Legge sui parchi, Legambiente esprime preoccupazione

C'è secondo Legambiente una "nuova visione del parco come promotore di sviluppo economico, ed anzi di auto sviluppo, anziché come luogo di conservazione e studio degli ambienti naturali di pregio".
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Critiche sulle modifiche alla legge sui parchi, in discussione alla Camera, arrivano in una nota da Legambiente Valle d'Aosta. Fra i punti negativi segnalati dall'Associazione c'è la governance che secondo la nuova legge, verrebbero affidate ad un Presidente e ad un Direttore del parco non necessariamente dotati di competenze scientifiche o naturalistiche ma una esperienza nelle istituzioni per il primo e delle capacità manageriali per il secondo. Il Direttore anziché essere nominato dal Ministro, come finora, sarebbe scelto dal Consiglio Direttivo. Inoltre nel Consiglio Direttivo diventerebbe preponderante la rappresentanza delle categorie economiche locali, in particolare del settore dell’agricoltura.

C'è poi secondo Legambiente una "nuova visione del parco come promotore di sviluppo economico, ed anzi di auto sviluppo, anziché come luogo di conservazione e studio degli ambienti naturali di pregio". In particolare viene data dalla possibilità ai parchi di introitare delle royalties. "I parchi vengono stimolati a sfruttare economicamente le risorse naturali presenti sul loro territorio.  – si legge nella nota – Per alcuni parchi nazionali potrebbe trattarsi di impianti di estrazioni petrolifere. Per i nostri parchi si possono ipotizzare, in primis, le centraline idroelettriche, ma anche gli impianti di risalita e le piste da sci o i percorsi di down hill". 

Altri punti controversi riguardano: l'ipotesi di uno sviluppo dell’agricoltura "che, in Valle d’Aosta, si coniuga difficilmente con i parchi", le possibilità di caccia nelle aree contigue ai parchi, la mancata previsione di un non potenziamento né della sorveglianza, né delle dotazioni organiche, né delle risorse economiche.

Infine Legambiente si dice contraria alla scelta di sdoppiare la sede del Parco Nazionale Gran Paradiso, che ora si trova a Torino, in una sede piemontese e una valdostana. "Non condividiamo tale scelta, sia per il rischio di una perdita di prestigio del Parco più antico d’Italia, sia per la possibile regionalizzazione e la conseguente deriva localistica – conclude la nota – . Il fatto che il Parco regionale Mont Avic  sia ogni anno più povero di mezzi non ci fa sperare che per il futuro la Regione sarà più prodiga dello Stato, né che saprà farsi meglio carico di questi suoi “tesori” naturali".

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