Per studiare gli effetti del clima che cambia, domani, venerdì 11 e sabato 12 ottobre, Greenpeace Italia, insieme al Comitato Glaciologico Italiano (CGI) e al Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano, sarà sul Ghiacciaio del Lys, nel gruppo del Monte Rosa.
Al centro della spedizione, oltre agli impatti del cambiamento climatico, anche lo stato di salute delle sue acque di fusione.
“A causa della crisi climatica, dai primi dell’Ottocento a oggi il Ghiacciaio del Lys si è ridotto in lunghezza di quasi 2 km e la sua lingua valliva si è separata dai bacini glaciali superiori, creando tre-quattro corpi glaciali senza più collegamento. – spiega una nota – Sempre più detriti ricoprono la superficie del ghiacciaio, che ha visto una perdita di diverse decine di metri di spessore e la formazione di laghi effimeri nelle aree deglacializzate”.
Le attività in programma si inseriscono nell’ambito del progetto “Fino all’ultima goccia” promosso da Greenpeace Italia per spingere istituzioni e soggetti pubblici e privati ad agire per tutelare le risorse idriche italiane, sempre più a rischio.
“Il riscaldamento globale e gli impatti delle attività antropiche minacciano la sopravvivenza dei nostri giganti bianchi e mettono a rischio non solo gli equilibri ambientali, ma anche economici e sociali”, dichiara Simona Savini di Greenpeace Italia, che sarà presente alla spedizione. “Se non agiamo subito per limitare l’innalzamento delle temperature e non cambiamo un modello agricolo e produttivo insostenibile, perderemo non solo i ghiacciai, ma anche risorse idriche vitali per noi e per gli ecosistemi. Quello del Lys è uno dei ghiacciai più estesi dell’arco alpino, nonché sentinella importante della crisi climatica: per questo, abbiamo scelto di monitorarne lo stato di salute e insieme denunciare le cause che ne minacciano la sopravvivenza”.
Durante la spedizione verranno effettuati dei campionamenti sulle acque di fusione a valle del ghiacciaio per individuare la presenza di possibili residui di PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) e di fitofarmaci, a riprova di come l’inquinamento e l’agricoltura intensiva possano avere impatti persino in alta quota.