Nuova udienza oggi, mercoledì 29 ottobre, dopo quella dello scorso 26 marzo, della causa alla Corte dei Conti sulla contestazione di danno erariale (per quasi 4 milioni di euro) nei contributi a fondo perduto erogati nel 2018 dalla Regione all’Association Régionale des Eleveurs Valdôtains. Nel giudizio, in maggio, i giudici della sezione giurisdizionale avevano depositato una sentenza parziale, che definiva varie eccezioni difensive, oltre a disporre (anche attraverso una successiva ordinanza) l’acquisizione di “ulteriori elementi di valutazione”. Completata quella fase, oggi le parti sono tornate a discutere il merito della questione.
In particolare, il procuratore Quirino Lorelli è tornato a chiedere di condannare a risarcire il danno cagionato i tredici amministratori regionali che adottarono le due delibere in questione (componenti delle giunte presiedute, all’epoca, prima da Laurent Viérin e poi da Nicoletta Spelgatti) e i tre dirigenti che le curarono (assieme ad altri atti del ciclo amministrativo). Nella sua requisitoria, il Procuratore regionale ha spiegato di ritenere che, “probabilmente per una certa interpretazione pro domo sua dell’atto di citazione, vi sia confusione tra la domanda principale” avanzata ai chiamati in giudizio “e la legittimità della concessione dei contributi ai beneficiari finali”.
Per Lorelli, il punto è: “una Giunta regionale preleva quote di bilancio pubblico, a valere su fondi comunitari, nazionali e propri e le dà a un’associazione affinché le ridistribuisca ai suoi associati, senza alcuna procedura di selezione”. Però, “le risorse pubbliche, al di fuori dell’evidenza pubblica, non possono essere date al produttore di formaggio, all’allevatore, all’amico”, perché “se afferenti al bilancio pubblico, le risorse non possono essere erogate al di fuori dell’evidenza pubblica”.
Parole che hanno incontrato l’opposizione unanime dei numerosi legali degli amministratori e dei dirigenti a giudizio, che vi hanno visto una nuova prospettazione accusatoria, diversa da quella inizialmente contenuta nell’atto di citazione. Tutti i difensori che si sono succeduti nell’arringare hanno quindi dichiarato di non accettare il contradditorio rispetto alla formulazione inquirente “rivisitata”, invitando i giudici della Corte a non tenerne conto e ad attenersi alla contestazione iniziale, riguardante “l’erogazione delle somme in violazione di una serie di normative”.
C’è chi, come l’avvocato Piercarlo Carnelli, ha osservato che “si sposta l’oggetto della citazione”, o come il collega Alex Michieletto, si è detto “colpito da virata in corsa nella ricostruzione della vicenda”. Un altro difensore, il legale Federico Burlando, ha definito quello odierno del Procuratore “un colpo di teatro che almeno ha avuto il merito di ravvivare l’udienza”. Per parte sua, l’avvocato Massimo Balì ha confessato, udita la requisitoria odierna, di aver “avuto un attimo di panico, dovuto al fatto che probabilmente non ho capito bene il contenuto della domanda iniziale. Poi, sentiti i colleghi, mi sono convinto che non era un limite mio”. “La domanda di oggi va fuori dal perimetro di quella iniziale. Ci opponiamo in maniera molto ferma” sono state le parole dell’avvocato Roberto Serventi, mentre l’avvocata Simonetta Biondo ha esclamato “Le domande nuove ci hanno fatti saltare un po’ tutti sulla sedia”. Stili diversi, ma unanimi nel lasciar intravedere, tra le righe ma nemmeno troppo, una “rifinitura in corsa” della tesi d’accusa.
Alcuni degli avvocati che assistono gli amministratori hanno rilanciato poi il tema difensivo per cui, a fronte di profilo tecnico della materia elevato, l’organo politico, quindi la Giunta, non aveva potere d’intervento, se non l’affermazione del principio di un sostegno alla filiera dell’allevamento. Altri difensori hanno poi ribadito la richiesta di un rinvio o sospensione della causa, in attesa del pronunciamento delle Sezioni centrali d’appello della Corte dei conti sull’impugnazione della sentenza parziale di maggio (richiesta su cui la Procura si era opposta con una memoria, ribadendo oggi in aula la sua contrarietà).
La difesa dei tre dirigenti coinvolti (Cristoforo Cugnod e Fabrizio Savoye, per i pareri di legittimità sulle due delibere, Patrizia Mauro per il visto di regolarità sugli atti di impegno delle somme) è partita dal fatto che le erogazioni sono disciplinate “da una procedura, esplicata da una delibera del 2016, che nasce da una legge regionale”, per sostenere l’infondatezza della richiesta d’accusa. Dopo la replica del procuratore regionale (“non mi pare di aver fatto domande nuove, confermo la richiesta di condanna sulla base dell’atto di citazione”), l’udienza si è chiusa. La sentenza è attesa prossimamente.
