Femminicidio a La Salle, i genitori di Auriane: con Teima “una relazione tossica”

Nella terza udienza del processo per omicidio e occultamento di cadavere nei confronti di Sohaib Teima, sentiti come testimoni padre e madre della ragazza trovata senza vita il 5 aprile 2024 a La Salle.
Udienza Teima
Cronaca

“Ha fatto di tutto per cercare di interrompere la relazione…”. A parlare questa mattina, mercoledì 18 giugno, nell’aula del Tribunale di Aosta, è Agnes Masson, madre di Auriane Laisne, la 22enne francese trovata senza vita il 5 aprile 2024 nella cappella diroccata dell’Equilivaz, a La Salle. Il riferimento della donna è al legame sentimentale della figlia con Sohaib Teima, il 21enne originario di Fermo, a processo in Corte d’Assise per l’omicidio e l’occultamento del cadavere della ragazza.

Secondo la donna, quella di Auriane con il giovane “era una relazione tossica”, perché “lui la picchiava, la umiliava” e per la ragazza “sono stati due anni infernali”. Rispondendo alle domande del pm Manlio D’Ambrosi, la madre della vittima ha raccontato che lei “ha provato a lasciarlo molte volte”, cercando di rendersi irreperibile a lui, addirittura “in questi anni ha avuto cinque numeri di telefono diversi”.

Nel settembre 2023, ha ricordato la testimone, “ho ricevuto un messaggio ‘non dare questo numero a nessuno’”. Teima, però – nel racconto della donna – “contattava tutte le amiche” della figlia “per avere il nuovo numero. Una ha fatto l’imprudenza di darglielo e” Auriane “non ha più voluto parlarle”.

“Mancava di rispetto anche a me”

Quanto all’esperienza diretta della donna con il fidanzato della figlia, “lo avrò visto quattro volte, ma anche davanti a me si permetteva di mancarle di rispetto e mancava anche a me di rispetto. Una sera lo abbiamo invitato a cena, alle 19/20 di sera: è arrivato alle 23”. Agnes Masson ha poi raccontato che, a dicembre 2022, recatasi a Fermo a casa della madre di Teima, Auriane “era stata chiusa in casa, sequestrata”.

In quel soggiorno, la figlia “era andata al pronto soccorso, aveva il naso rotto, ma era stata accompagnata, per cui ha avuto paura di riferire che era stato lui e ha spiegato che era caduta sbattendo la faccia contro un termosifone. Teima era tornato da solo a Lione e ha lasciato mia figlia da sola rinchiusa a casa di sua madre per cinque giorni”.

Un secondo “sequestro” a Grenoble

Circostanze che la donna ha “saputo molto dopo, non aveva avuto il coraggio di dirmelo”. E c’è stato, secondo la donna, anche “un altro sequestro, a Grenoble, nel gennaio 2024, quando era chiusa nel campus universitario dove viveva lui”. Per liberarla, “è arrivata la polizia, dopo che lei ci aveva un messaggio chiedendo aiuto, con l’indirizzo. Ho chiamato la polizia, impaurita. Lo stesso aveva fatto il padre”.

Presente in aula, come dall’inizio del processo, maglietta bianca e jeans grigi, Sohaib Teima guarda la donna parlare e scambia, di tanto in tanto, qualche parola con i suoi legali. Subito dopo, testimonia il padre, Ludwig Laisne, che ha premesso di sapere “della relazione sentimentale tra mia figlia” e l’imputato, ma “dire quando sia finita non è semplice, perché si lasciavano e lui riusciva a convincerla a tornare con lui”.

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Il padre di Auriane Laisne.

“Lui la ricattava sentimentalmente”

Si sono “lasciati e ripresi almeno 5 volte” e ognuna “tornavano assieme perché c’era un ricatto sentimentale. Le diceva che il padre era morto, che i cugini erano morti in un terremoto. Ogni scusa era buona”. Inoltre, “a parte il ricatto morale, penso si impadronisse dei suoi account social”, perché “spesso ricevevo notifiche o screenshot da mia figlia relativi a questi utilizzi”.

In una circostanza, il genitore ha detto di aver discusso con l’imputato “e gli ho chiesto ‘perché la picchi?’”. Lui “non ha mai negato e ha detto che le donne devono obbedire ai mariti e se non lo capiscono bisogna farglielo capire in altri modi”. L’uomo ha però detto di non aver “mai assistito a violenze fisiche, ma violenza morale sì”. L’ultima volta che ha visto la figlia viva era il 19 marzo, quando “abbiamo passato la serata assieme”. Dopo, la ho contattata spesso, fino al momento “in cui i messaggi sembravano non arrivare più da lei, perché non era il suo modo di scrivere”.

I messaggi ricevuti dopo la morte

Anche la madre ha detto di aver ricevuto un messaggio il 1° aprile 2024 (secondo gli inquirenti, la ragazza è stata uccisa tra il 26 e il 27 marzo, ndr.), in cui “mi chiedeva: ‘cosa fai domani?’. L’ho trovato strano perché lei sapeva. Le ho risposto: ‘domani lavoro, era il giorno dopo pasquetta. L’ho invitata al ristorante vicino al lavoro e non ha risposto. Il 2 aprile le ho mandato un sms per sollecitarla e ho finito per andare al ristorante da sola, sperando che lei arrivasse. La sera mi è arrivato un messaggio, in cui c’era scritto che aveva evitato di uscire per tutta la giornata”.

Riferendo dell’episodio in cui la ragazza, nel gennaio 2024, sarebbe stata costretta da Teima nella sua stanza del campus, il padre ha sottolineato di aver saputo che, in quell’occasione, l’imputato “la ha minacciata con un coltello dicendole ‘dammi solo un motivo per non uccidere te e subito dopo la tua famiglia’”. In un’altra circostanza, “lui le ha anche preso la patente e la ha tenuta sei mesi”. Auriane, nel racconto dei genitori, parte civile nel processo con gli avvocati Jacques Fosson e Giulia Scalise, era “modella e ballerina, con lavori a Parigi, Lione e Vienna”.

Campioni di Dna di Teima su vari reperti

In aula, stamattina è stato ascoltato anche il genetista Paolo Garofalo, consulente della Procura che ha esaminato diversi reperti ritrovati sulla scena del crimine. Al di là di alcuni oggetti, che presentavano tracce di muffa e non sono stati oggetto di campionatura perché “compromessi dagli agenti esterni”, sono state trovate tracce di dna riconducibili a Teima, oltre a quello della vittima, sui pantaloni della tuta trovati fuori dalla cappella dell’Equilivaz.

Inoltre, dal campionamento di un tampone biologico effettuato in sede autoptica, è stato determinato che “la vittima ha avuto un rapporto sessuale con l’imputato, ma non si può stabilire quando”. Dall’esame di un panetto di cocaina sequestrato a Laisne all’aeroporto di Fiumicino, sono poi emerse (sulla parte più interna del nastro adesivo usato per il confezionamento) tracce di Dna di Teima.

Concluse le deposizioni dei testimoni dell’accusa, con l’imputato a non accettare di sottoporsi all’esame (effettuerà, probabilmente, delle dichiarazioni spontanee prima della conclusione dell’istruttoria), il processo è stato aggiornato al prossimo 23 luglio. Saranno sentiti tre testimoni della parte civile e altrettanti della difesa dell’imputato, assistito dagli avvocati Tommaso Calabrò e Lucia Lupi.

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Il genetista Paolo Garofalo.

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