Sintomi Covid-19 taciuti ai sanitari, un testimone: “quel paziente è stato con noi due ore”

Un operatore sanitario del “Parini” racconta quel giorno della scorsa settimana, quando dei colpi di tosse hanno insospettito sulle condizioni dell'uomo che doveva affrontare una rinoplastica.
L'ospedale regionale Umberto Parini
Cronaca

“Tutti siamo venuti a contatto con lui”. A parlare è un operatore sanitario del “Parini”, in servizio nel blocco operatorio il giorno dell’intervento fermato in extremis per l’emergere di sintomi non riferiti dal paziente, che hanno insospettito l’équipe su un possibile caso di Coronavirus, poi accertato effettuando il tampone. Sull’episodio, la Procura ha aperto un fascicolo per epidemia colposa aggravata. La fonte, data la delicatezza della situazione, chiede ovviamente di restare anonima, ma ripercorre nel dettaglio una sequenza tra l’incredibile e l’inquietante.

Cominciamo dall’inizio…
“Era la settimana scorsa. Dal reparto arriva il paziente che doveva essere sottoposto a una rinoplastica. Viene avviata la fase pre-intervento, che avviene in un locale diverso dalla sala operatoria vera e propria. Lì si lavora in diversi, perché ci sono sei postazioni e ognuno può seguire più persone”.

A quel punto, chi arriva là, è ancora cosciente?
“Esatto. Quell’uomo parlava, appariva tranquillo, non dava segni che lasciassero presagire le sue condizioni. Sono state compiute le operazioni preparatorie, ma siccome l’intervento prima del suo si è protratto, è rimasto lì per un paio d’ore. In quell’arco di tempo, tutti gli siamo stati vicini, per i vari aspetti del pre-intervento (che includono, tra l’altro, preparare l’accesso venoso per l’anestesia, ndr.)”.

Dopodiché?
“E’ arrivato il suo turno ed è stato portato verso la camera operatoria. Là, l’équipe è composta da un anestesista, due infermieri e due chirurghi. Non sono gli stessi del primo ambiente, ma dal racconto dei colleghi, in quel momento ha iniziato a tossire ripetutamente. Gli è stato chiesto da quanto avesse quella tosse ed ha risposto ‘da più giorni’. La circostanza ha insospettito. Non è stato anestetizzato, la rinoplastica è stata sospesa e lui riportato nella prima sala. Alla misurazione, la sua temperatura era appena inferiore ai 38 gradi”.

Difficile ritenere che una persona non si senta addosso una febbre del genere…
“Sì e poi c’erano la tosse e il bruciore agli occhi. Pensare che l’unico motivo di quel silenzio sia stato nella volontà di non perdere la priorità acquisita per l’operazione è brutto”.

Il resto è storia nota, perché divenuta anche d’interesse giudiziario: viene sottoposto a tampone Covid-19 e risulta positivo…
“E’ emerso che avesse lavorato come cameriere in un locale di Gressoney, frequentato in quel periodo da numerosi turisti lombardi, regione dove si sono accesi i primi focolai del contagio”.

L’esame è stato fatto anche a voi, che siete venuti a contatto negli attimi che ha raccontato?
“No. Sinora non abbiamo avuto sintomi e solo dopo varie insistenze con l’azienda, a distanza di giorni, ci è stato chiesto di vigilare sulla nostra temperatura corporea, per segnalare l’eventuale insorgere della febbre. Nel frattempo, abbiamo continuato a lavorare”.

Si può solo immaginare con quale stato d’animo…
“Ognuno di noi a casa ha persone care, bambini, anziani, persone trapiantate. Come posso prendermi cura in sicurezza di pazienti, di chi ha bisogno, se non sono in condizione di essere al sicuro, se non è al sicuro chi vive con me?”.

Domanda più che legittima. Peraltro, si fa un gran parlare, in questi giorni, delle protezioni per gli operatori sanitari…
“In ambiente operatorio abbiamo ovviamente guanti, mascherine e occhiali per la sterilità, ma i casi di Coronavirus seguono un altro protocollo di protezione, più restrittivo e con preparazione diversa. Non è che un infetto da Covid-19, in caso di emergenza, non venga operato, ma il percorso è tutt’altro e, quel giorno, il paziente è stato trattato come un non sospetto caso di virus”.

Come sta vivendo questi giorni in prima linea in una battaglia senza precedenti?
“Ci sono delle amarezze, come queste, c’è la stanchezza, ma c’è anche del bello. La voglia di non mollare, di combattere, di inventarsi soluzioni nuove cammin facendo, perché il nemico è del tutto inedito, anche per noi che facciamo questo mestiere. In una parola, di andare avanti”.

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