“Un caso evidente di evasione fiscale totale”. Con queste parole, nella sua requisitoria finale, il pubblico ministero Luca Ceccanti ha chiesto la condanna di Joanna Jadwiga Smolen, cinquantottenne di origini polacche, a processo stamattina al Tribunale di Aosta per reati tributari. Richiesta che il giudice monocratico Davide Paladino ha accolto, infliggendo alla donna tre mesi di reclusione.
L’imputata – moglie del cambista Giorgio Nardi, di 65 anni, residente a Saint-Vincent – era già stata condannata per lo stesso reato, relativamente ad un periodo d’imposta precedente. L’udienza di oggi si riferiva all’annualità fiscale 2011, con gli accertamenti dell’Agenzia delle entrate svolti a partire dal 2012. “Abbiamo verificato – ha detto il funzionario che ha deposto in aula, che la donna era titolare di auto di grossa cilindrata, oltre ad aver sostenuto spese per locazioni incompatibili con le sue fonti di reddito, visto che non aveva mai presentato dichiarazioni”.
Gli ispettori del fisco si mettono in moto ed invitano la Smolen a comparire, per approfondire la situazione. Varie richieste cadono nel vuoto e, a quel punto, l’Agenzia intraprende il cammino dell’indagine finanziaria diretta, acquisendo autonomamente la documentazione bancaria della donna. “Abbiamo verificato – ha detto ancora il funzionario – l’esistenza di diversi conti, uno dei quali cointestato con parenti già deceduti al momento della nostra attività, sui quali nell’anno in esame sono stati accreditati oltre 149mila euro”.
Per il fisco, quel denaro è direttamente riconducibile all’imputata e genera un’evasione IRPEF di 57mila 700 euro, oltre a 1839 euro di addizionale regionale non versata. Per il pubblico ministero Ceccanti, in quei soldi c’è la prova del reato e chiede una condanna ad un anno e sei mesi di reclusione. L’avvocato difensore della donna, Ascanio Donadio, invece, pone ad alta voce un dubbio: “nel caso di conti cointestati, come si fa a sostenere con certezza che quei soldi appartenessero a lei?”. Ed ancora: “la disponibilità di denaro non significa, automaticamente, evasione. Se fossero frutto di una donazione, o anche proventi illeciti, quei denari non sarebbero oggetto di tassazione”.
Tesi che il giudice Paladino non ha sposato, decidendo per la condanna, in continuazione con la precedente sentenza a carico della Smolen.