Paura, ansia, panico, rabbia, frustrazione, disorientamento. Queste sono le emozioni che il COVID-19 sta attivando in ognuno di noi proprio in questi giorni. Le decisioni prese a seguito del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri 4 marzo 2020 hanno attivato allarmismi e preoccupazioni.
Inevitabilmente tutto questo ci porta a rimanere incollati alla televisione, a leggere i quotidiani, a cercare online le ultime notizie, mossi dal desiderio insaziabile di rimanere aggiornati sul virus che sta piegando il mondo intero.
Venerdì sono stata ospite presso gli studi radio Rai, sede regionale per la Valle d’Aosta, nel programma condotto da Katia Berruquier, con il mio collega e amico Stefano Ghidoni a parlare delle reazioni psicologiche e degli stati d’animo legate al Coronavirus. Al più presto troverete il servizio sul mio sito, ma nel frattempo vorrei condividere, con chi non ha potuto seguirci, alcune riflessioni che sono emerse.
Il COVID-19 sta intaccando la parte emotiva di ognuno di noi ed è per questo che è importante imparare ad orientare i propri pensieri, emozioni e comportamenti in modo più adattativo per la situazione storica che stiamo vivendo.
La prima domanda alla quale vorrei rispondere e permettere, in qualità di professionista della salute, di dare un senso e di “normalizzare” alcune reazioni che stiamo assistendo, è la seguente: cosa succede nel nostro cervello quando “lui” percepisce uno stato di emergenza? Semplice ti fa vivere l’emozione detta PAURA, che tutti noi ben conosciamo! Se la paura è molto intensa ecco che il cervello ti fa emettere comportamenti del tipo “vai al supermercato e prendi le scorte, perché devi sopravvivere”, inoltre se un tuo simile fa la stessa cosa ecco che scatta il fenomeno dell’emulazione. Da un punto di vista cognitivo anche il pensiero tende ad essere distorto, ed ecco che nel leggere le notizie il cervello tende ad immagazzinare quelle più tragiche, quelle più negative, perché, ricordiamoci, “lui” ha un compito molto importante, ed è quello di favorire la tua sopravvivenza, e quindi è “normale” che “lui” faccia di tutto per metterti in allerta, perché se rimani in allerta è più probabile che rimani vivo. Il nostro cervello funziona nella stessa maniera dei nostri antenati, ed è lo stesso cervello che metteva in panico gli italiani nel ‘600 ai tempi della peste a Milano. Lui funziona sempre nella stessa maniera.
È fondamentale di conseguenza leggere e fare riferimento a fonti informative affidabili, come i siti del Ministero della Salute oppure quello dell’Istituto Superiore di Sanità, questo ci permette di rimanere razionali e soprattutto di capire il senso e gli obiettivi delle decisioni prese e delle restrizioni dettate dal Ministero.
Un altro tema importante e necessario da affrontare è quello relativo ai bambini. Ora sono a casa e, da parte loro, è inevitabile l’entusiasmo iniziale, ma poi? Penso che questa pausa forzata faccia mettere in discussione più gli adulti che i giovani. È possibile che si adattino più velocemente, rispetto a noi all’uso di una nuova modalità di fare scuola. La scuola, dal canto suo, sta dimostrando la capacità di far fronte ad una emergenza completamente nuova. Costringe i genitori ad una nuova organizzazione, dal capire a chi lasciarli a doverli affidare ad un apprendimento online, che probabilmente spaventa un po’… e gli alunni? Apprezzeranno l’importanza della relazione e del contatto umano presente nella scuola.
Ma come spiegarlo soprattutto ai più piccini? Dopo i 3 anni, i bambini si rendono conto che le loro abitudini cambiano, è quindi necessario dargli una spiegazione di quello che sta accadendo, con parole semplici ed adatte alla loro età.
Molto delicata invece la questione per gli anziani, anche qui l’informazione ha giocato un cattivo gioco, evidenziando come il Coronavirus colpisca soprattutto loro. È corretto tutto questo? Sono meno importanti degli altri? Loro, più di altri, rivivono nuovamente le restrizioni che hanno vissuto nel loro passato. Le emozioni arrivano forti, rendendoli ancora più soli.
Il COVID-19 ci sta obbligando a riprendere in mano ciò che col tempo stiamo perdendo: la responsabilità di prenderci carico di noi stessi e degli altri, soprattutto da un punto di vista emotivo. Aiutiamo coloro che sono più a rischio, facciamo una telefonato in più a chi è più fragile, trascorriamo del tempo di qualità con i nostri figli in questo momento che siamo tutti obbligati a fermarci, aiutiamo chi ha più bisogno di noi con gesti semplici come il fare la spesa. Diventiamo noi, in primis, esempio per gli altri e iniziamo da ora a seguire le direttive date, invece di lamentarci ed arrabbiarci.
Lo so, le preoccupazioni sono tante, e con le ultime evoluzioni emergono anche la paure legate agli aspetti lavorativi ed economici. Ma di fronte ad una emergenza di tale portata non è possibile risolvere tutto e subito.
Come professionista della salute, ma soprattutto come cittadino, voglio finire il mio articolo invitando ognuno di voi a fermarsi, a rimaner razionali, a rispettare chi sta lavorando per aiutarci, a renderci conto che ci sono persone, e mi sto riferendo al personale sanitario regionale, che sono in prima linea, che si espongono quotidianamente per fronteggiare questa emergenza. Seguiamo le loro indicazioni.
È normale provare rabbia e paura, accettiamole, non scappiamo da loro nascondendoci dietro alle critiche. Stiamo vicini emotivamente. Solamente accettandole, riusciremo a vedere le cose nella giusta misura.
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