Bando borghi e castello di Introd, dalle indagini nessun reato

Per entrambi i casi, la Procura ha chiuso i fascicoli (aperti a modello 45), senza iscrivere indagati, né formulare addebiti. Le inchieste erano partite la scorsa primavera, in marzo e maggio.
Il castello di Introd
Cronaca

Sono state chiuse dalla Procura – senza l’iscrizione di indagati, né giungere a formulare ipotesi di reato – le inchieste aperte, nella scorsa primavera, sull’assegnazione (e successiva revoca) al comune di Fontainemore dei fondi per il rilancio dei borghi previsti dal Pnrr e sulla compravendita del castello di Introd. Entrambi i fascicoli, affidati al pm Luca Ceccanti, erano stati aperti a “modello 45” (per atti non costituenti notizia di reato), opzione cui l’ufficio inquirente accede per approfondire fatti. In nessuno dei due casi sono state ravvisate dagli inquirenti ipotesi di reato.

I 20 milioni a Fontainemore

L’indagine sull’attribuzione dei 20 milioni di euro del bando regionale per il finanziamento con fondi Pnrr del recupero dei borghi era stata aperta lo scorso 24 marzo. L’attività investigativa era stata delegata alla Guardia di finanza e riguardava le dinamiche che avevano condotto alla proposta ritenuta vincente e all’assegnazione del bando a Fontainemore. In particolare, l’attenzione degli inquirenti si era concentrata sulla verifica degli obblighi di astensione di alcuni amministratori pubblici, anche comunali, proprietari di immobili nel borgo da ristrutturare, il Boure de Gris.

Il comune di Bard, giunto terzo in graduatoria (al bando avevano partecipato anche La Magdeleine, Donnas e Arvier), si era inoltre rivolto al Tribunale amministrativo regionale, impugnando l’assegnazione. Il ricorso era stato rigettato nel mese di maggio. In aprile, la Giunta regionale aveva annullato in autotutela la delibera di assegnazione, individuando come nuova proposta vincitrice (e quindi assegnando la dotazione economica) ad Arvier.

Boure de Gris Fontainemore
Boure de Gris Fontainemore

La segnalazione della Regione sul Castello

Ad innescare, in maggio, gli accertamenti sulla compravendita del castello di Introd era stata invece una segnalazione della Regione Autonoma Valle d’Aosta. L’ente aveva scelto – di fronte ad uno scenario (successivamente non perfezionato) di cessione dell’immobile dagli attuali proprietari (i conti Caracciolo) ad un acquirente privato – di non procedere all’esercizio del diritto di prelazione sul bene, segnalando tuttavia alla Procura alcuni aspetti, ritenendoli fonte di dubbi, della Pec ricevuta per richiedere di pronunciarsi (entro il 10 maggio).

In particolare, una clausola stabiliva che l’atto tra le parti non avrebbe assunto efficacia qualora i compratori non avessero versato una tranche del pagamento al venditore prima della fine del mese di luglio (condizione ritenuta ancor più anomala dall’avvocatura regionale, in assenza di una “caparra” sull’acquisto). Altro aspetto segnalato alla Procura dalla Regione era relativo alla stipula del contratto di vendita tra la famiglia e il potenziale compratore a 4,8 milioni di euro, prezzo ritenuto congruo rispetto al bene (piazza Deffeyes aveva disposto una perizia), ma superiore a quanto potesse essere stabilito nel quadro di una trattativa di libero mercato.

Quella compravendita, tuttavia, non è andata in porto. Rispondendo ad un’interrogazione della Lega in Consiglio Valle, lo scorso 22 giugno, il presidente della Regione Erik Lavevaz aveva detto in aula: “Pochi giorni fa ho ricevuto una nota della famiglia Caracciolo che mi informava del fatto che la compravendita non è andata a buon fine ed il castello è ancora in vendita”. Dicendo di un incontro con la famiglia Caracciolo, il presidente ha aggiunto: “loro hanno detto che c’era una cordata di una decina di imprenditori che, tramite un intermediario, ha sottoscritto la compravendita e che ora sembrava tentennare, tirarsi indietro”.

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