Due reati in un solo episodio, a danno di un’albergatrice aostana. Sono la truffa e l’indebito utilizzo di carta di credito, per cui il giudice monocratico Maurizio D’Abrusco ha condannato oggi, giovedì 19 settembre, il 25enne Alfonso Rega, nato a Saronno (Varese), ad un anno e nove mesi di carcere, oltre a 500 euro di multa.
La vicenda risale al 2017. Tutto ha inizio con quando un uomo contatta l’hotel, nel centro storico del capoluogo, annunciando di voler soggiornare per dieci giorni, nel periodo natalizio, in una camera matrimoniale, in mezza pensione. Intende pagare anticipatamente e, alle professionali rassicurazioni che non è necessario insiste, “raccontando – ha ricostruito il pm Carlo Introvigne durante il processo – che si trattava di un regalo per un amico”, cui non voleva lasciare incombenze economiche.
L’albergatrice accondiscende e ottiene le coordinate di una carta di credito. Il pagamento – per un totale di 1.650 euro – va a buon fine. Tempo dopo, l’uomo si rifà vivo e spiega che, per contrattempi, quella prenotazione va annullata. Fornisce, nel contempo, le coordinate per la restituzione del denaro già versato, operazione cui l’hotel provvede.
Fin qui sembra uno scampolo, come tanti altri, di vita di chi gestisce una struttura ricettiva, ma il risvolto antipatico emerge successivamente. All’albergo arriva comunicazione che la prima transazione (quella del “pagamento anticipato”) viene annullata: il titolare della carta di credito con cui è stata effettuata l’ha disconosciuta. A quel punto, l’hotel ha restituito soldi che non ha ricevuto.
“Abbiamo contattato telefonicamente il cliente. – ha raccontato al giudice l’albergatrice – Ha detto ‘verificherò’, sembrava in buona fede. Poi, non sentendolo, abbiamo provato a chiamarlo altre volte, ma non ha mai più risposto”. Scattano le indagini della Polizia postale, che svelano l’arcano: la carta di credito usata per il pagamento anticipato era stata clonata e il legittimo proprietario ha annullato tutte le transazioni fraudolente.
Per il sostituto Introvigne, dall’inchiesta “il truffatore è stato individuato senza dubbio nell’imputato”, giacché “si è presentato con il suo nome, ha scritto una mail a stessa firma ed ha fornito per il rimborso un conto corrispondente alla medesima persona”. Dall’accusa è quindi giunta una richiesta di un anno e tre mesi di carcere (e 600 euro di multa), senza la sospensione condizionale (in ragione di precedenti specifici a carico). Dopo una breve camera di consiglio, la sentenza, con il giudice ad incrementare la pena detentiva invocata.