Savda torna al Consiglio di Stato per l’adeguamento delle tariffe bus non riconosciuto dalla Regione

La "querelle" tra le due parti è iniziata nel 2002 e ha già visto tre sentenze. Al centro della questione vi è il mancato aggiornamento degli importi tra il 1982 e il 2001. L'udienza è fissata per il 12 maggio 2016.
Cronaca

Numerosi “viaggi nel tempo” sono stati celebrati ultimamente ed un altro è destinato a tornare d’attualità tra non molto. Si tratta di quello che coinvolge Regione e “Savda SpA”, legato all’adeguamento delle tariffe dei bus. E’ proprio il caso di dire che la vicenda attraversa un’epoca remota, perché la “querelle” tra le due parti inizia nel 2002, ma i suoi presupposti risalgono addirittura all’inizio degli anni ottanta, cioé quasi trentacinque fa.

Parliamo di un puzzle a base di burocrazia e ricorsi, al quale il Consiglio di Stato ha contribuito già con tre pezzi, rappresentati da altrettante sentenze. La questione ritorna in agenda perché un ulteriore pronunciamento è all’orizzonte. E’ infatti di ieri una delibera della Giunta con cui l’amministrazione si costituisce nel nuovo giudizio promosso dalla società di autoservizi dinanzi al massimo organo della giustizia amministrativa. Il ricorso è stato notificato alla Regione all’inizio dello scorso dicembre e l’udienza in camera di consiglio è fissata per il 12 maggio prossimo.

Cosa chiede esattamente la “Savda”? In sostanza, l’ottemperanza delle tre precedenti sentenze, nonché la dichiarazione di nullità di un atto dell’Esecutivo regionale del settembre 2015. Inoltre, la condanna al “risarcimento dei danni causati alla società ricorrente per l’asserito inadempimento della Regione agli obblighi di adeguamento delle tariffe di trasporto pubblico locale per il periodo 1982-2001” e la nomina di un commissario “ad acta”.

La questione ha origine, appunto, quattordici anni fa. E’ allora che “Savda” ricorre per la prima volta al Tar della Valle d’Aosta. La società, che gestiva (e gestisce ancora) varie autolinee, sostiene che l’Amministrazione regionale non avesse proceduto ad aggiornarne ogni anno le tariffe, dall’anno prima e, a ritroso, sino al 1982. Una “mancanza” che porta dritta alla pretesa di un risarcimento ad otto cifre, cioé 20 milioni 689mila euro. I giudici amministrativi, un anno dopo, dichiarano inammissibile la richiesta, ma l’azienda non resta a guardare e, nel 2003, appella quella decisione.

Arriva così la prima sentenza del Consiglio di Stato, datata marzo 2009. I giudici amministrativi mettono nero su bianco che la Regione “doveva stabilire con cadenza annua le tariffe”, adempimento rimasto inosservato. In più, però, aggiungono che la “Savda” non ha diritto ad essere risarcita. Un verdetto che spinge la Regione ad agire per mettere fine alla questione. Passano tre mesi e, a giugno, l’Amministrazione comunica infatti all’azienda che, relativamente agli anni per cui sono assenti provvedimenti specifici, le tariffe “dovevano intendersi immutate rispetto all’anno precedente”.

Quella lettera spinge “Savda” a bussare ancora alla porta del Consiglio di Stato. I legali della società insistono sul fatto che la precedente sentenza è rimasta lettera morta, perché l’adeguamento tariffario, di fatto, non è stato effettuato. La tesi viene accolta dai magistrati amministrativi, nell’autunno del 2010. La Regione – è il senso del secondo dispositivo – deve procedere a rideterminare le tariffe per il periodo dal 1982 al 2001. Nei tre anni che seguono non si verificano evoluzioni significative e così arriva anche la terza sentenza del Consiglio, risalente al 2013, che ripete e ribadisce la decisione del 2010.

Gli uffici del Dipartimento trasporti si mettono in moto. I dati non sono così semplici da reperire, ma i funzionari regionali ci riescono. Nel calcolo finiscono gli incassi dichiarati ogni anno da “Savda”, i contributi erogati dalla Regione, i chilometri percorsi e altre voci del genere. Il risultato, rappresentato dalla differenza (attualizzata) tra i ricavi e i costi che la società ha sostenuto, spinge l’Amministrazione a dire che solo in quattro anni (1982, 1984, 1986 e 1992) “i costi della produzione hanno superato quanto incamerato dall’azienda”.

Tuttavia, stando alla ricostruzione regionale, la somma degli introiti relativi agli anni contestati ha un valore largamente positivo, rappresentato da 11,9 milioni di euro, ritenuto “più che sufficiente” a garantire l’equilibrio della società. La Regione stabilisce quindi che “è immotivato fissare tariffe maggiori rispetto a quelle applicate” e, nell’ultima tappa della vicenda (quella, appunto, del settembre 2015), delibera estendendo gli importi determinati in alcuni anni: quelli del 1982 valgono sino al 1986; quelli del 1987 arrivano al 1990; quelli del 1991 vanno al 1996 e, per finire, quelli del 1997 sono da considerare validi sino al 2001.

Chiunque abbia avvicinato, per quanto lontanamente, la questione avrebbe scommesso su un nuovo ricorso di “Savda” contro quell’atto. Puntuale, è arrivato. Perché, come ogni avvocato sa bene, i “viaggi nel tempo” si leggono al passato, ma si scrivono al futuro.

Vuoi rimanere aggiornato sulle ultime novità di Aosta Sera? Iscriviti alla nostra newsletter.

Articoli Correlati

Fai già parte
della community di Aostasera?

oppure scopri come farne parte