Il divano Leviatano

Odio questi divani quasi quanto odio la speranza.
WildAosta

Mentre leggevo mi sono accorto che il divano è in una posizione privilegiata, è vero che dà le spalle al muro ma se mai un giorno dovessi viverci causa trauma di un arto inferiore potrei comunque raggiungere libri e dischi in maniera abbastanza agevole. L’aveva messo lì una mia ex fidanzata, ed è l’unica cosa che non le ho restituito, certe decisioni vanno accettate e basta, come i 19 gradi a fine dicembre. Il mio è un divano letto, lo avevo scelto così perché appena ero andato via di casa mi piaceva l’idea di averne una mia che potesse essere un po’ porto di mare, un po’ comune, un po’ rifugio per gli amici sbronzi che abitavano fuori Aosta. Col passare degli anni l’ho aperto sempre meno, ci ho dormito qualche volta dopo severi litigi o dopo serate nubivaghe, gli amici si sono sposati e hanno avuto dei figli, casa mia si è riscoperta bivacco da coprifuoco e il divano a due posti era riservato alle signore, o signorine, per noi altri bastavano le sedie, o il pavimento. Adesso ha su un telo pieno di elefanti neri che mi ha regalato una mia amica quest’estate a Bologna, gli dà un tono indiano, un po’ primordiale, un po’ hippy.

Ci leggo i libri, ci mangio, ci ascolto musica e ci fumo. Quando capita ci scopo anche. È un buon posto il divano, si sta più comodi, anche su quelli più scomodi, chissà perché nella Legge di bilancio 2022 non hanno inserito un bonus divano affianco a quelli per i rubinetti e i monopattini del cazzo. Penso che abbiamo più bisogno di divani come focolari piuttosto che di ruote con le quali fuggire, senza nemmeno fare fatica. Il divano è comodo socialismo, è condivisione, contatto, il divano non diversifica o giudica, accoglie. Il divano è inclusivo. Il divano è tutto quello di cui avremmo bisogno nonostante ognuno di noi lo abbia già in casa, paradossale vero?

Mi chiedo cosa non lo sia in questi anni.

Ma soprattutto prima di arrivare al divano occorre farsi aprire una porta, che forse rimane l’ultimo vero atto rivoluzionario.

Aspetta, aspetta, forse mi sto sbagliando, o mi stanno facendo sbagliare, il divano romantico, e anche un pò marxista, è quello che ho appena descritto, poi c’è un divano leviatanico, materialista e razionale, che si pone davanti alla tv e da lì non si sposta, è un divano assoluto, complice e carnefice di quella persuasione televisiva che piace alla maggior parte delle persone, per noia o semplice ignoranza. Un divano servo e servile, in questo caso un tramite, o un complice forse, dell’indifferenza comune rispetto all’apocalisse in espansione.

Odio questi divani quasi quanto odio la speranza.

“La speranza di cui parlate è una trappola, una brutta parola, non si deve usare. La speranza è una trappola inventata dai padroni. La speranza è quella di quelli che ti dicono che Dio…  state buoni, state zitti, pregate che avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa nell’aldilà. Intanto, perciò, adesso, state buoni: ci sarà un aldilà. Così dice questo: state buoni, tornate a casa. Sì siete dei precari, ma tanto fra 2 o 3 mesi vi riassumiamo ancora, vi daremo il posto. State buoni, andate a casa e… stanno tutti buoni. Mai avere speranza ! La speranza è una trappola, una cosa infame inventata da chi comanda.”

Mario Monicelli

 

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