

La costellazione zodiacale del mese: l’Ariete 

Le Pleiadi ci aiutano a individuare la debole costellazione dell’Ariete, visibile in prima serata a occidente dell’ammasso più volte ricordato in questa puntata.

Foto della costellazione dell’Ariete, con sovraimpressi i confini della costellazione (linee chiare) e un possibile disegno (linee verdi). Sulla sinistra è riconoscibile l’ammasso delle Pleiadi, nell’adiacente costellazione del Toro. L’immagine è tratta dal sito web 88 Constellations Project dello statunitense NOIRLab. Credit: E. Slawik/NOIRLab/NSF/AURA/M. Zamani
Foto della costellazione dell’Ariete, con sovraimpressi i confini della costellazione (linee chiare) e un possibile disegno (linee verdi). Sulla sinistra è riconoscibile l’ammasso delle Pleiadi, nell’adiacente costellazione del Toro. L’immagine è tratta dal sito web 88 Constellations Project dello statunitense NOIRLab. Credit: E. Slawik/NOIRLab/NSF/AURA/M. Zamani

Nel mito greco questa costellazione rappresenta Crisomallo, ariete magico di cui Frisso, l’eroe figlio di Atamante, si avvale per scappare dalle ire della matrigna Ino, portando con sé sua sorella Elle. L’animale, caro dalla dea Era, poteva comprendere le parole umane e perfino volare. Dalla penisola ellenica Elle e Frisso, a dorso dell’ariete volante, si dirigono così verso la Colchide, regione sul Mar Nero che oggi si trova nello stato caucasico della Georgia. Purtroppo nella concitazione della fuga Elle cade e annega: da allora il braccio di mare dove trova la morte, nei pressi dello stretto di Dardanelli che separa Grecia e Turchia, ha preso il nome di Ellesponto.

Lo stesso animale mitico è quello a cui appartiene il leggendario Vello d’oro, di cui Giasone e i suoi compagni vanno alla ricerca nella famosa spedizione a bordo della nave Argo (un tempo anch’essa rappresentata da un’estesa costellazione che è ora divisa nelle tre costellazioni Poppa, Vele e Carena).

La stella Hamal (Alpha Arietis, gigante arancione, 65 anni luce) è la più brillante della costellazione, anche se non così tanto da catturare immediatamente la nostra attenzione. Il suo nome deriva dall’arabo medievale: il termine “rās al-ħamal” significa “la testa d’ariete”. La sua massa è una volta e mezzo quella del Sole e il suo raggio è quindici volte quello della nostra stella, mentre la temperatura degli strati esterni inferiore è più bassa di quella solare, essendo attorno ai 4.200 gradi.

La stella Sheratan (Beta Arietis, coppia formata da una nana bianco-azzurra e nana gialla, 60 anni luce) è una binaria spettroscopica. Con questo termine si intende una stella doppia in cui le due componenti ruotano reciprocamente una attorno all’altra a una distanza così ravvicinata da non essere distinguibili otticamente una dall’altra. Già all’inizio del XX secolo, però, l’analisi della luce di Sheratan per via spettroscopica ha rivelato che si trattava della miscela delle emissioni di due stelle distinte. Successivamente, l’ausilio di complesse tecniche interferometriche ha confermato la natura binaria.

Tra le due stelle, quella nettamente più luminosa è Beta Arietis A, alla quale dobbiamo quasi tutta la luce che apprezziamo a occhio nudo. È una stella bianco-azzurra con massa e raggio pari a due volte la massa e il raggio del Sole e con temperatura esterna di circa 9.000 gradi. La sua compagna Beta Arietis B è relativamente più debole, assomigliando abbastanza al Sole come dimensione, massa e temperatura.

La distanza che separa le due componenti si aggira in media attorno a 95 milioni di km (poco meno del raggio orbitale medio di Venere), ma nel corso della loro orbita si allontanano fino a quasi 250 milioni di km (più della distanza media di Marte dal Sole), per poi avvicinarsi fino a 12 milioni di km (ben meno del raggio orbitale medio di Mercurio). L’interazione tra le due stelle genera complessi fenomeni i cui modelli interpretativi sono alquanto sofisticati e permettono di verificare i modelli stellari. La coppia costituisce così un vero e proprio laboratorio naturale di astrofisica teorica e pratica.

Tra un paio di miliardi di anni, la componente A si spegnerà, lasciando al suo posto una nana bianca. La componente B diverrà quindi quella dominante dal punto di vista della luminosità.

Curiosità: Hamal e Sheratan, che vediamo una accanto all’altra in cielo, si trovano anche a una distanza paragonabile da noi, 65 la prima, 60 la seconda. Ne segue che sono relativamente vicine tra loro, separate da appena 8 anni luce. 

