Domenico Avati assolto dall’accusa di corruzione elettorale
“Oggi il nostro cliente riacquista serenità”, dopo essere “rimasto impigliato in un’indagine” dal “risvolto personale pesante”, visto “che era stato sospeso” dal lavoro. Sono le prime parole degli avvocati Alessandra Fanizzi e Corinne Margueret dopo l’assoluzione di Domenico Avati, dipendente del Casinò 53enne, accusato di corruzione elettorale per presunti illeciti risalenti alla campagna elettorale delle regionali 2018.
Il Gup Davide Paladino ha letto la sentenza, scegliendo la formula “perché il fatto non sussiste” (piena, rispetto a quella dubitativa richiesta poche ore prima dal pm Luca Ceccanti), attorno alle 12.30 di oggi, lunedì 1 luglio. L’imputato, esternando un evidente volersi lasciare alle spalle il periodo complesso, è letteralmente corso via dal Palazzo di giustizia, lasciando ai due legali che lo hanno assistito nel procedimento il commento del verdetto.
“Siamo molto soddisfatte del lavoro svolto”, hanno dichiarato gli avvocati, sottolineando l’effettuazione di investigazioni difensive, cui sono seguite varie produzioni documentali. Tra queste, “delle audit svolte dal Casinò, che ha sentito trentaquattro dipendenti”. Dichiarazioni che “hanno escluso la fondatezza delle accuse”, legate a supposte pressioni sui colleghi, accompagnate da promesse di vantaggi rappresentati da future assunzioni o progressioni di carriera per ottenere voti.
“Da alcuni dei sentiti – hanno spiegato i legali – emerge quasi che Avati (candidato nella lista dell’Union Valdôtaine, ndr.) non abbia fatto campagna elettorale tout court”. Quanto agli avanzamenti vagheggiati, “dagli atti prodotti emerge che nel periodo delle contestazioni non era coinvolto nella gestione del personale”. La sospensione dell’imputato dal lavoro, decisa dal Casinò sul nascere della vicenda, era durata fino “all’esito dell’audit”, per un periodo di circa un mese.
L’indagine a carico di Avati era emersa alla fine del maggio 2018, quando i Carabinieri, otto giorni dopo il voto per il rinnovo del Consiglio regionale (che aveva visto l’imputato terzo escluso, con 815 preferenze personali), avevano perquisito i luoghi di lavoro e casa del 53enne. Le pressioni e l’esistenza di una serie di persone cui l’uomo si sarebbe rivolto derivavano da tre diverse intercettazioni telefoniche, svolte nell’ambito dell’inchiesta sulla corruzione in Valtournenche.
L’impianto accusatorio era corroborato, per gli inquirenti, da una lista di nomi in un’agenda consegnata spontaneamente dallo stesso indagato. Riscontri puntuali dalle sedici persone sentite nelle indagini, tuttavia, non ne erano giunti e il materiale probatorio appariva insufficiente per una sentenza di colpevolezza. La Procura lo ha però giudicato non irrilevante (evitando pertanto di chiedere l’archiviazione al termine delle indagini) e meritorio di approfondimento, magari in un dibattimento con rito ordinario, al quale è possibile convocare dei testimoni.
L’imputato ha quindi scelto il rito abbreviato, che “cristallizza” il fascicolo processuale (nel quale le intercettazioni non erano state ammesse, perché provenienti da altro procedimento) ed esclude deposizioni esterne. Si è così giunti all’udienza di oggi, con lo stesso pm Ceccanti a chiedere l’assoluzione dell’imputato. Richiesta accolta dal giudice dopo la camera di consiglio per decidere.