L’operazione “malAosta”, con i suoi otto indagati per spaccio ed estorsioni, ha fatto colare parecchio inchiostro sui social network, novella “agorà” ove la discussione sui fatti che scuotono la città s’impenna. Per diversi complimenti agli inquirenti, alcuni commenti hanno fatto strabuzzare gli occhi a coloro che sono entrati in azione la scorsa settimana: gli uomini della Guardia di finanza. Nemmeno mezz’ora dalle prime notizie su perquisizioni ed arresti disposti dalla Procura e c’era già chi applaudiva ironicamente ai fermi di “quattro ragazzini”. Peccato – esclama il tenente colonnello Francesco Caracciolo, comandante del Gruppo Aosta, a capo dei “blitz” notturni – che “il più giovane dei fermati ha 37 anni”, quindi parliamo “di persone mature che scientemente hanno scelto di intraprendere una carriera criminale di questo tipo”.
Peraltro, “spacciare – ed è quanto è stato assolutamente assodato nel corso delle indagini – non è fare un festino. Non è un uso personale. E’ procurarsi e portare ad altri sostanza stupefacente, quindi andare a rovinare altre vite”. Nonostante la convalida del Gip di sei fermi su sette per lo smercio, lo humour a mezzo Facebook non ha risparmiato nemmeno l’etto abbondante di cocaina recuperato dalle Fiamme gialle nell’inchiesta, ritenuto da qualche utente “poca roba”. Al riguardo, la prima considerazione è di contesto: essendo la Valle “una regione piccola” lo è anche il bacino d’utenza e quindi “non porto ad Aosta due tonnellate di droga, se la richiesta è di due etti”. Dopodiché, “fa veramente sorridere, ma con sarcasmo, che ci si aggrappi al fatto che i quantitativi piccoli non vanno contrastati”.
Semplicemente, “anche pochi grammi vanno tolti dalla piazza”, perché “possono finire ai nostri figli, o a persone che, in qualche modo, diventano strumenti di un percorso criminale”. Certo, malgrado “i commenti che hanno riguardato il quartiere Cogne, come riqualificarlo, o cosa lo ha portato ad essere un luogo della città che ha attratto personaggi negativi” (che, “per quanto condivisibili”, riguardano tuttavia “le politiche sociali ed abitative”), i finanzieri non scordano che il loro compito è “di essere repressivi, individuare i crimini che vengono commessi e denunciarli all’autorità giudiziaria”. Però, non disdegnano di sensibilizzare: “sono anni ormai che abbiamo lanciato il progetto ‘Educazione alla legalità economico-finanziaria’”.
Ogni anno, sottolinea Caracciolo con puntiglio, “raggiungiamo oltre mille studenti con le attività formative. Partiamo già dalla scuola dell’infanzia e, con tagli diversi, arriviamo alle superiori. L’invito è sempre quello di evitare ogni attiguità con la droga”. Ma c’è qualcosa su cui il Comandante – circondato dalle foto nel suo ufficio, che raccontano un militare operativo assieme ai suoi uomini ogni volta che è possibile – vuole insistere anche con gli adulti: “voltarsi dall’altra parte, affrontare un problema solo quando ci interessa direttamente, è un modo come un altro per avviare dei processi omertosi”. Nulla di cui andare fieri. “Quando ci si rende conto che, dopo un certo orario, per strada, non si può circolare, quando si vede che in determinati punti della città non si può stare tranquilli, – va oltre l’ufficiale – non bisogna far finta di niente, ma bisogna cominciare a denunciare”.
Si può procedere anche in forma anonima, ma occorre farlo, perché poi “risvegliarsi di colpo con le cose negative che abbiamo riscontrato” nei sei mesi di lavoro per malAosta non “ha fatto bene”. Alzando gli occhi dalle carte dell’inchiesta, Caracciolo non nasconde quanto trovi emblematico che “alle persone che abbiamo fermato, in praticamente tutte le perquisizioni domiciliari son saltate fuori delle armi”. Dal “coltello portato nel marsupio, in tasca, o in macchina”, fino alla “spranga di ferro” non certo “lì come soprammobile, ma già preparata con impugnatura ‘antiscivolo’, rafforzata sull’altra estremità con un dado” per “aumentare la capacità di offendere”, passando per il “taser, che non hanno ancora le forze dell’ordine” e un “machete”, non “tenuto in soffitta, o a casa, ma all’interno dell’abitacolo di un’autovettura”. Assieme alla “grande quantità di persone che consuma stupefacenti”, è “qualcosa che ci ha lasciato perplessi, ci ha amareggiato e naturalmente non ci fa piacere”.
Quanto alle condotte malavitose tali da sembrare mutuate da una serie tv? “Forse dovremmo fare un po’ la tara di certi comportamenti che abbiamo riscontrato”, risponde il Comandante, ma “in alcuni frangenti ci è sembrato di vivere un po’ la serie televisiva ‘Gomorra’”, per i “comportamenti da ‘guappi’, da spacconi, la prossimità con le armi e la violenza”. E’ chiaro “che siamo lontani anni luce dalla realtà Campana, o da forme di criminalità organizzata conclamata”, però anche i “tatuaggi e altre forme di emulazione” dei personaggi televisivi (uno dei quali apertamente nominato in una conversazione ascoltata dai finanzieri) hanno contribuito a questo impatto. E i riferimenti, in varie intercettazioni, a contesti di crimine esterno alla Valle, in particolare della Campania? “Verranno approfonditi sicuramente. In questa fase è assolutamente embrionale parlarne”.
Il punto, per il Gruppo Aosta, è “ capire quanto determinate situazioni sono state millantate, anche per avere un certo ascendente sui venditori ambulanti, o per crearsi un po’ il personaggio”. Condotte intimidatorie destinate, nel caso del “Racket dei camioncini”, a persone che “pagavano un ‘pizzo’ sotto forma di mozzarelle e altri prodotti ortofrutticoli”. Se Caracciolo potrebbe “essere anche d’accordo con chi ha fatto dell’ironia su questo”, non gli sfugge che “il tutto matura in uno scenario di rassegnazione”, fatto del “sapere che si ha una protezione andando a pagare” tale “corrispettivo”. Fermo restando “che le indagini sono ancora in corso” e che alcuni aspetti verranno scavati, “perché non è escluso che qualcuno pagasse anche con denaro”. Checché ne possa pensare (parte del)l’universo di Facebook.