Le costellazioni che non tramontano mai: l’Orsa minore

Le costellazioni circumpolari boreali sono quelle che, dal nostro punto di vista,  si trovano abbastanza vicino al polo nord del cielo – la proiezione verso l’alto del polo nord geografico – da essere visibili durante tutta la notte senza mai tramontare e in ogni periodo dell’anno, a patto ovviamente di avere l’orizzonte settentrionale sgombro di ostacoli.

Di conseguenza, la più… circumpolare di tutte è proprio l’Orsa Minore, che contiene nei suoi confini il polo nord celeste!

Foto della costellazione dell’Orsa Minore, con sovraimpressi i confini della costellazione (linee chiare) e un possibile disegno (linee verdi). L’immagine è tratta dal sito web 88 Constellations Project dello statunitense NOIRLab. Credit: E. Slawik/NOIRLab/NSF/AURA/M. Zamani
Foto della costellazione dell’Orsa Minore, con sovraimpressi i confini della costellazione (linee chiare) e un possibile disegno (linee verdi). L’immagine è tratta dal sito web 88 Constellations Project dello statunitense NOIRLab. Credit: E. Slawik/NOIRLab/NSF/AURA/M. Zamani

Se il nome è abbastanza noto, non è detto che tutte e tutti sappiano riconoscere in cielo il suo principale disegno di stelle, noto anche come il Piccolo carro. A dicembre, in prima serata si trova a un’altezza intermedia tra l’orizzonte settentrionale e il punto sopra la nostra testa, disposto per il lungo più o meno perpendicolarmente all’orizzonte stesso.

Come il Grande carro, anche il Piccolo carro è un asterismo, ossia un disegno fatto di stelle all’interno di una costellazione ufficiale, che in questo caso è l’Orsa Minore, che fu designata come area di cielo ben precisa nel 1930, grazie al lavoro coordinato dall’astronomo belga Eugène Delporte per conto dell’IAU.

Il Piccolo carro è fatto da sette stelle, con un quadrilatero al quale si aggiunge una coda di tre stelle, per cui può ricordarci piuttosto un aquilone che un carro. Tuttavia, ben quattro di queste stelle sono poco brillanti e facilmente sfuggono all’occhio nudo non allenato. Le eccezioni sono le due stelle più esterne del quadrilatero, dove spicca Kochab (Beta Ursae Minoris, gigante arancione, 131 anni luce), e l’ultima della coda, che è proprio la Stella polare o Polaris (Alpha Ursae Minoris, sistema triplo di una supergigante gialla, cui dobbiamo la luce che vediamo a occhio nudo, e da due stelle nane bianco-gialle, 450 anni luce). 

Per questo è più immediato partire dal Grande carro, a sua volta asterismo nella costellazione dell’Orsa Maggiore, che a dicembre troviamo sempre lungo l’orizzonte settentrionale, andando verso oriente. Prendendo le due stelle più esterne del quadrilatero, possiamo unirle con una riga di fantasia per identificare così la nostra… spanna di riferimento. Prolunghiamo questa spanna per circa cinque volte la sua estensione e voilà, individuiamo la Stella polare. Dal punto di vista terrestre, il polo nord celeste giace a poco meno di 1° di distanza.

Come costellazioni, le figure complete dell’Orsa Minore e dell’Orsa Maggiore sono composte da ulteriori stelle in aggiunta a quelle del Piccolo carro e del Grande carro, anche ben più deboli di quelle dei due asterismi.

Il commiato del cielo del mese

Se l’Orsa Minore non tramonta mai durante la notte, questa puntata segna invece il… tramonto del cielo del mese. La rubrica era infatti ambientata all’interno di un progetto di comunicazione giunto alla sua conclusione, con ottimi riscontri. Ringraziamo lo staff che per anni ha curato l’appuntamento mensile con passione e dedizione, ma soprattutto ringraziamo chi l’ha seguito con attesa e interesse. Stiamo lavorando per presentarci nel 2026 con una nuova rubrica, che speriamo possa essere accolta con altrettanto apprezzamento. Seguiteci su sito, newsletter e social, nonché sul sito di Aostasera.it, il quotidiano online della Valle d’Aosta, per scoprire di che si tratta. Nel frattempo, vi aspettiamo di persona a Saint-Barthélemy per partecipare alle nostre iniziative per scuole e pubblico.

Lo staff della Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS porge fin da adesso i migliori auguri di Buon Natale e felice Anno nuovo!

A cura di Andrea Bernagozzi e Nicole Sacco

La rubrica “Il cielo del mese” della Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS è realizzata con il contributo della Fondazione CRT.

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