Alice e il suo concerto sans-faute allo Splendor

Nel teatro aostano l'artista, conosciuta dai più per le sue collaborazioni con Battiato, ha regalato un'esperienza intensa e minimalista al pubblico valdostano entusiasta.
Alice
Cultura

Perfetta, per presenza scenica e voce. Alice, pseudonimo di Carla Bissi, ha incantato il teatro di via Festaz, che le ha riservato diversi minuti di applausi e l’ha richiesta a gran voce sul palco per due bis, ovviamente le due canzoni che l’hanno resa celebre nel suo momento più alto: “Il vento caldo dell’estate” e “Per Elisa”, entrambe scritte e create con Franco Battiato.

Il cantautore catanese è in assoluto l’incontro magico che ha forgiato l’essenza della cantante di Forlì, quando, all’inizio degli anni ’80, abbandona il suo vero nome, trova uno pseudonimo e il suo fare musica diventa futurista, colmo di suoni diversi e di contaminazioni elettroniche: in puro stile Battiato, pur rimanendo, alla base, molto intimistico.
Ad Aosta l’artista italiana ha portato uno spettacolo minimalista: pianoforte e chitarra, ma al tempo stesso puro ed emozionante, accompagnata da Carlo Guaitoli e Antonello D’Urso.

Il giro d’Italia di Alice si apre con Faber, il De André di “Blasfemo”, una canzone assolutamente attuale, quasi a voler strizzare l’occhio al caso Cucchi e simili, perché Alice non è solo una voce, ma è una storia di umanità e sensibilità lontana dai riflettori, come insegna la sua partenza, a inizio anni ’90, nelle zone dei Balcani martoriate dalla guerra, dalle quali riporterà a casa anche la sua “Dammi la mano Amore”, testo che lei stessa definisce “più una preghiera che una canzone”.

Cantautrice, ma soprattutto interprete, l’artista riesce, senza sforzarsi o caricaturare, a riportare sul palco i grandi nomi della musica italiana; se Battiato ha un posto più che speciale nel cuore e nella storia di Alice, non mancano Gaber e la sua “Non insegnate ai bambini”, uno dei testi più teneri del cantautore milanese, Giuni Russo in grado di musicare Totò e la sua poesia “A cchiù bella” e infine Lucio Dalla e il suo ultimo inedito “Almeno pensami” che Alice cantò all’ultima edizione di Sanremo in coppia con Ron.

Una dedica speciale va però ad “Auschwitz” di Guccini, che la cantante ha portato ad Aosta accompagnandola a un monito che suona come una denuncia, un grido che finalmente gli artisti tornano a fare, consapevoli della potenza della loro voce: “Questa canzone la voglio cantare per scongiurare che la storia si ripeta. Non dobbiamo mai dimenticare e dobbiamo fare in modo di non vivere più questo”.

Grandi nomi, ma anche alcuni omaggi a parolieri e compositori meno conosciuti come Claudio Rocchi (“L’umana nostalgia” e “La realtà non esiste”), e Mino Di Martino (“Morire d’amore), momenti in cui l’attenzione di Alice per tutto il panorama italiano viene a galla e dove il suo ondeggiare diventa ipnotico e inchioda il pubblico, che segue le sue mani affusolate spostare l’aria e farsi spazio in maniera delicata e soave come solo un’interprete riservata e dalla voce calda come lei può fare.

Spazio anche al suo lavoro di cantautrice con “Il contatto”, canzone in bilico tra due mondi paralleli: la realtà e il sogno, frutto di “un’intensa attività onirica che ho vissuto alcuni anni fa e che non mi permetteva di capire se fosse più intenso il vissuto o il sogno. In questo frangente ho vissuto delle esperienze che ho voluto fissare per sempre in una canzone”.

Un concerto apprezzato dal pubblico aostano che ha dimostrato di non essere freddo e timido come spesso accade durante la Saison Culturelle e che esplode durante “La Cura” e “Prospettiva Nevski” e congeda Alice con un applauso che fa fatica a terminare, confermando il sans-faute dell’artista al Teatro Splendor e l’ottima scelta di portarla ad Aosta da parte dell’Assessorato.

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