Non gira troppo attorno all’argomento, anzi va dritto alla sostanza il dottor Nunzio Venturella, Segretario regionale Fimmg, la Federazione italiana medici di famiglia: “La battaglia che si combatte oggi contro il Coronavirus va vinta sul territorio”.
I medici di famiglia sono infatti il primo filtro, più “in prima linea” che mai, e a rischio continuo.
Alle spalle un problema nazionale, quella scarsità di dispositivi di protezione individuale che Venturella evidenzia anche per la Valle: “Abbiamo richiesto la necessità improrogabile di avere i Dpi perché non è pensabile che la Medicina di famiglia lavori sul campo e non abbia adeguati dispositivi, come le mascherine Ffp2 o Ffp3. Strumenti che vanno cambiati di continuo per l’incolumità del medico, dei suoi famigliari e di tutta l’utenza stessa”.
Non solo mascherine: “Senza, rischiamo di diventare veicolo di contagio. Lavorando con un malato febbrile o sospetto, visto che il triage ha un ruolo marginale, avere la sostituzione della mascherina è una fonte di sicurezza. Viviamo una situazione che rispetta quella italiana. I dpi dovrebbero essere a disposizione a Donnas, Aosta, Morgex e Châtillon, ma il Dpcm prevederebbe anche la dotazione completa di camice, sovracamice, calzari, guanti, cuffie e altro”.
L’azione, e l’attenzione, dei medici di famiglia
“Attualmente in Valle ci sono due medici di famiglia positivi al Covid-19 – prosegue Venturella -, il che vuol dire che l’azione che facciamo sul campo è visibile. È chiaro che l’ospedale si satura più facilmente, ma la battaglia contro il Covid-19 va vinta sul territorio. A Verrès, noi siamo un studio associato, cerchiamo di fare un ottimo triage telefonico, con il telefono che squilla tutto il giorno, dal mattino alla sera. Il consigli che do anche ai colleghi è quello di lavorare e fare da filtro con le telefonate il più possibile per ridurre l’affluenza nelle sale d’attesa e abbattere ancora di più il probabile contagio con le persone ammalate. Si consiglia infatti di contattare prima il medico curante poi di accedere all’ambulatorio in seguito. Il contatto principale avviene previo triage con il medico di famiglia, è fondamentale avere notizie sul paziente prima che si arrivi a visitare”.
Anche perché il rischio supera l’emergenza Coronavirus, o meglio ci si intreccia: “Basti pensare che ogni medico di famiglia assiste circa 1500 pazienti – spiega ancora il Segretario Fimmg -. Nel caso risultasse positivo al test ci sarebbero quindi 1500 pazienti che mancano di assistenza di base. Pazienti non solo Covid-19 ma persone che seguiamo da anni, per un numero di patologie enorme, anche perché fino ad un mese fa non si parlava di Coronavirus ma avevamo comunque gli ambulatori pienissimi”.
Cambiare le proprie abitudini
I Decreti firmati dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ci stanno facendo capire quanto siano le nostri abitudini, in questo momento delicato, da rivedere. Per tutelare noi e le persone che ci circondano.
Venturella scende ancor più nel dettaglio: “In famiglia non si ha la percezione delle possibilità di contagio, ad esempio, tra genitori e figli. Il Covid-19 si combatte anzitutto lì, cominciando ad essere sempre più stringenti sulle misure igienico-sanitarie, tenere anche all’interno del nucleo famigliare le distanze di sicurezza come si fa con le altre persone, non bere dagli stessi bicchieri.
Siamo abituati a vivere la familiarità in maniera molto aperta ma oggi è un rischio, non mancano infatti i casi di coniugi che si sono passati il contagio”.
Il “mantra” è quello che ci si ripete da giorni: “Oggi è importante mettere in pratica le restrizioni del Dpcm su tutto il territorio – chiude il medico -, e se tutti ci adoperassimo si può superare questa emergenza”.
I pediatri
Difficoltà iniziali, sulla comunicazione alla famiglie in particolare, ed una situazione che però si sta “normalizzando”.
I pediatri valdostani stanno tutti bene, anche chi al momento è in isolamento come la dottoressa Angela Martino, in servizio a Châtillon.
Nessun pericolo per lei, ed un lavoro che non si ferma dopo le difficoltà del momento ed una comunicazione con le famiglie inizialmente difficile, che sta però lasciando il passo ad una presa di coscienza collettiva: “Stiamo tutti bene – spiega -, io da mercoledì sono però in quarantena per aver avuto un contatto con dei pazienti positivi. Il lavoro va assolutamente avanti, per telefono. Sentiamo l’utenza spesso e con continuità e cerchiamo di fare del nostro meglio. Io stessa lavoro regolarmente, ma chiaramente se c’è bisogno di una visita dirotto il paziente sui miei colleghi”.
“Le persone sono molto gentili – prosegue la dottoressa – e capiscono il momento dopo le difficoltà dell’inizio quando si pretendeva a tutti i costi una visita, anche solo per pesare il bambino, in un momento difficile per tutti. È mancata un po’ di comunicazione nella prima fase dell’emergenza, ma ora tutti hanno realizzato la situazione”.
I Dpi ed i riscontri che mancano
Problema comune a tutti, anche i pediatri vivono con apprensione i dispositivi di protezione individuale che cominciano a scarseggiare: “Alcuni di noi si sono comprati le mascherine da soli – prosegue Martino -, c’è stata una vera e propria corsa ai Dpi. Abbiamo comprato anche la visiera, e guanti che indossiamo uno sull’altro per essere protetti. Il problema è che non abbiamo modo di difenderci. Non è certo una critica all’azienda ma abbiamo delle difficoltà oggettive a reperire il materiale, anzi ringrazio l’Usl che sta facendo veramente tutto il possibile per noi”.
La difficoltà è invece dopo, dopo aver allertato le autorità sanitarie sui possibili casi Covid-19: “Noi non sappiamo nulla di nostri pazienti dopo – aggiunge la pediatra -, ma fortunatamente si sta cominciando a sbloccare l’informativa di ritorno su tamponi. Fino a qualche giorno fa non abbiamo avuto delle notizie di rientro, anche per motivi di privacy, e a volte siamo riusciti a scoprire l’esito dei tamponi di alcuni pazienti via Facebook o attraverso le chat delle mamme. Io stessa ho saputo per puro caso che la paziente che avevo visitato era risultata positiva”.