8 marzo 2013: gli uomini della Dia, Direzione investigativa antimafia, si sono presentati negli uffici amministrativi del Casinò di Saint Vincent (e contemporaneamente in quelli di Campione, Sanremo e Venezia). Il sospetto è che la malavita organizzata utilizzi i casinò come lavatrici, per ripulire i soldi derivanti dalle sue attività illecite. Il blitz è un successo, spulciando l’elenco dei clienti del casinò compaiono quattro nominativi che combaciano con la lista dei personaggi da tenere sotto controllo, tutte persone coinvolte nell’operazione Minotauro sulle infiltrazioni della criminalità organizzata in Piemonte e Valle d’Aosta. Due settimane dopo, tutto tace, gli inquirenti sono al lavoro, e ne avranno probabilmente per molto tempo.
Trent’anni fa, nel 1983, un analogo blitz nelle quattro case da gioco italiane, il famoso “blitz di San Martino”, ebbe conseguenze inimmaginabili, decapitò i vertici del casinò valdostano, coinvolse e sconvolse la classe politica locale, e portò all’arresto dell’allora presidente della Regione, Mario Andrione, dopo una fuga a Nizza. Nulla lascia anche solo presagire l’arrivo di un terremoto giudiziario di grande portata. Quello resta l’episodio più eclatante di una lunga serie di indagini che hanno coinvolto direttamente o indirettamente il casinò, come è inevitabile: l’attenzione delle forze dell’’ordine si concentra dove circola molto denaro e dove maggiore è il rischio di attività illegali.
In questi ultimi anni sono state introdotte delle norme tese a scoraggiare il riciclaggio, come l’identificazione e registrazione di chiunque cambi somme superiori ai duemila euro all’interno del casinò. Il decreto Salva Italia ha ulteriormente abbassato questo limite a mille euro. Dopotutto questo fenomeno pesa per oltre il 10% del Pil nazionale.
Secondo la Commissione parlamentare antimafia esistono tre modi per riciclare denaro nei casinò: il primo è l’acquisizione diretta della gestione del casinò, il secondo è la ripulitura mediante il gioco diretto e il terzo è l’attività dei cambisti, prestasoldi ad usura.
Escludendo la scalata alla gestione del casinò, in Valle sono state evidenziate negli anni attività riconducibili agli altri due sistemi. Nonostante le nuove norme riciclare denaro nelle case da gioco non è impossibile. Nel febbraio del 2011 due persone sono state accusate di avere riciclato 500mila euro al casinò di Saint Vincent. Il sistema è semplice: basta farsi cambiare in fiche gli assegni, vagare tra i tavoli senza giocare o quasi, farsi cambiare nuovamente le fiche in contanti e lasciare il casinò.
Ma la più grande operazione giudiziaria degli ultimi anni è stata quella condotta dalla Dia di Palermo che ha portato all’arresto, nel settembre 2006, di tredici persone, accusate di aver riciclato ben 5 milioni provenienti essenzialmente da estorsioni, usura, e traffico di droga. Un’ondata di assoluzioni ha chiuso la questione. Quanto al il casinò, è stato dichiarato del tutto estraneo ai fatti. Desta apprensione comunque la frequentazione del casinò, nei primi anni 2000, da parte di esponenti del clan dei Villabate, come i due guardaspalle di Bernardo Provenzano alias Zu’ Binnu, Nicola Mandalà e Ignazio “Ezio” Fontana, trattati, ha raccontato il pentito Francesco Campanella, come clienti di riguardo, con speciali benefit.
Per quanto riguarda i cambisti, appena lo scorso dicembre la Guardia di Finanza di Torino ha sgominato una banda di usurai che ha fatto 41 vittime. Gli accusati circolavano nei pressi del Casinò, pronti a consegnare contanti in cambio di assegni con una maggiorazione del 20%. Se vincevano, i clienti restituivano i soldi e riprendevano l’assegno, altrimenti dovevano rifondere il debito, con tassi di interesse che lievitavano con il tempo.
Tutto avveniva scopertamente: l’attività di prestasoldi di per sé è legale, secondo una sentenza della Cassazione del 2010 è una prestazione di servizio erogata dietro un corrispettivo, a patto che la “commissione” non sia eccessiva, come invece avveniva regolarmente. A seguito dell’operazione, sono state arrestate 6 persone e sequestrati beni per 3 milioni di euro.
E’ andata peggio, negli anni ’90, ai due cambisti del Casinò Franco Formica e Michele Mariano, assassinati da ignoti in circostanze mai chiarite.