Giornata della Memoria, i Testimoni di Geova ricordano la loro persecuzione

Noti al tempo come “Studenti Biblici”, vennero presi di mira dai nazisti per la loro fede cristiana. Nei lager ne finirono circa 4.200. Si stima che ne morirono 1.600, di cui 370 per esecuzione. Ad identificarli era un triangolo viola.
Testimoni di Geova
Cronaca

Con l’avvicinarsi della Giornata della memoria, in programma per domani, venerdì 27 gennaio, i Testimoni di Geova invitano a ricordare – nel commemorare come il brutale terrore nazista prese di mira milioni di donne e uomini, sulla base della loro razza, nazionalità o ideologia politica – che tra le vittime dell’olocausto ci furono anche migliaia di persone che condividevano il loro credo, perseguitate per la loro fede cristiana e spesso dimenticate in questa ricorrenza.

Allora noti come “Studenti Biblici”, i Testimoni di Geova – viene sottolineato in una nota – erano politicamente neutrali, si rifiutavano di fare il saluto “Heil Hitler”, di prendere parte ad azioni razziste e violente, o di arruolarsi nell’esercito tedesco. Tra le protagoniste del documentario di Giorgio Treves “La Croce e la Svastica”, Emma Bauer, sopravvissuta alla persecuzione nazista, ha detto: “Ricordare queste vittime è un dovere. I testimoni di Geova con una sola firma potevano essere liberati”, ma “la dignità vale più della vita”.

Il riferimento è al tentativo, da parte dei nazisti, di infrangere le convinzioni religiose dei Testimoni, offrendo loro a partire dal 1938 la possibilità di sottoscrivere una “Dichiarazione di abiura”, con cui si rinunciava alla propria fede, denunciando altri fratelli e sorelle e sottomettendosi al regime nazista, compreso l’impegno di difendere la “Patria” armi alla mano. Secondo gli studiosi, malgrado i funzionari delle prigioni e dei campi ricorressero a tortura e privazioni per indurre alla firma, “un numero estremamente basso di Testimoni” abiurò la propria fede.

Nella “policromia dell’orrore” con cui i nazisti identificavano i prigionieri dei lager, i Testimoni portavano sull’uniforme da internati il triangolo viola. Dei circa 35mila di loro presenti in Europa al tempo, più di un terzo subì una persecuzione diretta. Nei campi di concentramento finirono in circa 4.200. Si stima che ne morirono 1.600, di cui 370 per esecuzione. Al riguardo, i Testimoni di Geova ricordano che a Buchenwald fu internata anche Mafalda di Savoia, figlia del re Vittorio Emanuele III, arrestata a Roma il 23 settembre 1943.

Come ripercorso nel libro di Cristina Siccardi sulla vita della principessa, le SS le assegnarono un’aiutante, Maria Ruhnau, Testimone di Geova imprigionata a motivo della sua fede. Sapendo che era guidata da elevati principi morali, e che per questo diceva sempre la verità, i nazisti speravano di raccogliere così informazioni confidenziali sulla famiglia reale. Maria Ruhnau però si rivelò per Mafalda di Savoia ben più di una “badante”.

Fu la sarta che le adattò i vestiti recuperati nel campo e che le cedette le sue scarpe. La principessa sviluppò sincero affetto per la compagna di prigionia, tanto che prima di morire, il 28 agosto 1944, lasciò in dono all’amica l’orologio che aveva al polso. “In questo periodo critico della storia per i diritti umani – si legge in una nota della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova – la resistenza nonviolenta di gente comune di fronte al razzismo, al nazionalismo estremo e alla violenza merita una profonda riflessione in occasione del Giorno della Memoria”.

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