Anche in Valle d’Aosta – ambiente solitamente poco inquinato – la presenza di particelle inquinanti può causare un surriscaldamento dell’atmosfera che in alcuni casi è pari o superiore a 1° C. Valore considerevole, pari all’aumento di temperatura medio osservato dal periodo preindustriale a oggi.
A dimostrarlo uno studio condotto da Gabriele Fasano e Henri Diémoz della Sezione Aria e Atmosfera di Arpa Valle d’Aosta – in collaborazione con ricercatori di enti nazionali e internazionali delle Università di Torino, La Sapienza di Roma, Milano-Bicocca, l’Osservatorio Nazionale di Atene e l’Agenzia Meteorologica del Giappone – che per la prima volta quantifica il surriscaldamento atmosferico causato dalle particelle inquinanti nella nostra regione.
Un’interazione non trascurabile
Il lavoro, pubblicato sulla rivista Bulletin of Atmospheric Science and Technology – e disponibile a questo link nella sua interezza – dimostra come le particelle inquinanti (il particolato atmosferico, o aerosol), oltre a rappresentare una minaccia per la qualità dell’aria che respiriamo possano avere anche altri effetti come quelli di riflettere o assorbire parte della radiazione che arriva dal Sole, alterando la quantità di energia che raggiunge la superficie o che viene assorbita in atmosfera.
Un’interazione che dipende da specifiche proprietà del particolato, che ne esprimono il potere di assorbire o riflettere la radiazione solare, e dalla sua abbondanza in atmosfera, che rappresenta una componente tangibile dell’influenza umana sul clima terrestre.
Per questo – aggiunge l’Agenzia per la protezione dell’ambiente – diventa fondamentale condurre questo genere di studi in maniera ampia e sistematica, e specialmente nelle aree di montagna come le Alpi – vere e proprie “sentinelle” del cambiamento climatico –, data anche la complessità morfologica del territorio e la ricchezza di ecosistemi che sostengono.
Lo studio condotto da Arpa ha permesso di quantificare per la prima volta l’alterazione dei flussi energetici tra superficie e atmosfera in alcune situazioni attraverso avanzati strumenti di telerilevamento, oltre a complesse simulazioni modellistiche che permettono di ricostruire l’interazione tra l’aerosol e la radiazione solare.
Arpa è quindi riuscita a valutare questa interazione tra particolato e radiazione solare in un ambiente privilegiato e sensibile come quello alpino, dove questi studi sono assai poco frequenti. Il risultato finale certifica che anche in ambiente montano questa interazione può essere tutt’altro che trascurabile.