Un labile confine separa la realtà dall’immaginazione nel romanzo “La vergine delle Ossa. Cesare Lombroso indaga.” di Luca Masali. Lo scrittore torinese ha incontrato i lettori venerdì 11 novembre alle 21 nel salone polivalente dell’Auditorium di Pont-Saint-Martin. L’appuntamento, organizzato in collaborazione con la biblioteca comunale Villa Michetti ed introdotto dall’assessore alla cultura del comune di Pont-Saint-Martin Ornella Badéry e dall’assistente sociale Ornella Canesso, è il penultimo degli eventi in programma per il progetto “Cambiamenti”. Partita nell’aprile del 2011 e realizzata nell’ambito del Piano di Zona della Valle d’Aosta dal Gruppo Tecnico di Zona del sub-ambito 4 l’iniziativa punta ad avvicinare la comunità alla tematica del disagio mentale e alle problematiche dei malati e delle loro famiglie.
Il quarto romanzo di Masali, pubblicato nel luglio 2010, affronta il disagio mentale partendo da una storia vera. T.F. sottoufficiale del corpo dei carabinieri viene internato il 14 marzo del 1867 nell’ospedale psichiatrico di Collegno. Depresso perché impossibilitato dalle leggi militari del tempo a convolare a nozze con la donna che ama e dalla quale aspetta un figlio, durante il suo soggiorno si dedica alla realizzazione de “Il mondo nuovo”: una criptica scultura fatta di ossa di animali che costituisce una mappa da cui elaborare il suo percorso di follia. Compagno di stanza di T.F. è Emilio Salgari, il narratore delle avventure di Sandokan, ricoverato a seguito di un tentativo di suicidio (Salgari si è effettivamente suicidato in un bosco vicino a Torino).
Cesare Lombroso, famoso psichiatra del XIX secolo celebrato per il metodo scientifico con cui misurava il grado di propensione alla delinquenza partendo dalle dimensioni e dalla struttura del cranio, è il personaggio che accompagna i due pazienti del manicomio nel decorso della loro malattia.
“Si tratta di personaggi borderline, in un instabile equilibrio tra realtà e fantasia e molto complessi da descrivere e raccontare”, confessa lo scrittore. L’elemento comune tra i protagonisti è la componente di follia,diverso è il loro approccio al mondo dell’irrazionale. A completare l’intreccio narrativo c’è un serial killer che si accanisce sulle prostitute strappando loro il fegato quando sono ancora vive. Un personaggio che dietro la sua maschera di normalità cela una componente folle di gran lunga superiore a quella di tutti gli altri.
Sullo sfondo una realtà Ottocentesca dove l’assenza di tecniche diagnostiche che permettessero di individuare con precisione il tipo di patologie e le rispettive cure faceva sì che difficilmente si potesse uscire dalle strutture psichiatriche. La pazzia diventava, talvolta, più che una malattia congenita, un “ruolo sociale”: una volta additati dalla comunità come matti si era indotti a impersonare questo ruolo per tutta la vita. Ritroveremo questa storia a metà tra il thriller e il noir nelle sale cinematografiche, data l’intenzione di un regista italiano di tradurla su pellicola.