Prosegue la battaglia legale tra lo Stato e la Regione Valle d’Aosta per i 6,6 milioni di euro derivanti dai capitali fatti rientrare dall’estero dai contribuenti valdostani. Dopo la sentenza favorevole della Corte d’Appello di Roma nel 2023, la Regione deve attendere almeno un altro giudizio per sbloccare le somme richieste.
La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente la tesi della Regione e ha respinto parzialmente quella dello Stato, stabilendo che l’Accordo di Finanza Pubblica del 2015 non può essere interpretato come una rinuncia generale a tutti i ricorsi pendenti. L’intesa riguarda esclusivamente le somme fino al 2015, mentre resta aperta la questione relativa al 2016. Per questo motivo, la Corte ha disposto un ulteriore esame nel merito da parte della Corte d’Appello di Roma.
Il Governo aveva inoltre eccepito il difetto di giurisdizione, sostenendo che la competenza spettasse alla Corte Costituzionale o al giudice amministrativo, ma le Sezioni Unite della Cassazione hanno respinto l’argomentazione, confermando la competenza del giudice ordinario.
Capitali rientrati dall’estero: lo Stato dovrà versare alla Regione 6,6 milioni di euro
4 maggio 2023
Lo Stato dovrà versare alla Valle d’Aosta i 6,6 milioni di euro di capitali fatti rientrare dall’estero dai contribuenti valdostani. A dirlo è la I sezione Civile della Corte di Appello di Roma riformando in parte la sentenza di primo grado, che aveva invece riconosciuto come quelle somme dovessero restare a Roma.
La vicenda inizia nel 2014 quando Roma introduce una procedura di “collaborazione volontaria” che consente ai contribuenti, autodenunciandosi in relazione a violazioni tributarie, di fruire di condizioni agevolative, sia sotto il profilo penale sia sotto il profilo amministrativo, nel caso di autodenuncia e di versamento delle imposte originariamente sottratte al fisco.
Tasse (imposte sui redditi, Irap, Iva ecc) evase a danno della Regione, che si appella alla Corte Costituzionale affinché i soldi dei valdostani non finiscano nell’apposito capitolo di bilancio istituito dallo Stato. Il gettito non riconosciuto alla Regione viene stimato in un importo di poco inferiore a euro 1 milione per l’anno 2015 e a euro 7 milioni per l’anno 2016.
Nel 2016 la Consulta dà ragione a Piazza Deffeyes “ritenendo non rispettosa dell’autonomia finanziaria regionale la circostanza che questo gettito sia sottratto alla Regione e attribuito allo Stato, ancorché riferito a imposte originariamente dovute alla Valle d’Aosta”. Nonostante l’esito favorevole, lo Stato non riconosce alla Regione il gettito giustificando la mancata applicazione della sentenza con l’Accordo sottoscritto fra l’Amministrazione regione e il Ministro dell’economia e delle finanze nel luglio 2015.
“I proventi derivanti dai capitali rientrati dall’estero spettano alla Regione”
Oltre a definire i rapporti finanziari (patto di stabilità e contributi al risanamento pubblico), l’intesa faceva riferimento ai contenziosi pendenti, impegnando la Regione a rinunciare agli effetti positivi di eventuali future pronunce di accoglimento da parte della Corte costituzionale.
Secondo Piazza Deffeyes però la lite sui capitali esteri non figurava fra i contenziosi oggetto di accordo. Da qui la decisione di rivolgersi al Tribunale di Roma che in primo grado ha bocciato il ricorso della Valle d’Aosta, sostenendo che la nostra regione avrebbe rinunciato “agli effetti positivi derivanti da eventuali future pronunce di accoglimento dei ricorsi”, siglando nel luglio 2015 un accordo con lo Stato.
Pronuncia che viene ribaltata dalla Corte di Appello della I Sezione Civile del Tribunale di Roma con sentenza del 15 marzo scorso. “Anche a prescindere dall’inequivoco tenore testuale delle clausole dell’Accordo, infatti, sarebbe assurdo pensare che, in quadro di accordo paritetico volto a disciplinare i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione, secondo un modello costituzionalmente imposto per assicurare l’autonomia speciale e finanziaria regionale, al fine di evitare che il necessario concorso delle Regioni comprima oltre i limiti consentiti l’autonomia finanziaria ad esse spettante, quest’ultima rinunci a ingenti entrate tributarie pluriennali senza un accordo finanziario complessivo riferito a quelle annualità.”
Per questo il collegio guidato dal giudice Diego Rosario Antonio Pinto accoglie “la domanda diretta ad ottenere la restituzione delle somme conseguite in base ai meccanismi di voluntary disclosure percette sul territorio regionale e riferite all’anno 2016; somme che in primo grado sono state quantificate in € 6.633.231,85 per l’anno 2016, senza alcuna contestazione avversaria”.
Riconosciute alla Regione, difesa dall’avvocato Francesco Saverio Marini, anche i 2/3 delle spese di lite, liquidate fra primo e secondo grado in 60mila euro.