Dalle indagini svolte dalla Procura sulla morte del caposquadra dei Vigili del fuoco volontari di Arnad Rinaldo Challancin, che ha perso la vita colpito da un albero lo scorso 3 ottobre, mentre la bassa Valle pativa i colpi di una violenta ondata di maltempo, non sono emerse responsabilità altrui. Il pm Francesco Pizzato, che ha coordinato gli accertamenti, ha così chiesto al Gip del Tribunale l’archiviazione del fascicolo aperto a carico di ignoti con l’ipotesi di omicidio colposo del 53enne.
Gli inquirenti hanno ricostruito passo dopo passo, quanto accaduto quella notte. Ad innescare l’intervento dei volontari fu un messaggio inviato dalla centrale operativa del Corpo alle 2.52 di quella notte, relativo ad un “allarme pianta sulla strada statale 26 tra Arnad e Bard”. A seguito della comunicazione, una squadra composta da cinque unità si reca sul posto. Due iniziano a montare la torre faro, mentre Challancin ed un altro si “recavano in prossimità delle piante cadute per capire meglio la situazione”.
Mentre erano intenti a cercare una posizione idonea per “provvedere al taglio del ramo con la motosega” uno dei due “sentiva una forte botta sul fondo della schiena che lo spingeva in avanti facendolo cadere tra il bordo strada e la carreggiata”. Mentre si rialzava, notava il collega caposquadra a terra, schiacciato in parte da un grosso ramo. I tentativi di rianimazione effettuati dal 118, anche con l’aiuto del defibrillatore, purtroppo risultavano vani, per Challancin non c’era più nulla da fare.
Le investigazioni hanno determinato che la morte del volontario è “ricollegabile alle condizioni eccezionali di meteo estremo che hanno interessato il comune di Bard nella notte tra il 2 e il 3 settembre 2020”. E’ stata appurata “una vera e propria tempesta di vento”, tanto che “i sopralluoghi eseguiti dalla polizia giudiziaria non hanno rilevato presenza alcuna di marciume dei tronchi” al suolo, che “sono stati ritrovati riversi unitamente all’intero apparato radicale”, evidenza del fatto che “gli alberi sono stati letteralmente strappati dal suolo dal vento fortissimo gravante sulla zona”, senza quindi che nulla possa essere imputato ai proprietari dei terreni.
Challancin, che in assenza di personale professionista sul luogo gestiva e coordinava l’intervento quale caposquadra, è andato anche oltre la richiesta dal comando di Aosta, cioè “effettuare un sopralluogo sul posto”, provvedendo invece “a rimuovere quanto presente sulla sede stradale”. La realtà di quella notte, come riscontrato dai Carabinieri che hanno sviluppato gli accertamenti, era che “le richieste di intervento di tal genere si susseguivano e vi era anche la necessità di effettuarlo celermente per meglio contenere i danni sulla strada”.
A ciò si aggiunge che “anche il più banale intervento di rimozione di frasche o arbusti dalla strada si rendeva complesso dall’eccezionalità degli agenti atmosferici” e “la totale oscurità del luogo non poteva far prevedere una caduta repentina e massiccia di alberi”, tanto che per liberare completamente la strada (e riaprirla al traffico) “si è dovuto lavorare dalla mattina del 3 ottobre sino alle 18 circa susseguenti”. Challancin aveva lasciato la moglie Anna e le figlie Marzia e Stephanie.